FESTIVAL DEL FUNDRAISING: UNA EDIZIONE DA RECORD

| 18 maggio 2016
Alberto Cairo 2

Con le standing ovation agli interventi di Kumi Naidoo e Alberto Cairo si è chiuso venerdì l’evento di raccolta fondi più grande d’Italia e d’Europa. 800 i partecipanti, 400 computer collegati in streaming da tutto il mondo.

Venerdì 13 maggio si è conclusa la nona edizione del Festival del Fundraising: un’edizione che ha finito col battere ogni record di presenze. Erano oltre 800 gli addetti ai lavori che hanno affollato per tre giorni l’Hotel Parchi del Garda di Lazise, numeri che fanno della manifestazione il più grande evento dedicato alla raccolta fondi in Italia e in Europa. Tuttavia, eccezionalmente, quest’anno era stata data la possibilità di seguire in diretta streaming due sessioni fondamentali della prima giornata del Festival: la plenaria iniziale tenuta da Abigail Disney, regista, filantropa e nipote del grande Walt; e l’Italian Fundraising Award, l’unico premio italiano dedicato a coloro che operano nella raccolta fondi, andato quest’anno ad Alessandro Benedetti della Fondazione Meyer come miglior fundraiser e ai coniugi Maria Edmea Sambuy e Francesco Zen come migliori donatori per il loro sostegno costante e generoso alla causa di UNHCR da più di 20 anni. Ebbene, anche i dati riguardanti la diretta streaming sono di quelli che fanno girare la testa: erano più di 400 i computer collegati da tutto il mondo, anche dall’Australia.

Essendo dunque stata un’edizione assolutamente eccezionale, non potevano mancare per la chiusura degli ospiti d’eccezione. La plenaria di chiusura ha visto infatti la partecipazione di due colossi del mondo del nonprofit: Kumi Naidoo, ex direttore esecutivo di Greenpeace, e Alberto Cairo, dal 1989 delegato del Comitato Internazionale della Croce Rossa in Afghanistan. Due interventi che hanno fatto registrato il tutto esaurito, entrambi conclusisi con applausi scroscianti e standing ovation spontanea da parte della platea.

La sessione dell’attivista sudafricano ha acceso i riflettori sulle devastanti ripercussioni del cambiamento climatico sul nostro pianeta. “La terra non ha bisogno di essere salvata – ha affermato Naidoo – se ci ostiniamo a bruciare combustibile fossile surriscalderemo il globo fino a quando scoppieremo. Quando ci saremo estinti, le foreste ricominceranno a crescere. Bisogna lottare per coesistere con la natura: bisogna lottare per il futuro dei nostri figli”.

“Quello che stiamo perpetrando oggi è un crimine – ha proseguito senza mezzi termini- il cambiamento climatico sta già avvenendo, non dobbiamo farci illusioni. Non dobbiamo più concentrare la maggior parte delle nostre risorse sui piccoli cambiamenti ma affrontare il problema alla radice. Dobbiamo smettere di ubbidire a leggi che uccidono persone. Schiavitù, apartheid, negazione dei diritti civili alle donne una volta erano la prassi, ma non significa che siano giuste. Bisogna scegliere se essere parte del problema o della soluzione. Ognuno di noi può contribuire in modo diverso: anche alzandoci in piedi, semplicemente dicendo una cosa fuori dal coro. Occorre lottare per la giustizia sociale, economica, ambientale o qualunque essa sia. La lotta per rendere il mondo più giusto è una maratona, non una gara da 100 metri. La storia giudicherà positivamente il vostro operato perché ci rifiutiamo di pensare che questo sia il miglior mondo possibile”.

La conclusione della kermesse è stata infine affidata alle potenti parole di Alberto Cairo. “Lavoro in Afghanistan da 26 anni per la Croce Rossa – ha affermato – il mio lavoro, purtroppo, si concentra sugli arti. Le mine antiuomo sono la causa principale della perdita di una gamba, di un braccio, a volte di entrambi. Qui la quotidianità della guerra diventa normale. L’incontro con diversi pazienti, non solo mutilati dalla guerra ma anche affetti da malattie alla nascita, fanno capire ben presto che per quelle persone le protesi non sono semplicemente un pezzo di plastica attraverso il quale tornare a camminare ma molto di più. Volevano essere indipendenti, volevano la dignità e la dignità non può aspettare tempi migliori. Così ci siamo focalizzati non solo sulla realizzazione di braccia e gambe artificiali, ma sull’inserimento lavorativo dei disabili. Ho capito che siamo noi a creare disabili senza dar loro chance. Ho capito che non ci sono limiti, tutti possono fare qualcosa. Non ci si deve accontentare: bisogna lottare, bisogna andare avanti”.

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