TROTA REGINA DEL GARDA
Chi è nato sul Garda ha condiviso l’emozione della pesca alla trota nei racconti di vecchi pescatori che fino agli anni sessanta sfamavano la famiglia con la dura vita sul lago.
Con la luna di gennaio in ogni paese si fabbricavano tirlindane, pesche e peschetti , si ponevano nei vivai piccoli cavedani, vaironi, alborelle che servivano da esche e si sentiva l’ansia per la nuova stagione per la pesca alla trota. Le notti di luna piena erano le più propizie ed il freddo della notte gelava le ossa e si formava il ghiaccio sulla catenella di rame tenuta in mano dal capobarca mentre il compagno faticava sui remi. L’improvviso spirare del Suer sollevava onde marine e le mogli a casa si vestivano in fretta e furia e correvano al lago ansiose per la sorte dei propri uomini sul lago in tempesta ; nonostante ciò pochissimi rinunciavano alla speranza del guadagno che la pesca alla trota nelle notti lunari assicurava. La tirlindana o pesca si componeva di un lungo filo di lino o di cotone da 20 fino a 100 metri con piombi graduati per l’affondamento da cui si staccano 3 –4 fino a 8-10 ramificazioni di bava ( seta). All’estremo di ogni ramo è assicurata l’esca, pesce vivo, morto o finto. Al filo di lino fu sostituito in epoca più recente una catenella di ottone cotto o rame, pesca “de fer o de utù “, oggi si usa il nylon. Ogni barchetto non catturava meno di quattro o cinque trote che per la qualità eccezionale delle carni trovavano immediato smercio presso le case dei signori o dei più noti ristoranti.
Virgilio, notissimo pescatore di Sirmione, impiegò tre ore per stancare una trota lacustre di 17 chilogrammi e riuscire a guadinarla ed il suo racconto mi ha fatto vivere le sue stesse emozioni. Esemplari di oltre dieci chilogrammi non erano eccezionali ed il quantitativo medio di catture nel Garda era di 200 quintali annui. Il nostro lago può ancora oggi far vivere eccezionali esperienze di pesca da far invidia a pescatori dell’Alaska a condizione che studiamo e comprendiamo i cicli biologici delle specie ittiche presenti trovando rimedi alle interruzioni causate dall’uomo.
La trota si riproduceva da Dicembre a Gennaio per il 90 % nel Sarca e per il 10 % nel Mincio e nel Toscolano, oggi nel Garda non può più riprodursi poiché le centrali idroelettriche costruite agli inizi del secolo regolano il livello dei fiumi in modo incompatibile con la schiusa delle uova. L’unica alternativa possibile è quindi seminare avanotti in quantità simile ai secoli scorsi. La media di semine di avanotti di trota agli inizi del Novecento era di 2 milioni ogni anno nonostante esistesse allora la riproduzione naturale. Dobbiamo porci l’obiettivo di introdurre almeno 1 milione di trote nel Garda per il prossimo anno coinvolgendo nello sforzo economico che si aggira sul centinaio di milioni di lire le tre province e i comuni rivieraschi. Far rivivere la leggenda della regina del Garda farà gioire gli appassionati di pesca ma contribuirà anche all’immagine turistica ed ambientale del nostro lago.
Di: Giorgio Fezzardi
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