MINORANZE CONSILIARI
Compiti e funzioni in Comune e Provincia

| 2 maggio 2011

La legge 142, entrata in vigore nell’anno 1990, recante il nuovo ordinamento giuridico per gli enti locali, che ha subito nel decennio successivo rilevanti modifiche ed integrazioni, ed ancor più la legge 81, entrata in vigore nell’anno 1993, relativa alla elezione diretta (da parte del corpo elettorale) del sindaco e del presidente della provincia, il tutto ora coordinato nel testo unico per gli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, hanno mutato radicalmente i rapporti di forza tra la maggioranza e le minoranze in seno ai consigli comunali e provinciali, nel senso che, grazie al premio di maggioranza, alla lista vincente o al gruppo di liste vincenti è assicurato un numero di seggi tale da rendere non difficile la governabilità degli enti locali o almeno così è se non sorgono insanabili contrasti all’interno del gruppo di maggioranza o tra i gruppi che la compongono

In ogni modo, il sistema di elezione previsto dai testi legislativi sopra richiamati ha consentito la governabilità, fatte salve fisiologiche eccezioni e, dunque, almeno sotto questo profilo la situazione è di gran lunga migliorata rispetto a quanto avveniva prima del 1993. Ciò nonostante sono state espresse critiche al nuovo sistema di elezione, sia per i sindaci e i presidenti di provincia eletti direttamente, che, per altro, disporrebbero di un potere eccessivo – si legga, ad esempio, a tal proposito, l’articolo a firma di Gastone Savio, apparso sul periodico Mantova chiama Garda del settembre 2010 e l’autore non è di certo isolato – (ma di ciò ci si occuperà in altra occasione) e sia per le minoranze consiliari, le quali risulterebbero doppiamente penalizzate, in quanto alla loro ridotta consistenza numerica si deve aggiungere la totale “eliminazione degli organismi esterni di controllo” sugli atti, in virtù dell’articolo 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha abrogato l’articolo 130 della Costituzione, che prevedeva appunto tale controllo, ed ai quali organismi potevano essere rappresentati eventuali vizi di legittimità e di merito che venivano vagliati in sede di esame delle deliberazioni consiliari o della giunta. Si dice, pertanto, che le minoranze consiliari, anche se portatrici di apporti programmatici di rilievo, non sono in grado, di fronte alla forza dei numeri, di incidere sulle linee programmatiche della maggioranza e neppure sui singoli provvedimenti, se non alcune volte ed in lieve misura. A questo riguardo, va senza dubbio riconosciuto alle minoranze il diritto – dovere di intervenire per apporti integrativi o modificativi, che dovrebbero essere esaminati con cura ed accolti se funzionali ad una soluzione maggiormente idonea al soddisfacimento dei temi di volta in volta in considerazione e respinti in caso contrario. Per contro, è evidente che le minoranze consiliari non potrebbero accampare la pretesa di imporre, in toto, le loro proposte, al di là del rapporto numerico esistente in consiglio che non lo consente, poiché se così fosse si verrebbe a realizzare un programma diverso da quello approvato dal corpo elettorale. E’ pur vero che si tratta, in entrambi i casi, di ipotesi pressoché astratte, in quanto lo stato dei rapporti politico – amministrativi tra maggioranza e minoranze è talmente deteriorato (almeno nel presente periodo storico) che, in generale, quasi tutte le proposte provenienti da queste ultime sono viste da chi governa con finalità strumentali atte unicamente a produrre consenso per la controparte oppure a bloccare o ritardare l’azione di chi intende realizzare il proprio programma e pertanto sono valutate in modo opposto alla intenzione di migliorare la soluzione dei problemi ai quali dare risposta. Non per questo, però, si deve pensare, in modo desolato, che le minoranze consiliari non abbiano un ruolo. Esso è indicato dall’articolo 44 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, che recita “Lo statuto prevede le forme di gara nzia e di partecipa zio ne delle mi nora nze attribuendo alle opposizioni la presidenza delle commissioni consiliari aventi funzioni di controllo o di garanzia, ove costituite”. Queste funzioni rappresentano una offerta minima ed ineliminabile fatta alle opposizioni e delle quali lo statuto deve limitarsi a prendere atto, mentre può prevedere altre