Desenzano del Garda: IL “BARCHETTA” DELLE ORIGINI – La storia dell’albergo di piazza Matteotti

| 4 dicembre 2014
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L’intuizione di Adolfo Caccia che dalla prima osteria dove attraccavano le piccole imbarcazioni, creò un rinomato ristorante e poi l’albergo, strutture oggi ricordate dallo spazio intitolato “galleria Barchetta”

 

L’epopea turistica che si ripropone nelle articolate sfaccettature storiche che chiariscono il volto attuale di un luogo. In Piazza Matteotti, dove oggi incrocia il profilo del monumento all’Alta Velocità, c’era solo il lago. Con attracchi diretti per imbarcazioni di vario tipo. Barchette da lavoro perché il diporto vacanziero era poco in uso. Così, in quella dimensione fine Ottocento, qualcuno s’inventò di dar ristoro popolare agli avventori di turno. L’eroico fondatore di quello che poi si trasformerà in Hotel Barchetta rispondeva al nome di Adolfo Caccia. Lignaggio personale poco avvezzo all’ordine scolastico nel bagagliaio d’esperienza. Un fratello accomodato a Milano come Direttore delle Poste ed una sorella sposata, sempre nel capoluogo meneghino. Lui, più giovane, vissuto con una nonna dal tratto un po’ sopra le righe, confuse i suoi sogni come garzone del barbiere e poi ciclista vincitore coraggioso e senza macchia della Milano – Verona.  Sogni dicevamo dal cui senso onirico si concretizzo la pragmatica voglia di condurre un’osteria. Che lui aprì d’impulso chiamandola Barchetta. Metodo applicato: il farsi su le maniche anteguerra, con la fantasia che apriva al nuovo secolo. Quando il Barchetta nasceva e cresceva. Prima con il ristorante attraverso l’adeguamento gastronomico eccellente del pesce di lago. Con i primi carpioni. Sofisticati viaggiatori subacquei dal gusto insuperabile, reperiti in alto lago dagli esperti in materia di reti ed esche. Ed ancora con il piacere di far da mangiare della moglie Teresa Blondelli. Paziente regolatrice di fornelli capace di ricette ancora in campo nei convivi di discendenza familiare. Torta di mele, vitello tonnato e creme caramel il must da tramandare nei secoli dei secoli. Intanto il tempo passava. Il treno ringhiava robusto sfiorando l’ingresso di quello che poi era diventato anche alloggio. Ma ancora per poco. Dal momento che la grande stazione vista lago, la “maratona” della memoria orale collettiva, stava prendendo spazio e vigore da era industriale. Così il lago si allontanò in favore di quella terrazza che ancora campeggia in posizione dominante sulla piazza. La fama che avoca a se la fame altrui, iniziava a traghettare  poi verso lidi d’oltralpe. In mezzo ci stavano le guerre. L’occupazione, i tedeschi e tutto il ben di Dio di cui il maligno si faceva beffe. Ma anche i conflitti passavano. Mentre regina incontrastata di quel che Adolfo aveva creato diventò Marianna. Figlia unica sua malgrado a causa della tragica perdita di un fratello. Annegato a 7 anni per l’aggressiva intemperia di un lago stavolta cattivo. A lei che aveva studiato pittura, pianoforte, tedesco, francese e belle maniere dalle Orsoline, il compito automatico di collaborare con il padre. Creando una formidabile, rigorosa, autoritaria, ma creativa coppia d’impresa. Marianna Caccia rappresentò l’idea di un management in rosa quasi surreale per l’epoca. Senza alcun vezzo, ma con un tale carisma da renderlo inerte a qualsiasi considerazione sciovinista. Qui i fasti divennero autorevoli. All’hotel Barchetta si andava a mangiare volentieri. Ospiti storicamente famosi furono i piloti del Reparto Alta Velocità. Quelli che si allenavano all’idroscalo che ancora incombe sul territorio locale, rendendo possibile il record di velocità realizzato da Francesco Agello su idrovolante. Primato tuttora imbattuto con quella tipologia di motorizzazione. I funamboli dell’aria al Barchetta spiccarono altri voli. Leggiadri intermezzi organizzati in feste da ballo e cene sapientemente allestite da Adolfo e Marianna Caccia.  Albergo a parte era sempre il ristorante, fino agli anni Sessanta e Settanta, a recitare un ruolo di primo piano al Barchetta. Comitive turistiche organizzate, italiane ed estere, mettevano le gambe sotto i tavoli apparecchiati, in sala o all’aperto, riparati dalla mitica terrazza. Prezzi modici per grandi numeri. In una sorta di fast food d’epoca che prevedeva in ogni caso il posto a sedere. Altri tempi. Continuati agli inizi degli anni Sessanta dalla famiglia Chincarini, quando i Caccia affittarono la licenza per sovrintendere la nuova struttura di prima categoria Hotel Miralago. Il sogno di Adolfo, che nel frattempo aveva girato in lungo e in largo l’Italia, accompagnato talvolta da Marianna o dalle nipoti Rosita, Giuliana, Franca e Mariangela, per conoscere sempre più a fondo l’arte dell’ospitalità. Poco prima dell’inaugurazione del Miralago, première categorie, cinque stelle attuali, Adolfo, suo malgrado, venne meno per raggiunti limiti d’età. Oggi lo strombazzante impeto verso il rilancio dell’ospitalità e del turismo vede i fasti del Barchetta quasi sconosciuti alla massa. Struttura trasformata in attività commerciali e residenze, dove si può leggere il ricordo intitolato a “Galleria Barchetta”, ha perso il fascino accogliente e creativo di attività dinamica e propositiva. Il grande volo ha consumato tutta l’aria. E dell’Alta Velocità, che ne apprezzò la disponibile ospitalità, è rimasta la fredda aura monumentale piazzata proprio lì davanti. Dove in un tempo lontano una semplice Barchetta attraccata alla vecchia banchina, ispirò l’avventura di un simpatico, sportivo, ribelle garzone di barbiere. Arguto pioniere dell’anima turistica internazionale di questo fortunato pezzetto di lago.

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