Milano – CARAVAGGIO. LA FABBRICA DELLO SPETTATORE

Vicenda di un “Capolavoro” editoriale
“Caravaggio ha avuto molto successo da vivo soprattutto presso gli artisti che ne hanno copiato le opere e imitato lo stile. Reagendo contro l’onda caravaggesca del suo tempo, Giovanni Pietro Bellori critica il pittore lombardo nelle sue ‘Vite’ (1672) per mancanza di decoro e per il suo ostentato realismo. In un certo senso è proprio con Bellori che l’immagine del pittore come un uomo violento e irrequieto comincia a imporsi. Tuttavia la figura del pittore maledetto e bohémien appartiene al diciannovesimo secolo, un’epoca durante la quale Caravaggio era quasi stato dimenticato dai critici e dagli storici dell’arte, Bisognerà aspettare gli studi di Longhi di Venturi nel ventesimo secolo perché del pittore si torni a parlare. La pittura interessa questi due autori più della vita e anche io ho voluto seguire questa strada. Troppo spesso, infatti, si semplifica all’eccesso il rapporto tra la vita e l’opera. Caravaggio ha avuto una vita violenta ma questo non spiega certo la complessa elaborazione delle sue pitture che mostrano un atto violento né tantomeno il suo uso dello sfondo scuro.” Queste parole sono di Giovanni Careri, espresse durante un’intervista all’indomani del uscita del libro “Caravaggio. La fabbrica dello spettatore” , pubblicato da Jaca Book: una vera “Strenna” natalizia, non solo per le dimensioni (vicino alle 400 pagine), ma per lo stile con cui è stato prodotto, secondo una linea con cui ci ha abituato negli anni questa Casa Editrice; a tutti gli effetti una vera e propria “Opera d’arte” editoriale. Careri è Direttore degli studi ed insegnante presso “EHESS” (École des Hautes Etudes en Sciences Sociales) di Parigi, membro associato del Laboratorio di Antropologia Sociale (EHESS, CNRS, Collège de France), Professore presso la Scuola di Belle Arti di Lione e a Venezia presso lo IUAV (Istituto Universitario di Architettura). E’ responsabile del gruppo di ricerca Bernhard Rüdiger “L’arte contemporanea e la storia del tempo” (CEHTA-EHESS / Scuola di Belle Arti di Lione). Lavora alla frontiera tra storia, teoria dell’arte, semiotica ed antropologia. Tra le sue principali pubblicazioni in lingua italiana: “Voli d’amore. Architettura, pittura e scultura nel Bel composto di Bernini” (Laterza, Roma-Bari 1991); “Il Barocco nel mondo” (Le Lettere, Firenze 2002); “La fabbrica degli affetti. La Gerusalemme Liberata dai Carracci al Tiepolo” (Il Saggiatore, Milano 2010). In lingua francese ha pubblicato: “La torpeur des Ancêtres. Juifs et Chrétiens dans la chapelle Sixtine” (EHESS, Paris 2013), in corso di traduzione sia in italiano che in inglese.
Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio (1571- 1610), è una figura fondamentale nella storia dell’arte, un precursore della modernità. Al pittore lombardo, il cui realismo spinse Poussin ad affermare che era nato per “distruggere la pittura”, si deve una svolta stilistica decisiva, persino rivoluzionaria, tra i secoli XVI e XVII, apprezzato per la fedeltà al reale e per l’inedita intensità della luce. Questo libro esplora da vicino la rivoluzione caravaggesca, attraverso i molteplici “specchi” con i quali questo straordinario pittore continua a metterei a confronto. Se lo specchio è l’oggetto di riflessione utilizzato materialmente nei primi autoritratti, nel corso della sua carriera Caravaggio lavora soprattutto sulle diverse forme di riflessività. L’immagine di sé diviene così un luogo di sperimentazione che fa dell’altro uno specchio rivelatore: il travestimento mitologico (da Bacco a Narciso, passando per Medusa) e il contrasto dei generi sono tutte espressioni di questa ricerca. Senza limitarsi a seguire il filo della sola biografia di Caravaggio o la vicenda storiografica delle sue opere, Careri rivolge uno sguardo ravvicinato ai singoli quadri come luoghi in cui si esercita un vero e proprio pensiero visivo, non solo attraverso ciò che essi rappresentano, ma per come essi presentano i loro soggetti. In alcuni dipinti la gestualità dei personaggi, i loro sguardi, la luce fanno – secondo lo scrittore – altrettanti inviti a farsi somiglianti al Cristo, chiamando il devoto a “conformarsi”, per usare le parole di San Paolo. Nell’opera di Caravaggio lo spettatore diviene così il fulcro di un coinvolgimento affettivo, cognitivo e sensibile sino ad allora inedito nella storia della pittura: il quadro non è solo oggetto di visione, ma fabbrica dello spettatore, di forme del guardare, del sapere e del sentire. Una visione rinnovata di un grande artista attraverso una prospettiva inedita. Il volume, realizzato in occasione della mostra “Dentro Caravaggio” a Palazzo Reale di Milano, comprende anche un “Caravaggio ritrovato”, il dipinto “Giuditta e Oloferne” rinvenuto a Tolosa nel 2014. “Utilizzando lo specchio come figura emblematica delle riflessività, Careri ricostruisce le esperienze che hanno condotto il pittore a rappresentarsi nelle proprie tele per offrirsi all’occhio dello spettatore, a condizione che quest’ultimo si avvicini all’immagine da “amante”. La questione cruciale è: come arriva Caravaggio ad attirare e poi trattenere l’attenzione dello spettatore? La sua pittura si avventura nell’invenzione di un “realismo cristiano” che mescola figure popolari con immagini che appartengono alla tradizione pittorica antica e rinascimentale. Il dispositivo speculare e le sue variazioni formano il filo rosso di una monografia che approccia l’opera del Merisi da una nuova angolazione.” Durante l’incontro milanese, Careri, si è valso di alcune immagini proiettate, soffermandosi a lungo sul capolavoro (ma quale opera di Caravaggio non è da definirsi tale!) “Incredulità di San Tommaso”, sul quale egli sottolinea: “Ho scelto di cominciare il libro con una lunga analisi di questo quadro perché vedo un’analogia tra il gesto di afferrare la mano di Tommaso per farla entrare nel proprio corpo e la sollecitazione che il dipinto rivolge allo spettatore. (…) L’ “Incredulità di san Tommaso” è un’opera che non nasconde l’inerzia di chi non crede e in questo modo dispone per lo spettatore una posizione che egli può assumere se si sente incapace di credere. Un altro aspetto straordinario di questo quadro è che non si limita a descrivere il processo di trasformazione interiore di Tommaso ma esibisce anche la materialità del corpo di Cristo resuscitato e presenta, a mio avviso, questa scena come una sorta di anticipo della fine dei tempi quando – come scrive san Paolo – coloro che credono saranno introdotti nel corpo del Redentore.” La Veneranda Pinacoteca Ambrosiana, storica Istituzione voluta dal Card. Arcivescovo di Milano Federico Borromeo (1564-1631), conserva da anni nelle sue sale, la “Canestra di frutta” del Caravaggio, opera per cui il Complesso stesso si identifica a livello internazionale; è parso quindi logica la scelta di presentare proprio in questa sede, il 12 Dicembre scorso, questa preziosa pubblicazione, alla presenza dell’autore, dello storico dell’arte Andrea Spiriti, coordinati da Mons. Franco Buzzi, XXV Prefetto della Biblioteca Ambrosiana. Leggiamo visivamente quindi le immagini di questo “Capolavoro di capolavori” sotto un nuovo profilo, vedendole dense, non solo di realtà ma di spiritualità.
Fabio Giuliani
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