Gardone Riviera (Bs): D’ANNUNZIO PRIVATO

| 18 luglio 2011
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Continua la pubblicazione di lettere inedite di Gabriele D’Annunzio: analizziamo 2 missive affettuose alla moglie Maria Hardouin.

Cara Maria,

ti spedisco i versi che mi chiedevi, e ti accludo il biglietto per la Bava (dalla bocca, come dice Nicolino). Spero chenon ci saranno difficoltà. Ma sarà beneche tu ti faccia accompagnare da Nicolino. La Bava è in obbligo di consegnare il letto e i libri. Hai capito? Ti sarò grato se mi conserverai i libri con cura. Ne avrò bisogno in seguito. Anche le carte, tutte ravvolte in un pacco, ti prego di conservarmele. Quando sarò nella casa nuova ti pregherò di mandarmi quegli abiti che tu dici di avere. Qui fa molto freddo. Soffia la tramontana da tre giorni. Scriverò a Ciccillo per avere notizia delle copie  di quadri antichi. Ma credo che egli le abbia mandate in America. Non credi  che ti converrebbe meglio affittare, a un prezzo più elevato, le tue stanze al dottor Weber? Sarebbe per te una noja grave cercare una casa nuova e installarti? Dammi notizie. Desidero di rivederti. E spero che potrò fare quanto prima una gita misteriosa. Baciami i bambini. Ti abbraccio, cara Maria. Scrivimi, Ave.

Gabriele

Una lettera inedita spedita alla moglie Maria Hardouin ci tramanda la memoria di un D’Annunzio ritratto nella sua domestica quotidianità, alle prese con l’ordinaria nostalgia e con la sua eccezionale capacità immaginifica  creativa che emerge anche dalle righe più semplici… Chissà dove sarebbe andato il Vate, chissà quali sono i libri che menziona in questa lettera e qual i versi a cui fa riferimento? La missiv non è datata e questi interrogativi sono perciò destinati a rimanere tali. Quello che invece emerge è il carattere forte e imperativo del poeta, che abilmente alterna a toni più delicati e ad una ironia squisitamente dannunziana. Compaiono i nomi di diverse figure: Bava, Nicolino, Ciccillo, il dottor Weber… che popolavano la vita del Vate. Principale preoccupazione del D’Annunzio

in questa missiva è quella della conservazione dei suoi oggetti più intimi: carte, libri, quadri antichi. In piena fase di trasloco affida alle cure della moglie quello che di più caro possedeva… Nella seconda epistola, sempre non datata e probabilmente antecedente all’altra, il vate menziona ancora una gita e si rivolge alla moglie con un appellativo pieno d’amore. Presto avrebbero litigato come cane e gatto, ma in questa missiva Maria Hardouin è ancora “la micina” di D’Annunzio. Si tratta di una lettera da cui trapelano delicatezza e dolcezza infinite. Viene menzionato anche il telegrafo, altro mezzo dicomunicazione del tempo (siamo attorno al 1890) e il tram, che insieme alla carrozza, era l’unico modo per viaggiare di allora. E’citato poi il figlio Mario che era affidato alle cure dei nonni paterni e si trovava con loro a Pescara. D’Annunzio sta vivendo una meravigliosa estate abruzzese e incita lamoglie ad andarlo a trovare; le racconta le “birichinate” del loro primogenito e le ubriacature dei loro comuni amici…

Cara Micina,

mi ha fatto tanto piacere la tua bella, viva e fresca lettera, tutta profumata d’oleandri e d’iris (?). Peccato che tanta gentile preparazione sia stata vana! Questa altra volta aspetta un mio avviso. Io non mancherò, in nessun modo, di telegrafarti prima di partire.

–Hai fatta la gita? Tu avresti davvero bisogno di mutare aria; ma dell’Abruzzo non vuoi sentir parlare e hai torto. Se tu avessi veduto che mare stamattina! Quando tornerò, non mi riconoscerai. Il sole mi ha molto baciato. – Appena ho letto alla mamma il brano della tua lettera riguardante Mario, un grido formidabile (di gioia, ndr) si è levato nell’aria e ha risvegliato gli echi pescaresi. Io credo che daremmo alla mamma un gran dolore togliendole il diletto bamboccio (si riferisce sempre al figlio Mario, ndr). Ho tanto strepitato che son sicuro che Mario farà regolarmente i suoi bagni di mare. Non devi prendere alla lettera le mie frasi curiose sulla monelleria di lui. Credo che questa libertà non gli farà male. Ad ogni modo, se bene non sia molto colorito (non lo sarà mai) sta benissimo, e n’è testimonianza la sua impermeabilità (?) nelle birichinate. Oggi, come erano a pranzo con noi Michetti, Barbella e Pepe ed altri, egli s’è un poco ubriacato più di (…) che di vino. E lo sento ancora strillare come un ossesso. Va in tram, a cavallo, e con le barche, con zio Antonio. Ma se tu e la duchessa desiderate ch’egli torni, io sarò l’umile esecutore dei vostri comandi. –La gita al Gran Sasso non è ancora decisa. E’ un’operazione (?) difficilissima in questo mese, perché la montagna è ancora tutta coperta di nevi. Se non vado al Gran Sasso, torno prima. Vedremo. Addio, cara Maria. Ho desiderato oggi un gran fiasco di vino vecchio. Spero che sarai contenta. Lo serberai tutto per te. Io non berrò più vino, o ne berrò pochissimo, perché la sobrietà nel bere mi ha giovato moltissimo allo stomaco. Addio. Tante cose a Peppina. Tutti ti salutano. Io ho gran desiderio di rivederti. Ti bacio la boccuzza rossetta.

Tuo Gabriele

Elisa Zanola

 

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