IN TEMA DI RIASSETTO DEGLI ENTI LOCALI: LA SOPPRESSIONE O LA PERMANENZA DELLE PROVINCE

| 2 novembre 2009
Esterino Caleffi

Si discute da tanto e maggiormente in questi ultimi tempi sulla soppressione o meno delle province. La decisione in senso favorevole alla loro cancellazione verrebbe presa, almeno così si motiva, per conseguire una riduzione della spesa per il funzionamento della pubblica amministrazione locale e quindi, come si è già avuto modo di dire su altri argomenti relativi alla gestione degli enti locali, l’unico elemento preso in considerazione in materia è quello finanziario senza curarsene di altri, in special modo di carattere istituzionale. Non è che si intenda negare o neppure sottovalutare tale importante aspetto, a fronte di un debito pubblico di notevole dimensione ed alla cui diminuzione sono chiamati a contribuire anche gli enti locali, nell’ambito dei “principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario” di cui all’articolo 119 della Costituzione; purtuttavia l’elemento finanziario non può continuare ad essere il solo da porre a base degli interventi per mutare il numero degli enti locali e più in generale per tutto ciò che attiene agli organi di governo ed organismi di controllo dei medesimi. Ammesso e non concesso poi che la soppressione delle province sia l’unica via idonea per conseguire la tanto auspicata riduzione degli oneri finanziari nel settore locale, poiché, come si dirà più avanti, può esservi altro modo per ottenere una consistente contrazione della spesa attualmente sostenuta per il funzionamento delle amministrazioni provinciali.
Né interessa, in questa sede, richiamare l’argomentazione secondo la quale la permanenza sarebbe da attribuire alla previsione delle province nella Carta costituzionale; poiché, se fosse solamente per questo, si potrebbe procedere alla loro soppressione con una legge costituzionale, da approvare con la procedura di cui all’articolo 138 della Costituzione.
Non appare invece giustificato, a chi scrive, il dire: le province si devono sopprimere in quanto sono pressoché prive di funzioni e compiti e, dunque, da tale operazione consegue un notevole risparmio senza reale contrazione di pubblici servizi, mentre le scarse funzioni ed i pochi compiti dei quali sono attualmente assegnatarie possono essere trasferiti ai comuni. Si tratta di un discorso di facile comprensione e di indubbia suggestione ed infatti il tema, se posto in questi termini, non può non incontrare l’immediato consenso di molti. Ma, la totale soppressione delle province fondata su di un simile argomentare non risulta supportata da alcuna seria analisi delle funzioni e dei compiti che, già allo stato attuale della legislazione, sono ad esse affidati e, pertanto, se non si procede quantomeno alla loro conoscenza (non si dimentichi l’insegnamento di Luigi Einaudi: “conoscere per deliberare”, molto attuale ed utile pure ai giorni nostri) il discorso sopra riportato risulta privo del benché minimo supporto giuridico – istituzionale. Ed allora è necessario dare almeno una scorsa alle funzioni ed ai compiti attribuiti alle province indicati principalmente nel vigente testo unico per l’ordinamento degli enti locali.
Articolo 19: Funzioni:
“ 1. Spettano alla provincia le funzioni amministrative di interesse provinciale che riguardino vaste zone intercomunali o l’intero territorio provinciale nei seguenti settori:
a) difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell’ambiente e prevenzione delle calamità;
b) tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche;
c) valorizzazione dei beni culturali;
d) viabilità e trasporti;
e) protezione della flora e della fauna, parchi e riserve naturali;
f) caccia e pesca nelle acque interne;
g) organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, rilevamento, disciplina e controllo degli scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche e sonore;
h) servizi sanitari, di igiene e profilassi pubblica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale;
i) compiti connessi alla istruzione secondaria di secondo grado ed artistica ed alla formazione professionale, compresa l’edilizia scolastica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale;
l) raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali.
2. La provincia, in collaborazione con i comuni e sulla base di programmi da essa proposti, promuove e coordina attività nonché realizza opere di rilevante interesse provinciale sia nel settore economico, produttivo, commerciale e turistico, sia in quello sociale, culturale e sportivo.”
Articolo 20: Compiti di programmazione
La provincia:
“a – raccoglie e coordina le proposte avanzate dai comuni, ai fini della programmazione economica,
territoriale ed ambientale della regione;
b – concorre alla determinazione del programma regionale di sviluppo, degli altri programmi e piani
regionali secondo norme dettate dalla legge regionale;
c – formula e adotta , con riferimento alle previsioni e agli obiettivi del programma regionale di
sviluppo, propri programmi pluriennali sia di carattere generale che settoriale e promuove il
coordinamento dell’attività programmatoria dei comuni.
La provincia, inoltre, ferme restando le competenze dei comuni ed in attuazione della legislazione e dei programmi regionali, predispone ed adotta il piano territoriale di coordinamento che determina gli indirizzi generali di assetto del territorio.”