ulteriori forme di partecipazione e garanzia. Lo spirito di questa norma è proprio quello di attribuire poteri alle minoranze e far sì che vengano a porsi i presupposti per un dialogo con la maggioranza, con la finalità di assegnare al consiglio comunale e provinciale un ruolo più efficace. Il legislatore, ben consapevole che il governo dell’ente locale è principalmente affidato alla maggioranza, mentre le minoranze potranno dare apporti più o meno significativi, sia pure entro i limiti di cui si è detto, ha inteso affidare a queste ultime rilevanti funzioni di controllo sull’operato di chi governa a garanzia degli amministrati, demandando allo statuto dell’ente la definizione nei dettagli e soprattutto la possibilità di ampliamento. La stessa possibilità di presentare “interroga zio ni e mo zio ni” offerta dall’articolo 43, primo comma, del testo unico e le istanze di sindacato ispettivo indicate nello stesso articolo, al terzo comma, attengono alle funzioni di controllo e garanzia insieme. A tale proposito si ricorda che l’interrogazione consiste nella richiesta scritta al sindaco o al presidente della provincia per avere informazioni circa la sussistenza o la verità di un fatto; per conoscere i motivi, i criteri e gli intendimenti in base ai quali sono stati adottati determinati provvedimenti o trattati taluni problemi; mentre la mozione consiste in una proposta concreta di deliberazione inerente ad una materia di competenza del consiglio. Può contenere la richiesta di un dibattito politico – amministrativo su argomenti connessi ai compiti del comune o della provincia al fine di giungere a decisioni su di essi. Può, infine, avere lo scopo di formulare un voto in merito ai criteri seguiti o che si intendono seguire nella trattazione di determinati argomenti o di un voto su fatti o problemi ai quali la comunità locale è interessata. Le funzioni di controllo , ispettiva e di proposta diventano ancor più di attualità, rispetto al recente passato, a seguito della soppressione della figura del difensore civico comunale (al quale, si ricorda per inciso, erano affidati “compiti di garanzia della imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione comunale e provinciale”) avvenuta con la legge finanziaria per l’anno 2010 e solo parzialmente reintrodotta (difensore civico distrettuale) con il decreto legge n. 2 / 2010, ma che, in pratica, anche se sarà istituito, in quanto figura facoltativa, non risulterà di prossimità alla comunità locale, poiché avrà sede nel capoluogo di provincia. Da quanto detto si ricava che i compiti e le funzioni delle minoranze consiliari sono ampi, di rilievo e dovranno dilatarsi ulteriormente in futuro, soprattutto per far sì che l’azione dei comuni e delle province si mantenga entro i binari della stretta legalità e correttezza. Però, ancora una volta, bisogna tornare a ribadire che per l’esercizio efficace dei compiti e delle funzioni posti essenzialmente in capo alle minoranze consiliari si richiede alle stesse: buona preparazione, tanta volontà di impegnarsi ed il perseguimento della sola finalità di portare all’adozione di provvedimenti miranti al conseguimento del bene comune. Se fosse colto il reale significato delle tre funzioni illustrate e conseguentemente le stesse fossero esercitate con le modalità descritte e, dunque, prive di intenti di semplice contrapposizione o demagogici e non caratterizzate da volontà puramente punitiva di cui, invece, molto e spesso è connotato il loro esercizio, verrebbe a perdere consistenza l’idea che sia solo importante essere in maggioranza per svolgere una azione propizia per la popolazione. Anzi, al termine del mandato amministrativo il corpo elettorale potrebbe vagliare le realizzazioni della maggioranza confrontate con il programma iniziale e l’azione delle minoranze tanto per la loro capacità propositiva, quanto per il controllo esercitato al fine di garantire il corretto evolvere dell’azione amministrativa. Sono, pertanto, del parere che le minoranze consiliari di oggi potranno diventare la maggioranza di domani oltre che per il programma che andranno a sottoporre al vaglio del corpo elettorale per il nuovo mandato amministrativo, anche per l’impegno e le modalità con le quali avranno svolto le funzioni ed i compiti loro affidati in quello precedente.

Di: Esterino Caleffi

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