HAKON AUSTBO
LE IMPOSSIBILI COMUNIONI
Dipende. Giornale del Garda raggiunge il pianista norvegese Hakon Austbo, tra i maggiori interpeti viventi di Olivier Messiaen e di Skriabin.
Austbo, ha studiato a Parigi, New York, Monaco, Londra, Bratislava. Da noi è nome quasi sconosciuto. Ma a lui l’Italia non interessa molto, tanto suona ugualmente 300 sere all’anno in giro per il mondo: Europa, Giappone, Nord America, soprattutto. Incide per la Naxos, Simax, Brilliant, Harmonia Mundi, Rca. Artista che ama le sfide impossibili: capire a fondo e tradurre le utopie sonore di Skriabin (autore di cui ancora oggi attendiamo una minima analisi in sede critica); entrare in totale comunione con la Natura, come esigono i minuti quadri lirici di Grieg; ritrarre le visioni mistiche cattoliche di Messiaen. Sono alcuni autori con i quali si cimenta, che non offrono vie di scampo: Austbo ne esce comunque a testa alta. Grande chiarezza, uso illuminante e leggerissimo del pedale di risonanza (riesce a rendere lieve perfino la salita verso il sole di Scriabin): gli armonici del pianoforte di Austbo scintillano en plein air, taglienti, inquieti, frizzanti. Nulla di mellifluo, sdolcinato, ma una rete di relazioni che inquietano, in Scriabin: Il “Presto” della Sonata n. 1 giunge ad un fortissimo che è come un’onda che s’infrange sulla roccia; il primo trillo della Sonata “White Mass” si spegne nel nulla. Una pulizia abbagliante, ovunque: le complicatissime trame sonore scriabiniane sono dipanate con sicurezza stupefacente; in Grieg (Halling Op. 38, n. 4 o la celeberrima Troldtog, per fare solo due titoli) ritrovano linee e forme smaglianti. Il Grieg che esce dalle dita del pianista norvegese è il viandante di Friedrich che contempla l’Infinito: i pianissimo (I Hjemmet Op. 43, n. 3) sono davvero sussurrati. La Natura è osservata nel suo sorgere aurorale con venerazione, col timore di far sempre troppo rumore. L’Elegia Op. 38, n. 6 o Tungsind Op. 65, n. 3 sembrano venarsi di sconsolato pessimismo, nascondere tratti di tessuto in dissoluzione, interni rantoli di solitudine: ma Grieg non era un musicista leggero? Ne conversiamo con l’interprete. Lei, musicista giramondo, ha scoperto se esiste un legame tra musica e geografia? In altri termini, il suo pianismo è stato condizionato dai colori e dai paesaggi norvegesi in cui è nato? Esistono sicuramente aspetti del mio modo di suonare che potrei definire prettamente norvegesi. Ma quest’affermazione non va presa come un assoluto: un altro pianista norvegese, per esempio, suonerebbe la musica di Grieg in modo molto diverso dal mio. Io amo la natura e condivido questo amore sia con Grieg che con Messiaen – ma anche con Beethoven, per inciso; l’esperienza di “natura” che ognuno fa, si riflette nel proprio personale modo di suonare. Un altro aspetto importante della mia vita musicale è sicuramente il ritmo. La tradizione della musica popolare in Norvegia, al riguardo, è molto ricca e questo ha indubbiamente lasciato delle impronte nella mia idea di ritmo. Non va dimenticato che ho sempre viaggiato molto e quindi ho potuto fare esperienza di altre concezioni ritmiche: balcaniche, spagnole, americane, indiane, per menzionarne alcune.
Lei ha inciso, con enorme poesia, Scriabin e Messiaen: ha scoperto punti di contatto, fra i sogni religiosi del maestro russo e gli sguardi cattolici dell’organista francese? Sì; una volta ho tenuto un incontro a Mosca proprio su questo tema. Vorrei citare sinteticamente da questa conferenza: l’esotismo e il panteismo sono entrambi aspetti della stessa necessità di trascendere quotidianamente la realtà. Sia Scriabin che Messiaen vogliono trasportare l’ascoltatore in un altro mondo; un mondo visionario, un mondo di estasi. E in Grieg, come è riuscito a disegnare una musica “da salotto” che sapesse anche essere davvero romantica, cioè aperta sull’Infinito? Questo è davvero un problema difficile! Grieg evita la banalità attraverso una candida freschezza. si tratta di un sentimento di immensa felicità, di un’euforia che convive con un’esperienza mistica, che solo la natura riesce a darti. Questo è il sentimento che sento di condividere con Grieg.
Di: Enrico Raggi
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