Infine, l’ufficio tecnico provinciale può prestare opera ausiliaria a favore dei piccoli comuni che ritengano di avvalersene.
Il decreto legislativo n. 112/1998 aveva provveduto a trasferire alle province le funzioni amministrative relative alle seguenti materie:
– industria: produzione di mangimi semplici, composti, completi o complementari;
– energia: controllo sul risparmio energetico e l’uso razionale dell’energia, programmi di promozione delle fonti rinnovabili di energia , autorizzazione alla installazione ed all’esercizio degli impianti di produzione di energia e controllo del rendimento energetico;
– autoscuole: autorizzazione e vigilanza sulla attività delle autoscuole e delle scuole nautiche, esami di idoneità degli insegnanti di autoscuola;
– revisione di automezzi: autorizzazioni alle imprese di revisione e riparazione di autoveicoli;
– autotrasporto: autorizzazioni per autotrasporto di merce propria; controllo delle “tariffe a forcella” per autotrasporto; esami per autotrasporto di merci e persone; tenuta degli albi provinciali degli autotrasportatori;
– viabilità e strade: progettazione, costruzione e manutenzione della rete stradale(ad eccezione delle strade nazionali e delle autostrade, che restano di competenza statale). Da sottolineare al riguardo che molta parte della precedente rete stradale statale è stata trasferita nelle competenze delle province;
– protezione civile: predisposizione dei piani provinciali di emergenza ; attuazione dei piani regionali di prevenzione dei rischi; vigilanza sulle strutture;
– catasto edilizio urbano e catasto terreni: tenuta degli atti per i comuni con popolazione inferiore ai 20.000 abitanti;
– formazione professionale;
– polizia amministrativa: autorizzazioni allo svolgimento di gare locali dei veicoli in ambito sovracomunale o provinciale; riconoscimento delle nomine ad agenti giurati delle guardie che esercitano la sorveglianza sulle attività venatorie e sulla pesca.
Dal contenuto dell’ampio spartito legislativo riportato si dovrebbe ricavare che, almeno, i piani territoriali urbanistici, i piani per lo smaltimento dei rifiuti, l’ambiente, il demanio stradale provinciale, il patrimonio immobiliare riguardante gli istituti di istruzione secondaria di secondo grado, per dire dei più rilevanti, e tutta la programmazione non possono non essere dimensionati su di un ente che abbia una ampiezza territoriale ben più vasta dei singoli comuni. Va pure considerato che ogni qual volta si intende dare una dimensione sovra comunale allo svolgimento di un servizio insorgono serie difficoltà: le stesse unioni di comuni, che hanno lo scopo di gestire servizi tra più enti locali per conseguire economie, non sempre sono risultate a tal proposito veramente efficaci, tant’è che alcune sono sorte, hanno avuto vita stentata e si sono successivamente sciolte, non fosse altro che per lo spirito campanilistico che continua ad albergare in amministratori locali.
Anche i comprensori, che erano estesi su parti più o meno vaste del territorio della provincia, istituiti in alcune Regioni, molti anni addietro, sono pressoché scomparsi qualche anno dopo (esempio in Lombardia). Ciò sta a significare che enti sovra comunali che hanno operato ed operano all’interno del territorio provinciale hanno avuto scarso successo, a differenza della provincia alla quale si deve riconoscere un radicamento storico, funzionale allo svolgimento di alcuni servizi e a compiti di programmazione.
Una analisi anche sommaria delle funzioni e dei compiti principali già sopraindicati ben difficilmente potrà contraddire la tesi secondo la quale per il loro svolgimento ci si dovrà riferire ad un territorio che travalichi la miriade dei singoli comuni che di norma compongono una provincia. Infatti, non appare possibile dubitare di ciò per il piano territoriale di coordinamento urbanistico, che determina gli indirizzi generali di assetto del territorio; un eguale discorso vale per il piano di organizzazione e per lo smaltimento dei rifiuti, nonché per i piani a difesa dell’ambiente. Si tratta di strumenti di pianificazione che non potrebbero essere formati dalla sommatoria previsionale dei singoli comuni.-
Ed a questo proposito, la Regione Lombardia, con leggi regionali del 29 giugno 2009, ha affidato alle province il perseguimento di obiettivi di rilievo nell’ambito dei citati piani.- In particolare, con la legge regionale n.9/2009, ha stabilito che, all’interno del piano territoriale di coordinamento, le province “definiscono disposizioni in materia di grandi strutture di vendita tenuto conto degli obiettivi indicati nel programma pluriennale regionale”; mentre con la legge regionale n. 10/2009 ha affidato alle province il perseguimento di precisi obiettivi in ordine alla raccolta differenziata dei rifiuti, nel senso che non dovrà risultare inferiore alle percentuali stabilite dalla citata legge regionale ed entro il 2010 compiti in materia di riciclaggio e recupero complessivo, tra materia ed energia , recupero dei residui prodotti dall’incenerimento o dall’utilizzo dei rifiuti come mezzo di produzione di energia e riduzione delle quantità di rifiuti urbani, calcolate sul pro capite, avviate a smaltimento in discarica, il tutto nelle percentuali indicate dalla legge regionale.- Come si può ben comprendere le Regioni stanno affidando molte nuove funzioni alle province, in aggiunta a quelle già attribuite dal testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.
