Genova – MODIGLIANI

| 5 maggio 2017
Modigliani 1

L’anima nei volti, l’essenza nei nudi di “Veneri” moderne

“Quello che cerco non è né il reale né l’irreale, ma l’inconscio, il mistero instintivo della razza.” (Amedeo Modigliani)

Su Amedeo Modigliani, fin da quando era in piana attività, ed anco più dopo la sua morte, si è detto e scritto praticamente di tutto, di lui si sono occupati critici, storici dell’arte, collezionisti, diverse rassegne gli sono state dedicate in Italia e all’estero, suoi capolavori fanno parte delle collezioni permanenti di prestigiose istituzioni museali internazionali. L’esposizione attualmente in corso nell’appartamento del Doge di Palazzo Ducale, si propone di illustrare il percorso creativo di questo singolare artista affrontando le principali componenti della sua carriera breve e feconda. Attraverso una trentina di dipinti provenienti da importanti musei (Musée de l’Orangerie e Musée National Picasso di Parigi, Koninklijk Museum voor Schone Kunsten di Anversa, Fitzwilliam Museum di Cambridge, Pinacoteca di Brera e da prestigiose collezioni europee ed americane), oltre ad altrettanti disegni, si intende mettere in risalto il grande valore della sua ricerca in quel clima assolutamente unico creatosi nella Parigi d’inizio Novecento. “Il valore lirico della linea” è la definizione della sua poetica data dal critico Lionello Venturi e, condividendo l’espressione, visitiamo questa mostra genovese, organizzata e prodotta da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura e da MondoMostre Skira, e curata dalla “triade” Rudy Chiappini, Dominique Vieville e Stefano Zuffi, nella quale particolare attenzione viene rivolta all’ aspetto centrale della sua ricerca, ovvero la sua predilezione per il ritratto. Numerosi sono i dipinti che Modigliani dedica a occasionali modelle ma anche ad amici e compagni d’avventura, protagonisti anch’essi della vita culturale parigina d’inizio secolo, tra Montmartre e Montparnasse dove convivono e si incontrano grandi mecenati e mercanti come Paul Alexandre, Paul Guillaume e Léopold Zborowsky, accanto a scrittori come Max Jacob, Jean Cocteau, Guillaume Apollinaire, ad artisti come Diego Rivera, Pinchus Krémègne, Henri Laurens, Léopold Survage, Juan Gris, Pablo Picasso, protagonisti di un’irripetibile stagione di rinnovamento della pittura. I suoi modelli preferiti sono i colleghi pittori, i letterati e gli intellettuali, gli amici più intimi, le persone che condividono il suo mondo. “Per lavorare ho bisogno di un essere vivo, di vedermelo davanti. L’astrazione mi affatica, mi uccide ed è come un vicolo cieco”: così Amedeo Modigliani (1884-1920) parla della ricerca dell’anima dei suoi soggetti. Questo grande talento italiano, pur assistendo a tutte le grandi rivoluzioni artistiche succedutesi nel suo tempo (Futurismo, Cubismo, Espressionismo, Astrattismo) non si è affiancato a nessuna ma, memore delle sue origini, ha reso attuale con una semplificazione estrema la tradizione italiana dei primitivi e del Rinascimento. In tal senso nei suoi nudi migliori mi pare di vedere come “ascendente” la “Venere” di Botticelli ruotata di 45 gradi, distesa, con un più di sensualità dovuta all’esecuzione in presenza di donne del suo tempo: nuove “icone” della femminilità. Egli ha incarnato il mito bohémien dell’artista geniale e maledetto. Il suo agente polacco Zborowski, poeta e mercante, lo consigliava di ritrarre paesaggi, per seguire la moda ed avere guadagni più facili. Ma la fortuna dell’artista livornese cominciò solo dopo la sua morte. Nella cerchia della “Ville Lumière” spiccava la sua aura di ebreo italiano colto, dal grande charme, facile agli scatti di collera, alle liti, alle ubriacature, ma anche alle gentilezze. Una ricerca e un’intensità portati agli estremi, che si ritrovano nei ritratti in primo piano in cui le deformazioni hanno valenza espressiva, in particolare l’allungamento del collo, mi pare, doni alla donna spesso un senso di fragilità, come fosse uno stelo mentre all’uomo la deformazione conferisca all’uomo autorevolezza. Grande e