Verbania – MUSEO DEL PAESAGGIO e GIPSOTECA “TROUBETZKOY”

| 22 luglio 2016
Verbania - Troubetzkoy 3

Una galleria di luminosi ritratti evocativi

Dal 3 al 24 Aprile scorso, a Ghiffa, frazione di Verbania sul Lago Maggiore, presso il “Brunitoio”- Officina di Incisione e Stampa, era stata ospitata una mostra, curata da Vera Agosti, con circa 25 fotografie di Gianbattista Bertolazzi (1937-2015) dei gessi dello scultore Paolo Troubetzkoy, conservati nella Gipsoteca che porta il suo nome nel Museo del Paesaggio di Verbania, da qualche tempo chiuso per lavori, del quale veniva annunciata la sua prossima riapertura. Il grande momento è finalmente arrivato: infatti dai primi di Giugno è di nuovo fruibile questo importante spazio espositivo per le particolarità che contiene. “In nessuna età come la nostra, inquieta e variabile, si è sentita più profondamente la misteriosa affinità che lega l’anima umana al paesaggio”, affermava Antonio Massara, fondatore nel 1909 del Museo che nel 1914 avrebbe assunto la denominazione di Museo del Paesaggio, collocato a Palazzo Viani Dugnani. Oggi questo luogo si offre al pubblico con le collezioni di Pittura, Scultura, Archeologia e Religiosità popolare che consentono di conoscere vari aspetti dell’arte e della storia del territorio. Inoltre, dal 1978 il Museo ha riacquistato – recuperando le finalità originarie volute dal fondatore – un rapporto vitale con il paesaggio circostante sviluppando un’attività continua di conoscenza e di tutela dei suoi beni culturali, artistici e ambientali. La mostra di riapertura in occasione del 150° anniversario della sua nascita, vuole indagare la figura di Paolo Troubetzkoy e le sue esperienze attraverso sculture in gesso, parte del patrimonio di opere donate al museo dagli eredi dell’artista per sua stessa volontà, di cui il museo conserva 340 opere, fra gessi, cere, bronzi e marmi. Troubetzkoy nasce a Intra, sul lago Maggiore, nel 1866, secondogenito del principe russo Pietro e della pianista-cantante americana Ada Winans. L’anno seguente la famiglia si trasferisce nella vicina località di Ghiffa, in una villa in cui vengono frequentemente ospitati personaggi quali i pittori Cremona e Ranzoni, lo scultore Grandi, i musicisti Catalani e Junck, il poeta e compositore Arrigo Boito. Ed è proprio dal particolare impressionismo della pittura scapigliata lombarda che inizia la ricerca scultorea del giovane Paolo. Nel 1898 Troubetzkoy lascia Milano – dove si era temporaneamente trasferito – per la Russia, dove tiene un corso di scultura all’Accademia di Belle Arti di Mosca. Qui incontra il grande scrittore Lev Tolstoj, al quale dedica due busti, un ritratto a cavallo, un dipinto a olio e alcuni disegni; esegue diversi ritratti di esponenti dell’aristocrazia russa e di politici dove è evidente la ricerca di un’introspezione psicologica o di una forte caratterizzazione sociale. Vince inoltre il concorso per il monumento a cavallo dello zar Alessandro III da erigersi a Pietroburgo, visibile ancora oggi; alto più di cinque metri, con un piedistallo di quattro monoliti di granito rosso di oltre tre metri, richiese otto tonnellate di bronzo verde per la sua fusione e venne inaugurato nel 1909. Nel 1911 viene invitato dal collezionista americano Archer Milton Huntington a New York con un tour di mostre personali in varie città. Vince a Los Angeles il concorso per il monumento al generale Harrison Gray Otis e nel suo studio hollywoodiano ritrae molti attori del cinema come Mary Pickford e Douglas Fairbanks senior. Dal 1921 torna a Parigi dove affitta una villetta con studio nel sobborgo di Neuilly sur Seine in cui vive quasi ininterrottamente fino alla morte, alternando soggiorni estivi nella Villa Ca’ Bianca a Suna sul Lago Maggiore. Negli anni Venti è ancora attivissimo e realizza vari ritratti tra cui quelli di Clemenceau e Mussolini e la statua di Giacomo Puccini per il Teatro alla Scala di Milano. Continua i suoi viaggi in Inghilterra e in Egitto ed espone in varie città italiane, pur già gravemente malato. Muore nel 1938.                                                                           