Brescia UN LIBRO DI ANNA TERESA CELESTE
E ADÈS
“E adès” non chiama tanto il presente del tempo fuggente, bensì il farsi presente della coscienza a se stessa come memoria che custodisce e diviene. (Alberto Bonera)
Riaffiora qui la considerazione agostiniana del tempo quale extensio animae, grembo stesso in cui l’anima si mantiene una nel suo dispiegarsi continuo tra passato, presente e futuro. Ogni rimembranza, sia di momenti trascorsi che di oggetti e di luoghi, offre così occasione alla poetessa di incontrare quell’ineludibile presenza senza forma né sostanza che sola ci sottrae all’implacabile scemare dell’ora presente, “na sorta de rampì de ne tè leàcc da tèra”: A questo fondo che è memoria, attinge l’intuizione poetica per inoltrarsi nel cuore di ogni cosa a coglierne l’intimo respiro e quell’impalpabile ritmo del tempo, che al fondo restituisce ogni forma, ogni ombra, ogni eco, gravidi di arcane risonanze e di accordi inattesi. Da qui prende forza nella poesia di Anna celeste sia l’assai efficace ordinatura dei versi che la squisita raffinatezza dello stile, peculiarissimo nell’assoggettare all’esigenza della cadenza musicale l’ampia materia sonora del lessico dialettale: ne viene un equilibrio sinfonico in cui si coniugano naturalmente invenzione e pulizia formale, sensibilità e lucidità concettuale.”
Anna Teresa Celeste è nata e vive a Brescia. Dopo alcuni anni dedicati alla pittura è approdata alla poesia dialettale ottenendo in questo campo lusinghieri riconoscimenti. Ha pubblicato nel 1996 il suo primo libro di poesie dialettali “TÀTER” (presentato alla Fondazione Civiltà Bresciana) e nel 2000 “RICIÀM” (presentato al Circolo Culturale Sardo di Brescia), ora ci regala quest’ultima raccolta “E ADÈS” uscito nel Dicembre 2004 a cura della Fondazione Civiltà Bresciana.
SÒGN DE ZOENTÜ
Tramès a ‘na füdrina de séda
ligàda sö bé con de ‘n nastrì
polegiàa da ‘n pès nel casitù
‘na braca de sògn de zoentü.
Nel vardài i m’è ulàcc en mà
e i sa puciàa per éser i prim
a presentàs amò bèi fiurìcc
sènsa gris né ombra de veciàm.
Lètere cartulìne bigliècc
pié gèp de calùr e sentimènt
risbaldìcc da só gna mé qual vènt
i ma tirulàa endré nel tèmp.
E töt en ribóer de paròle
tempràde nel crozöl de l’amùr
de bòt le dàa fiàt vita vigùr
a ‘n dopodisnàt móch e ghebùs.
La sera ai védré la me ciamàa
de sarà le ante la segnàa.
Ben cumudàcc ne la so füdrìna
ninàt gó i me sògn fin a matìna.
Sogni di gioventù
Dentro una foderina di seta
ben legata con un nastro
sonnecchiavano da tanto nel cassettone
una manciata di sogni di gioventù.
Nel guardarli mi sono volati nelle mani
e si spingevano per essere primi
a presentarsi ancora fioriti
senza grigi né ombre d’antico.
Lettere cartoline biglietti
ricolmi di calore e sentimento
risvegliati da non so qual vento
mi trascinavano indietro nel tempo.
E tutto un ribollire di parole
temprate nel crogiolo dell’amore
d’improvviso davano fiato vita vigore
ad un pomeriggio triste e nebbioso.
La sera ai vetri mi chiamava
di chiudere le ante esortava.
Ben avvolti nella foderina
ninnato ho i miei sogni fino a mattina.
Di: Velise Bonfante
Tags: dialetto bresciano, vernacolo
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