appassionato anche l’interesse di Modigliani per le figure femminili. Nelle sue raffigurazioni sono considerate anche presenze importanti nella sua vita sentimentale e di intellettuale come la giornalista inglese Beatrice Hastings (in mostra un ritratto ad olio del 1915), Lunia Czechowska, amica di lunga data, Hanka Zborowska (presente in mostra con uno splendido disegno a matita del 1916), moglie del suo mercante, e la giovane compagna Jeanne Hébuterne, dalla quale avrà una figlia e che si suiciderà, incinta, il giorno dopo la morte del suo adorato Modì. Nel percorso espositivo viene rivolta particolare attenzione anche ai “nudi” che all’epoca suscitarono grande scalpore.      La sua prima esposizione personale alla Galleria Berthe Weill nel 1917 fu uno scandalo: chiuse prima di iniziare perché la polizia ed il pubblico si sentirono oltraggiati da quei nudi sensuali, veri e propri capolavori; ora a Palazzo Ducale si possono ammirare lo straordinario “Nudo accovacciato” del Museo di Anversa, eccezionalmente prestato per l’occasione, e l’altrettanto bellissimo “Nudo disteso (Ritratto di Celine Howard)”. “Modigliani – spiega Zuffi – sembra vivere una doppia situazione. E’ circondato da colleghi, intellettuali, belle donne e questo si vede nella mostra, ma è anche un artista che sceglie deliberatamente una solitudine e ciò tende ad isolarlo. Modì, crea in solitudine, ma non una solitudine penosa perché è nutrita dalla grande arte italiana. Riguardo alla scelta di quei colli allungati i fattori da prendere in considerazione sono tre. Primo, i ritratti non sono immagini realistiche di tipo oggettivo, ma sono sempre un’interpretazione della persona ritratta, che proietta la sensibilità dell’artista. Secondo, bisogna guardare alla tradizione italiana in particolare al Manierismo toscano, al Pontormo, al Parmigianino, al loro piegare e distendere le forme o al moto serpentinato di Vasari o Michelangelo. Terzo elemento, Modigliani a Parigi entra in contatto con le sculture extraeuropee, africane, indonesiane, che spesso mostrano l’allungamento dei lineamenti, non solo del collo, ma anche di nasi ed occhi”. Una sala è dedicata alla storia dell’amicizia di Modigliani con il pittore polacco Morse Kisling, con il quale, per un periodo, condivide anche lo studio. L’italiano lo ritrae più volte e si diverte a dipingere alcuni dettagli all’interno delle tele dell’altro. Alla morte di Modigliani , Kisling realizza un calco del volto dell’amico appena deceduto, organizza le esequie “degne di un principe”, pronuncia l’elogio funebre e si prende cura della figlia, la piccola Jeanne. Alcune note biografiche. Amedeo Modigliani nasce a Livorno nel 1884 da famiglia ebraica; mostra fon da bambino il talento per la pittura, ma anche salute cagionevole. Si forma nella recente tradizione livornese dei “Macchiaioli”, elogiato da Giovanni Fattori. “Quel ragazzo ha dentro di sé qualcosa di nuovo. E’ molto diverso dagli altri allievi. Di Modigliani ne sentiremo riparlare.” A 18 anni frequenta la Scuola di Nudo a Firenze e, in seguito, i orsi dell’Istituto di Belle Arti di Venezia. Nel 1906 si reca a Parigi. Tra il 1910 e il 1914 realizza un numero limitato di sculture in pietra; ma la fatica del lavoro con lo scalpello e la polvere della pietra peggiorano la sua salute minata dalla tubercolosi, per cui decide di dedicarsi esclusivamente alla pittura e al disegno che l’artista considera fondamentale. Muore nel 1920. Questa monografica è accompagnata da un ricco catalogo (Skira) con i testi ei curatori, biografia, bibliografia, elenco delle esposizioni. Una mostra da non perdere, valore aggiunto ad un palazzo che, di per sé, merita una visita.

Palazzo Ducale, Appartamento del Doge; Piazza Matteotti 9, Genova; fino al 16 Luglio 2016; Orari: da lunedì a domenica 9.30-19.30; venerdì 9.30-22; laboratori, visite guidate, ingressi in mostra per gruppi scolastici si effettuano solo su prenotazione: Tel. 010 8171604 (martedì-venerdì dalle 11 alle 16); www.modiglianigenova.it

Fabio Giuliani

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