L’esposizione, curata da Federica Rabai (conservatore del Museo) e si sviluppa, lungo le prime sale, attraverso la presentazione di opere, fotografie e documenti storici che illustrano la figura dello scultore, il suo rapporto sia con il territorio di Verbania e del lago Maggiore che le sue esperienze internazionali. Vediamo quindi i suoi soggetti prediletti: eleganti figure femminili, ballerine e ritratti dal vivo, sculture leggere e quasi parlanti. Il segreto di questa leggerezza sta nel lavorare materiali teneri come l’argilla, la cera modellata, il mastice, utilizzando le sue dita nel modellare. Famose sono poi le patinature dei suoi gessi e l’esclusiva tecnica di fusione a cera persa, unica – a suo parere – capace di mantenere i particolari del manufatto originale. In mostra vengono inoltre ricordati i suoi maestri, i mecenati che lo lanciarono nel mondo della cultura milanese e parigina, oltre che gli illustri personaggi che incontrò e che influenzarono la sua formazione come Gabriele D’Annunzio e lo scrittore inglese George Bernard Shaw. Il percorso di visita si conclude con una ricostruzione parziale del suo amato studio francese realizzata partendo dall’analisi di alcune foto storiche in possesso del Museo. All’esterno è possibile un breve ma interessantissimo percorso cittadino sulle tracce di Troubetzkoy: il “Monumento ai Caduti di Verbania-Pallanza”, in bronzo (1922), con una giovanissima e malinconica vedova che sovrasta inginocchiata la lapide che elenca i nomi dei caduti e con una mano lascia cadere alcuni petali di fiore sulla tomba che si immagina essere ai suoi piedi. In braccio, un bimbo troppo piccolo per rendersi conto della tragedia che l’ha colpito, si succhia il dito con innocenza. Il gruppo bronzeo è collocato al livello degli occhi dei passanti; vero monumento ai “rimasti” e alle loro difficoltà, più che ai caduti, piacque molto proprio per questo ai compaesani. Pochi passi più in là si trova il “Monumento a Carlo Cadorna”, (Pallanza, 1809-Roma, 1891), politico italiano. Ancora pochi passi e oltrepassiamo un cancello dove si estende un ampio parco-giardino; in un angolo troviamo il “Busto” di Arturo Toscanini, che Troubetzkoy dedicò al grande Direttore d’orchestra. Volgiamo lo sguardo a destra e vediamo Villa Giulia, che merita una visita. Struttura con una storia particolare, strettamente collegata alle vicende della famiglia Branca, la palazzina fu fatta costruire nel 1847 da Bernardino, l’inventore del “Fernet”. Suo figlio decise di dedicare la dimora alla moglie Giulia ed estese la proprietà verso il lago. Nel 1904 rimasta vedova e risposatasi con il conte Melzi d’Eril, introdusse nelle decorazioni interne elementi di stile Liberty. Nel dicembre del 1932 Villa Giulia venne acquistata dall’Azienda Autonoma di Cura, Soggiorno e Turismo allo scopo di dotare la citta di un Casino Municipale e di una più articolata “Casa di ritrovo del forestiero”. Nel 1987 la Regione Piemonte dispose il trasferimento della proprietà al Comune di Verbania. E’ oggi sede del “Centro ricerca Arte Attuale” ed ospita regolarmente mostre ed esposizioni. Dal 24 giugno al 2 ottobre negli spazi al pianterreno e superiori è qui visibile la mostra “Immaginare il giardino”, curata dal docente universitario Michael Jakob. Una sezione presenta 140 splendide incisioni (forma artistica utilizzata nei secoli per raffigurare e celebrare il giardino) provenienti da una straordinaria collezione privata di libri e materiali iconografici, che illustrano il giardino nei secoli tra il Seicento e l’Ottocento. Ammiriamo meravigliosi parchi come quello illustrato nella raccolta Hofstede van Clingendaal (Amsterdam, 1690 ca.), sulla tenuta di Clingendael con l’imponente frontespizio di Laurens Scherm, composta da 32 stampe delineate da Daniel Stoopendaal e incise da Leon Schenk. Passiamo poi in Italia con le straordinarie e rarissime incisioni “Otto vedute di giardini di Roma”, di cui sette portano la firma di Giuseppe Vasi (1710-1782). Vista la qualità artistica delle tavole, dalle figurine dei personaggi alle ombreggiature, dalla delineazione degli alberi ai tratti delle nuvole, esperti critici del settore ritengono che l’autore reale sia stato il giovane Piranesi che, tra il 1741 e il 1744, svolgeva il suo apprendistato presso il Vasi. Proseguiamo il percorso in Austria con il giardiniere-paesaggista tedesco Rudolph Siebeck (1812-1878) famoso per essere l’autore, nel 1862, del Parco della città di Vienna, chiamato anche, per l’appunto, “Siebeckpark”. Infine la raccolta “Elenco dei nuovi giardini alla moda” di Georges-Louis Le Rouge     (1712-1790), cartografo, architetto e stampatore francese e autore di una grandiosa impresa editoriale; l’opera venne pubblicata a fogli e fascicoli separati nell’arco di tredici anni, a partire dal 1776 fino al 1789, per un totale di 21 quaderni e 496 tavole. La seconda sezione della mostra presenta invece la proiezione di filmati sperimentali del Novecento, dove molti artisti e video maker – tra gli altri Chris Welsby, Stan Brakhage, Rose Lowder – hanno scelto proprio il giardino come specchio delle loro fantasie e proiezioni mentali. Una mostra, questa, per appassionati e neofiti.

Museo del Paesaggio – Palazzo Viani Dugnani: “Troubetzkoy”, fino al 30 Ottobre 2016; orari: da martedì a venerdì 11-18; sabato, domenica e festivi 10-19; Villa Giulia: “Immaginare il Giardino”, fino al 2 Ottobre 2016; orari: martedì a venerdì 14-18; sabato, domenica e festivi 10-18

Fabio Giuliani

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