Desenzano del Garda: NAUTICA D’ALTRI TEMPI

| 1 luglio 2009
pesca

Quando finì la guerra del 1940-45, la famiglia Cavallaro di Desenzano continuò il lavoro di sempre, quello della pesca sul lago…

Disponeva di tre barche di legno a remi ed era normale che l’una o l’altra avesse alcune parti marcite. Allora veniva chiamato un maestro d’ascia di Gargnano, uso in queste collaborazioni con i pescatori del Garda. Era fissato un contratto, che prevedeva l’impegno a Desenzano dell’artigiano per una settimana e la fornitura da parte della signora Cavallaro ogni mezzogiorno di un piatto di baccalà con polenta. Durante quei giorni scendeva dalla corriera della Navigarda, portando un grande zaino sulle spalle, un uomo robusto con un volto rotondo e un aperto sorriso che non perdeva mai, tanto da essere chiamato ‘Gioia’ dai compaesani. Per lavorare si sistemava sullo scivolo all’inizio della diga, deponeva lo zaino e iniziava l’opera aprendolo. Da quel momento ogni suo gesto calamitava gli sguardi dei ragazzi Cavallaro di allora, che lo seguivano attimo per attimo. Già come estraeva gli attrezzi del mestiere era uno spettacolo. Comparivano infatti dalla sacca: asce di varie misure e curvature, martelli, succhielli, lime, la pialla e altri utensili in forma ridotta, che poi l’artigiano snodava nel manico pieghevole dando la forma abituale dell’attrezzo. Lui stesso si era costruito in questo modo gli strumenti che gli servivano. Preparato il campo d’opera, ‘Gioia’ con abili mani predisponeva le assi che sarebbero servite come fasciame alla barca, quindi passava ad una fase più impegnativa: preparare i madieri, i montanti, le ordinate su cui si sarebbe innestato il fasciame laterale. Accendeva il fuoco per dare la curvatura dovuta ai legni, poi iniziava il lavoro di composizione. I ragazzi intanto predisponevano le filacce di canapa, che poi arrotolavano con le mani e bagnavano con l’olio restato dalle varie fritture della cucina e conservato per questa necessità. L’artigiano stesso velocemente preparava la canapa, che con perizia, con l’aiuto di un apposito ferro, fissava tra un’asse e l’altra passando al calafataggio dell’imbarcazione. L’ultimo atto era quello di stendere il catrame caldo per rendere impermeabile la barca. I Cavallaro poi nelle giornate calde, sedendosi durante la pesca, avrebbero sentito i pantaloni appiccicati a questo rivestimento colloso.
Ora il ricordo dei pescatori rimane legato a quell’artigiano che sistemava la barca con la stessa armonia di gesti di un esperto pianista.

1 G. Ganzerla, Rosso sulle colline, Grafo, San Zeno Brescia, maggio 2009, pag.140
2 C.Cipolla-P.Dusi, L’altro crinale, Franco Angeli, Milano 2009, pag.405/406; G. Ganzerla, Rosso sulle colline, Grafo, San Zeno Brescia, maggio 2009, pag.144
3 G. Ganzerla, Rosso sulle colline, Grafo, San Zeno Brescia, maggio 2009, pag.146

Di: Amelia Dusi

Tags: , , , ,

Commenti

×