Monza (Villa Reale) – CARAVAGGIO. “Flagellazione di Cristo”

| 29 marzo 2016
Caravaggio - Flagellazione di Cristo 1

“Brutalità e pietà infinite combattono in questa sublime ‘Flagellazione’ ” (Roberto Longhi)

“A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.” (Vangelo di Marco: 15,6-15) La flagellazione è una fustigazione, particolarmente cruenta, tramite bastoni, verghe o gatto a nove code, strumento quest’ultimo che consisteva, nella tipologia romana, in un corto bastone cui erano assicurati diversi lacci che terminavano con artigli metallici, piombi e schegge d’ossa che provocavano tremende lacerazioni e fratture al torturato. Di questo tema la Storia dell’Arte annovera numerosi dipinti nel corso dei secoli, con particolari sviluppi risalenti all’epoca rinascimentale e a tutto il Seicento. Tra i grandi artisti cimentatisi in questo soggetto non poteva mancare Michelangelo Merisi detto “Caravaggio” (Milano, 29 settembre 1571-Porto Ercole, 18 luglio 1610). La sua “Flagellazione di Cristo” realizzata tra il 1607 ed il 1608, è conservato dal 1972 nel Museo nazionale di Capodimonte a Napoli. Secondo il resoconto di Giovanni Pietro Bellori, questo dipinto fu commissionato da Tommaso De Franchis, giureconsulto di origine lombarda, per adornare la Cappella di famiglia nella Chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli avuta in dono da Fernando Gonzaga nel 1602. Questo monumentale olio su tela (286 × 213 cm, la più grande delle cinque o sei opere eseguite dal pittore alla fine del suo soggiorno napoletano) è tra i tesori delle collezioni napoletane di Stato ed è parte del Patrimonio del Fondo Edifici di Culto, la cui origine risale alla soppressione delle corporazioni religiose nella seconda metà dell’Ottocento. Le opere sono amministrate dal Ministero dell’Interno attraverso la Direzione centrale per l’amministrazione del Fondo, il cui fine istituzionale è la conservazione e la valorizzazione dei beni di proprietà. Esposto nel 2011 al Museo Diocesano di Milano in occasione della mostra “Gli occhi del Caravaggio. Gli anni della formazione tra Venezia e Milano” a cura di Vittorio Sgarbi, e precedentemente nel 1951 a Palazzo Reale, occasione in cui Roberto Longhi sdoganò il “gran lombardo”, possiamo rivedere ora questo capolavoro nella splendida cornice del Salone delle Feste, all’interno della Villa Reale di Monza, nell’ambito del progetto ideato dal Consorzio Villa reale e parco di Monza (inaugurato lo scorso anno con il “San Francesco in meditazione”, sempre del Caravaggio) volto a mostrare gratuitamente al pubblico della Reggia un’opera di elevato pregio ogni anno nel periodo pasquale. Dell’importanza di quest’opera e della novità che portava a Napoli la raffigurazione del vero in questa nuova pittura fa fede lo storico De Dominici: “Tanto aveva sopraffatto gli animi degli intendenti e de’ Professori medesimi quella nuova maniera cacciata di scuri con pochi lumi e che terminava nell’ombre…quest’opera esposta al pubblico trasse a sé tutti gli occhi dei riguardanti…La nuova maniera di ombreggiare, la verità di que’ nudi, fece rimanere sorpresi non solo i dilettanti, ma i professori medesimi in buona parte.” Dopo di lui la pittura a Napoli non fu più la stessa. La lavorazione fu abbastanza travagliata: segni di pentimenti e ridipinture sono evidenti nella parte inferiore, soprattutto all’altezza del perizoma del torturatore di destra, ove le radiografie hanno rivelato una testa d’uomo (probabilmente il committente) cancellata. “Nelle tele napoletane il dinamismo si fa generalmente più marcato – ci dice Andrea Dusio, curatore del progetto espositivo insieme a Sylvain Bellenger – l’illuminazione più