Per altre importanti materie, che sono meno caratterizzate dall’aspetto programmatorio, è possibile dare ragione di come sia altrettanto necessario attribuire loro un respiro territoriale assai più ampio della dimensione comunale.
Si prenda in considerazione il demanio stradale. Non si può pensare di costruire nuove strade provinciali per collegare più comuni – tale è la normale caratteristica di queste arterie – che non siano realizzate da un solo ente di ampiezza territoriale sovra comunale. La stessa cosa deve dirsi per la manutenzione; ancora di più oggi essendo state molte ex strade statali trasferite al demanio delle province. Si tenga presente che molte di esse, anche per tratti di modesta lunghezza, ricadono nei territori di diversi comuni di ridotta dimensione territoriale, cosicché non è difficile ipotizzare la quasi pratica impossibilità di accordi per la loro uniforme manutenzione ed ancora meno per la costruzione di arterie stradali alternative. Di ciò se ne ha una prova inconfutabile dalle difficoltà insorte per pervenire, sia pure allo stato attuale della legislazione, alla sola progettazione di alcune tangenziali, ritenute non procrastinabili, per l’attraversamento di centri abitati appartenenti a più comuni.
Lo stesso discorso può valere per la costruzione degli edifici per l’istruzione secondaria di secondo grado ed artistica, che interessano bacini d’utenza ricomprendenti i territori di molti comuni.
Non si dovrebbe, dunque, parlare di soppressione delle province nella loro totalità, ma riflettere sull’intero assetto costituzionale degli enti diversi dallo Stato.- Malauguratamente, si è andati sino ad ora in direzione opposta, nel senso che si è continuato ad istituire nuove province, il più delle volte non tanto per una acclarata necessità, quanto per accogliere istanze localistiche non supportate da reali esigenze amministrative: alcune,infatti, hanno scarsa popolazione e territorio molto ridotto.
In sostanza, la riforma vera e necessaria non consiste nella totale soppressione delle province, bensì, come ha di recente dichiarato il sottosegretario all’Interno Michele Davico, nella “individuazione di parametri che possano portare a una configurazione ottimale delle circoscrizioni provinciali”.
Altro tema da affrontare con impegno sta nel trasferimento di funzioni gestionali dalle Regioni alle Province, in particolare di tutte quelle meglio rispondenti ad una dimensione provinciale , per far sì che le Regioni abbiano sempre più ad occuparsi della sola legislazione regionale, senza commistioni di natura gestionale che, di certo, non giovano alla limpidezza legislativa, poiché chi fa le leggi non dovrebbe occuparsi di gestione, ma semmai di controllo sull’applicazione delle norme poste, anche per evitare, come attualmente molto spesso avviene, che la normativa regionale sia male applicata, se non addirittura priva di un effettivo seguito.
Qualora si dovesse andare nella sopraindicata direzione, mediante la determinazione di parametri in grado di ridisegnare in maniera ottimale le province sotto il doppio profilo anagrafico e territoriale, nonché alla loro soppressione laddove saranno istituite le città metropolitane, previste per le grandi aree urbane, onde evitare, come scrive l’Associazione nazionale dei comuni italiani, “una pericolosa e confusa sovrapposizione fra enti” (vedasi Il Sole24Ore del 3 marzo 2009), verrebbero meglio soddisfatti i compiti di programmazione e le funzioni amministrative attribuite, tra l’altro ulteriormente ampliate, se si dovesse procedere al salutare ed auspicato trasferimento dalle Regioni, fatta eccezione per le sole funzioni gestionali che richiedano di essere soddisfatte nell’ambito del territorio regionale e si conseguirebbe, pure, quel tanto e giustamente auspicato risparmio che in tempi di forte crisi economica e di debito pubblico molto elevato non può non tenersi in seria considerazione.
Non si può, però, a quest’ultimo proposito mancare di rilevare che un eguale contributo per il raggiungimento di tale finalità dovrebbe essere dato dalle Regioni attraverso la riduzione del numero dei consiglieri regionali. Riduzione, per altro, già operata a più riprese, con leggi statali, nei confronti del numero dei consiglieri comunali e provinciali, nonché dei componenti le giunte comunali e provinciali ed, anzi, per questi ultimi viene proposta, in sede di revisione del nuovo testo unico degli enti locali, una ulteriore diminuzione. Anche per questo, vale a dire: operare in modo equanime nei confronti di tutti gli enti territoriali che, ai sensi dell’articolo 114 della Costituzione, formano la Repubblica (Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato), appare ancor più necessario ribadire che tutti gli enti debbono partecipare, in particolar modo per quanto attiene al numero dei rappresentanti elettivi, alla contrazione della spesa pubblica, Stato compreso, appunto, con la determinazione – tra le altre misure – di un numero di parlamentari inferiore a quello attuale, problema del quale si parla oramai da troppo tempo, ma che non è stato a tutt’oggi risolto.-

Di: Esterino Caleffi

Tags: ,

Commenti

Salvato in: Politica, Società
×