Bergamo – ALDO ROSSI – “LA FINESTRA DEL POETA”

Opera grafica – Incisioni, Litografie, Serigrafie
“Non credo di esagerare dicendo che gli anni Ottanta furono segnati – in Italia – da Aldo Rossi e Manfredo Tafuri e che qualsiasi commento che si faccia attorno all’architettura italiana di quegli anni vada riferito ad essi.” (Rafael Moneo, “L’altra modernità. Considerazioni sul futuro dell’architettura”, pag. 113). Concepito come progetto espositivo itinerante, dopo Maastricht nel 2015 e Losanna nei primi mesi dell’anno in corso, è ora possibile approfondire in modo dettagliato il “mondo” di Aldo Rossi alla GAMeC Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea dove sono esposte 100 opere diverse, tra stampe, litografie, serigrafie e incisioni provenienti, dalla Fondazione Aldo Rossi, da collezioni private e dal museo d’arte Bonnefantenmuseum di Maastricht, nei Paesi Bassi, in concomitanza del ventennale dell’apertura dell’edificio principale di quel complesso, progettato proprio dall’architetto milanese. Una mostra, questa, curata da Tom Quik, che raccoglie in modo pressocchè completo l’opera grafica Aldo Rossi (Milano, 1931-1997), uno dei più grandi architetti italiani del ventesimo secolo, celebre a livello internazionale, primo italiano a vincere nel 1990 il Premio Pritzker, seguito otto anni dopo da un altro “maestro”: Renzo Piano. Attraverso un percorso che segue un ordine cronologico e tematico, dal 1973 alla sua scomparsa, si può capire il suo modo di lavorare e come egli concepiva spazio e struttura. Iniziamo dalle acqueforti in bianco e nero in cui si fondono studi analitici – come ne “Il grande cimitero di Modena”, “Le due città” o nelle diverse “Composizioni urbane” – ed oggetti d’affezione, come ad esempio ne “L’architettura domestica”, dove tra le architetture compaiono i primi studi delle caffettiere che Rossi disegnerà per Alessi negli anni seguenti. Seguono le stampe degli anni Ottanta, studi architettonici, come “The Lighthouse”(Casa di luce), le sperimentazioni sul tema del frammento – anche nel progetto intitolato “Fragments” – accanto a due famosi lavori analogici di Rossi: “Il Teatro del Mondo”, soggetto di cinque stampe che spaziano tra rappresentazioni tecniche e “mentali”, e “La città analoga”, che è stato oggetto di studio per un progetto multimediale di Dario Rodighiero, collaboratore scientifico dell’École politechnique fédérale di Losanna. Infine, le opere degli anni Novanta presentano temi e soggetti diversi, anche non strettamente legati all’architettura – come “Il caffè del Mattino”, prima stampa di una scena domestica – accanto a capricci compositivi come “Geometrie Romane” e “Il pesce d’oro”, l’ultimo lavoro che Rossi avrebbe visto finito. Continuamente incuriosito da nuove continue sperimentazioni, nella sua numerosa produzione egli utilizza l’intera gamma delle tecniche grafiche del XX secolo: incisioni, acquetinte, xilografie, litografie, serigrafie. Aldo Rossi riuscì a fondere gli aspetti professionali della rappresentazione architettonica con il suo immaginario poetico e personale, e le sue stampe offrono uno sguardo individuale sul mondo dell’architetto: quella “finestra del poeta” che dà il titolo alla mostra e che rappresentava uno dei soggetti da lui preferiti. “Ho sempre considerato la tecnica, nel suo significante originale, una questione molto importante in ogni arte e mestiere: esiste una tecnica letteraria, grafica, ecc., e anche se è vero che ognuno inventa una propria tecnica, è anche vero che questa è compresa, in un suo mondo o in una serie di regole da cui non può uscire.” (da “Queste immagini della mia architettura”, 1986). Il volume che accompagna la mostra, pubblicato da Silvana Editoriale, contiene quattro testi critici e un’approfondita analisi della produzione grafica di Aldo Rossi, con testi del curatore, di Germano Celant, Kurt W. Forster, Stijn Huijts, Ingrid Kentgens, Beatrice Lampariello, Ton Quik, Chiara Spangaro, Sandra Suatoni, riferimenti bibliografici ed un’accurata biografia dalla quale traiamo alcune note. Nasce a Milano. Nel 1941 a causa della guerra si trasferisce a Como con la famiglia dove frequenta le scuole inferiori e superiori. Nel 1949 si iscrive alla facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. Nel 1963 inizia la carriera accademica alla Scuola Urbanistica di Arezzo e, come ricercatore, presso la IUAV (Istituto Universitario di Architettura di Venezia). Nel 1964 consegue la libera docenza in Caratteri distributivi degli Edifici, materia per la quale sarà Professore incaricato al Politecnico di Milano dal 1965 al ’70. Nel 1976 l’Università di Venezia gli offre la cattedra di Composizione architettonica. La sua fama inizia ad estendersi in Europa e in America. Dopo la sua “Walter Gropius Lecture”, dedicata al tema della continuità, il Direttore della Harvard University considera come Aldo Rossi possa comparire a pieno titolo tra quei pochi architetti che hanno aiutato a stabilire un più saggio e rispettoso rapporto con la storia. Nel 1991 il Centre Pompidou gli dedica una mostra. Alla fine devo dire che, famoso come architetto e designer, questa esposizione me lo rivela anche grande colto sensibilissimo artista totale, soprattutto nelle opere dal 1990 in poi.
GAMeC Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea – Via San Tomaso 53, Bergamo (fronte Accademia Carrara); Fino al 24 Luglio 2016; orari: martedì-domenica 10-19; giovedì 10-22; Ingresso (valido per tutte le mostre in corso): Intero: € 6, Ridotto: € 4; Tel. +39 035 27 02 72; sito Internet: www.gamec.it
Fabio Giuliani
Tags: Aldo Rossi, Bergamo, mostra
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