OTTAVIA PICCOLO A DESENZANO

| 1 aprile 2007

In centro, alla Gelateria Vivaldi sorseggiando un buon te in compagnia di  Ottavia Piccolo, strepitosa attrice teatrale e donna meravigliosa.  Quando ci si trova in presenza di personaggi tali, credo ci si aspetti di conoscere personalità eclettiche, stravaganti, un po’ inavvicinabili… La signora Piccolo, al contrario, è di una gentilezza e simpatia quasi imbarazzanti!

D – Ho saputo che Stefano Massini ha scritto proprio per lei “Processo a Dio” lo spettacolo che sta attualmente portando in tutta Italia,
R – Lui aveva già in mente questo argomento e credo che su stimolo del regista Sergio Fantoni e del produttore Fioravante Cozzaglio, abbia scelto come protagonista una donna pensando a me, infatti nella descrizione del personaggio ci sono dei tratti somatici che mi appartengono.
D- Si tratta di Elga Firsch, ma chi è?
R – Un’ebrea attrice di Francoforte internata in un campo di sterminio, il campo di Maidanek. Il tutto si svolge subito dopo la liberazione del campo ed Elga Firsch, che nella sua vita precedente, nella sua vita normale, era appunto un’attrice, decide, dopo quello che ha visto, dopo quello che ha sofferto, di fare un processo a Dio.
D – se questo personaggio è stato più o meno costruito intorno a lei, cosa c’è di Elga Firsch in Ottavia Piccolo e viceversa?
R- Elga Firsch, a differenza di me, è credente, altrimenti non potrebbe fare un processo a Dio. Però come me ha la forza, malgrado la condizione così estrema, di prendere in mano la situazione, di andare avanti. E’ una persona che vuole vivere, che ha fiducia, speranza.
D-Ci sono due ragazzi giovanissimi, Francesco Zecca e Marco Cacciola, che recitano con lei, cosa ne pensa, come le sembrano?
R- La nostra compagnia, siamo solo in sei, è veramente professionale al massimo, molto coesa e benché veniamo tutti da esperienze diverse, da tradizioni di teatro diverse, abbiamo creato un gruppo. I due giovani sono eccezionali, sono veramente bravissimi come attori, diversissimi come esperienze, però con la stessa voglia di fare un teatro che non sia solo passatempo, ma teatro d’impegno…
D-Si può parlare di teatro sperimentale?
R- Questo più che teatro sperimentale, è teatro civile, anzi il testo è molto tradizionale come costruzione, la particolarità sta proprio nel fatto che l’argomento è molto forte e molto impegnato, quindi non è così usuale. Se ne fa tanto di teatro civile, però si fanno cose più digestive in genere…
D-A chi, come i due giovani attori, vorrebbe fare questo tipo di lavoro, cosa consiglia?
R- Innanzitutto è necessario conoscere da dentro cosa vuol dire, cosa comporta questo mestiere e poi c’è la passione, non necessariamente talento, che da solo non serve a nulla: ci vuole studio e per applicarsi ci vuole passione, questa è la cosa principale. Non basta andare davanti ad una telecamera per essere attori. Spesso la gente non immagina la preparazione necessaria per uno spettacolo. Nel nostro caso abbiamo fatto 45 giorni di prove, mentre il testo è stato scritto in un anno, il regista ci ha lavorato prima e noi continuiamo a lavorarci. A volte non ci si rende conto, sembra una professione facile e che chiunque possa farla, in realtà è necessaria una grande applicazione e molta tecnica. Noi ripetiamo tutte le sere la stessa cosa, e ripetere senza sembrare macchinette o comunque dando un senso, necessita di tecnica che si acquisisce solo con lo studio.
-Lei ha avuto una carriera lunghissima, ha fatto teatro, cinema, televisione, iniziando da piccolissima (Anna dei miracoli, spettacolo teatrale, aveva soli 12 anni). Ma alla fine la sua vera passione qual è? Il teatro?
R- Diciamo che il teatro mi dà maggiori possibilità di scelta, ormai lavoro da 47 anni e senza false modestie, so fare il mio mestiere, però non mi diverte più farlo e basta, il teatro dà la possibilità di proporre argomenti ad autori e registi, mentre nel cinema bisogna aspettare che qualcuno ti cerchi.
D-Esiste una sorta di conflittualità tra cinema e teatro?
R- Il mestiere è lo stesso, ovviamente il mezzo è diverso, bisogna conoscerlo. Il meccanismo è lo stesso, si impara, si studia! A ben vedere, tutti gli attori che fanno cinema, escluse pochissime eccezioni, vengono dal teatro o hanno fatto scuole di teatro, vedi per esempio Mastroianni, oppure la Buy, che ha fatto l’accademia, ha iniziato facendo teatro poi è passata al cinema e se le capita rifà teatro. Altra cosa è la televisione: può capitare che per fare le famose fiction arrivino personaggi che non sono nati attori, però siccome è un mestiere che s’impara, perché no? La televisione comunque è un oggetto da maneggiare con cura, perché c’è un grande equivoco: la gente pensa che la televisione, per quanto riguarda il mestiere dell’attore, sia il talk show, i vari grandi fratelli, amici e tutte quelle cose, che in realtà sono tutt’altro!
D-Quindi lei non salva nulla in televisione?
R- Ma sì, non voglio demonizzare, il mezzo infatti non è cattivo, è come lo si usa che fa la differenza. Se ci sono trasmissioni di basso livello non è perché la televisione è cattiva, è perché quelli che la fanno pensano che il pubblico voglia quello. Non è sempre vero, si è visto che se vengono dati buoni prodotti il pubblico li prende. Il problema è che la televisione più che per il pubblico, è fatta per vendere, noi siamo dei numeri e serviamo per comprare dei prodotti, sono gli investitori che contano e quanti prodotti vendono: più abbassi il livello più soldi girano, la storia è sempre la stessa.
D-Rubiamo una frase celebre: si faccia una domanda e si dia una risposta… (Ride…) R- Vorrei che mi chiedessero che cosa voglio fare in futuro e io vorrei poter lavorare fino a 95 anni, fino a che non mi mettono su una sedia a rotelle, comunque lavorare sempre!
-Non è impossibile…
R- No, no, ormai la vita si è allungata, ho un futuro!

Di: Cottarelli

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