“Liturgia creativa”: intervista a Don Riccardo Pane

“Basta canzonette, finiamola con le strimpellate di chitarra su testi inutili e insulsi. Nella celebrazione liturgica attingiamo al ricco patrimonio di musica sacra”. Finiva maggio, sfiorivano le rose, e Riccardo Muti, ricevendo la cittadinanza onoraria della città di Trieste, riecheggiava accorato le parole di Benedetto XVI sul tema. Se avesse sfogliato “Liturgia creativa” (Esd – Edizioni Studio Domenicano, Bologna, pp. 120, € 12.00), libriccino scritto da don Riccardo Pane, presbitero della Chiesa di Bologna, cerimoniere arcivescovile e docente di teologia patristica, sarebbe inorridito. “Chiunque, sentendo l’Ave verum di Mozart, può essere trasportato in una dimensione spirituale”, sospirava Muti. Tamburi, bonghi, maracas e djembé ti catapultano piuttosto in una giungla nera, fra Sandokan, gonnellini di paglia e danze tribali. Invece è una Messa. Chitarre amplificate, distorsori e piatti fanno il verso al rock satanico; ma è l’Elevazione. Qualcuno al microfono sta rimproverando Dio Padre Onnipotente; tranquilli, è solo la preghiera dei fedeli. Un uomo sull’altare scherza, balla, improvvisa gag, lancia freddure (da prete): è l’omelia, e si può anche applaudire. Altri, in simpatica processione, portano alla mensa eucaristica sveglie, guantoni da pugile, lenzuola, corde, canne da pesca: Offertorio. Tutto vero, tra il grottesco e l’incredibile. Un campionario di eccessi, confusioni, fraintendimenti. L’attiva partecipazione dei fedeli trasformata in assemblea condominiale. Il sacro terrore del latino: lo si parli ovunque ma non in chiesa. San Remo (il Festival) che prende il posto di S. Cecilia (la Santa). Stasera mangiamo cinese: il fascino dell’esotico (fra le navate). L’arte sacra ridotta a pauperismo da straccivendoli: paramenti in poliestere, calici di latta, sedie da giardino, croci Made in China, il tabernacolo accanto a mocio e manici di scopa. Precisa don Riccardo: “Questo non è un pamphlet contro il concilio Vaticano II, tutt’altro. Nessuna discontinuità, né battaglie fra conservatori e progressisti: tutti militiamo dalla stessa parte. Basta leggere i documenti conciliari: non c’è stata alcuna rivoluzione. La Messa di Paolo VI e quella di San Pio V contengono entrambe elementi mirabili e limiti. Ed è normale che sia così: il mistero eucaristico eccede ogni possibilità d’essere esaurito da una singola forma rituale. Tutti i vari riti concorrono alla sinfonia liturgica. Quello che qui in terra ci è dato gustare in frammenti, potremo coglierlo un giorno nella perfetta sintesi della liturgia celeste”. Come hanno reagito gli addetti ai lavori? “Un mio carissimo compagno di seminario non ha voluto leggere il mio libretto, per paura di trovarvisi troppo rispecchiato. I creativi non hanno dato segni di vita. O mi hanno derubricato a relitto della reazione, oppure stanno organizzando il contrattacco. Viceversa ho ricevuto molti apprezzamenti. I più graditi sono giunti da persone che hanno lavorato alla riforma insieme al Card. Lercaro. Il mio libello cerca una prospettiva di equilibrio e di continuità. Il pericolo è quello di essere strumentalizzato per avvalorare le tesi dell’una o dell’altra parte. Non c’è nulla di più deleterio, per la nostra liturgia e per il bene della Chiesa, che trasformare prospettive e sensibilità diverse in una contrapposizione frontale ed esacerbata che scimmiotta le lotte politiche e partitiche”.
Enrico Raggi
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