VINO SOAVE, DALLA ZONAZIONE AI CRU

| 2 dicembre 2004
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Il Soave è fra i più importanti vini bianchi della produzione veneta. Che la zona del Soave sia la zona più vasta per produzione dei bianchi “autoctoni”, nessuno ne dubita…
Ma il Soave vanta altri primati che non sono attribuibili solo alla sua bontà, ma all’intensa attività di coloro che lo coltivano, lo amministrano e lo valorizzano. Così il Consorzio di Tutela del Soave cominciò, ben otto anni fa, a ricercare la “zonazione” (in altri Stati era già, quasi, obsoleta!) al di fuori delle Istituzioni che, come succede, spesso non hanno funzione propositiva, ma seguono, se sono “illuminate”, le iniziative dei pionieri. Ora, che la zonazione del territorio del Soave si è conclusa, la Regione Veneto inizia a finanziare le zonazioni nelle altre DOC del proprio territorio, quindi, visto che la DOC del Soave è stata così lungimirante e attiva, ma non rientrerebbe nei finanziamenti, la Regione ha stanziato un contributo per far si che il Consorzio di Tutela del Soave possa proseguire nella sua opera per arrivare ai Cru. Il progetto che si svilupperà nel biennio 2005/6, vuole evidenziare che “non esiste un unico Soave, ma diversi modi di intendere questo vino, ognuno legato alla natura del territorio, alla sua storia, alla sua componente umana. Si tratta quindi di definire e di razionalizzare questa (bio)diversità, capendone le ragioni e riconducendola a forme meglio organizzate di produzione e valorizzazione”. Il “vigneto più grande d’Europa” ha anche l’ambizione di diventare “il vigneto più importante”, ma per riuscire nell’intento ha la necessità di coinvolgere tutti gli abitanti del territorio, ma proprio tutti! Se questo non accadrà, gli sforzi saranno vani e i risultati inferiori alle aspettative: sarebbe un vero peccato che un territorio così bello, così importante dal punto di vista storico, ambientale e paesaggistico non venisse riconosciuto, soprattutto da coloro che ne sono i principali fruitori e che devono esserne anche i custodi più gelosi. Animo dunque!

Di: Carlo Gheller

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