drammatica. (…) Alla pittura del vero e al realismo della fase romana si sostituisce in questa fase un atteggiamento diverso, con recuperi classicisti e manieristi, ma anche, dall’altra parte, la radicalizzazione del processo di sperimentazione figurativa. Penso al vuoto occupato dall’ombra, che anticipa le opere siciliane, mentre il ricorso a una figura inchinata in primo piano, che funge da potentissima cesura ottica e quasi da mediazione tra il piano della visione e quello dell’azione, rimanda a un espediente compositivo lungamente meditato prima di quest’opera.” Da qualche tempo una nuovissima tecnologia rende fruibili le opere d’arte al pubblico ipovedente e non vedente. Per la prima volta un dipinto viene reso in 3D per intero grazie allo studio Monzamakers srl, che da oggi consente la godibilità della “Flagellazione di Cristo” del Caravaggio grazie a una tavoletta in gesso resinato, realizzata con stampante 3D, che con esattezza di proporzioni fa emergere dal dipinto elementi e figure nella loro potente drammaticità. La riproduzione del quadro stampata in 3D viene fornita in uso gratuito alla Reggia di Monza da parte della società Monzamakers srl. Questa operazione è giudicata positivamente da Dusio che così sottolinea: “L’applicazione delle tecnologie additive utilizzate nella stampa 3D al dipinto della ‘Flagellazione di Cristo’ consente anche a noi di apprezzare ancora di più la tensione plastica del dipinto del Caravaggio, con particolare riferimento al busto di Cristo. La riproduzione che presentiamo va nella direzione di quella stessa ricerca della realtà da cui muoveva il Merisi, e consente di allargare a ipovedenti e non vedenti questo straordinario momento di produzione di bellezza, fatto di verità e luce.” Per la cronaca mi sembra giusto ricordare che un pregevole dipinto con lo stesso soggetto (olio su tela di 134,5×175,5 cm), realizzato tra il 1606 e il 1607 è conservato nel Musée des Beaux-Arts a Rouen; acquistato dal museo nel 1955 come opera di Mattia Preti ed assegnato al Merisi dopo lunghe ricerche e studi approfonditi, questa opera, denominata “Cristo alla Colonna”, è considerata una variante della “Flagellazione” realizzata intorno al 1607 durante il suo soggiorno napoletano, per vari dettagli, tra cui spicca l’assenza della corona di spine dalla testa del Cristo, come appunto nel quadro in questi giorni esposto a Monza. L’iniziativa si avvale della collaborazione del Museo di Capodimonte, di Istituzioni pubbliche – fra cui Regione Lombardia – e private, come Fondazione Cariplo. Importante è stato il contributo del quotidiano locale per la zona di Monza e Brianza “Il Cittadino”, che per l’occasione ha realizzato uno speciale inserto tutto dedicato a questa iniziativa; Martino Cervo, il Direttore, così ha commentato: “Con orgoglio e onore il Cittadino, promotore di questa cruciale iniziativa che bissa la presenza di un gigante dell’arte mondiale a Monza, approfondisce la sua presenza al cuore stesso della città e della sua vita culturale. È uno sforzo che, grazie a tutti coloro che lo rendono possibile, si pone come perfetto corollario all’attività editoriale che ci rende voce del territorio da 116 anni: ne siamo fieri e intendiamo proseguire su questa strada.”

Villa Reale di Monza – Fino al 17 Aprile 2016; orari: da martedì a domenica 10-19, venerdì 10-22, lunedì chiuso (aperto lunedì 28 marzo 10-19); ingresso libero con biglietto omaggio da ritirare in biglietteria, almeno un’ora prima della chiusura; Informazioni: Tel. 039 394641; Internet: www.reggiadimonza.it

Caravaggio - Flagellazione di Cristo 4 - 3DVilla Reale - Monza

 

 

 

Fabio Giuliani

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