CINEMA, UN POSSIBILE STRUMENTO DI FORMAZIONE
“Il cinema ha una capacità di fascinazione particolare, e se è vero che in ogni relazione formativa ed educativa è sempre presente una componente seduttiva, e che tale componente, accanto certamente a molte altre, è verosimilmente necessaria perché tale relazione risulti significativa ed efficace, ben si comprende come l’impiego del film nel lavoro didattico di formazione può costituire un’opportunità da non perdere”.
Così scrive Alberto Agosti, insegnante di Educazione degli Adulti e di Didattca generale presso la Facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Verona, introducendo il volume, di cui è curatore, “Il cinema per la formazione”, appena uscito per la casa editrice Franco Angeli di Milano. Il libro propone dunque una riflessione su un possibile impiego, in ambito educativo, del cinema, con particolare riferimento a quelle pellicole d’autore che, in quanto tali, possono contribuire alla formazione, sempre in divenire, dell’uomo. E proprio alla “formazione dell’uomo” in rapporto al cinema è dedicata l’intera prima parte del testo, con una riflessione sul “Mestiere di critico per la cultura cinematografica” di Roberto Escobar, sul “Cinema immaginale” di Tarkovskij, a firma di Paolo Mottana, e sulla “polisemia del linguaggio cinematografico”, argomento affrontato da Pierluigi Malavasi. Questi fa osservare che “l’utilizzo di sequenze filmiche, nel quadro di appropriati interventi educativi, non ha da contraddistinguersi come una scelta di carattere snobistico ed esclusivo; può rivestire, anzi, un significato diametralmente opposto, rispondendo allo scopo di accostare un contesto d’esperienza che nella cultura ambiente è sinonimo di divertimento ed evasione: il cinema, alla riflessione sui valori formativi che ispirano l’azione e l’apprezzamento del mondo, riflessione “alta” e certo non estranea alla dimensione teoretica della pedagogia”. Nella seconda parte del testo, invece, ci si riferisce al cinema in relazione all’educazione estetica. Due i contributi che muovono in tal senso, entrambi scritti da Mario Guidorizzi, che analizza dapprima il celebre film “Fronte del porto” di Elia Kazaan, e a seguire il cinema di Franco Piavoli, uno dei registi italiani più apprezzati dalla critica e dal pubblico. Molto impegnativo, ma altrettanto stimolante, è il capitolo seguente, ove si parla di tecnologia della formazione e di didattica attraverso il cinema. In apertura c’è un interessante contributo di Fulvio Carmagnola sulla “Teoria e tecnica del blob”. “Essenzialmente – spiega Carmagnola – il blob è basato sulla costruzione di un reticolo di analogie, nonché di associazioni forzate…”. Il nome, ricorda lo studioso, deriva da un celebre film della fine degli anni Cinquanta, “The Blob”, ma che è pure il titolo di un programma televisivo di Enrico Grezzi in onda sulla Rai. A seguire Alberto Agosti si sofferma sulle “immagini di sieropositività e di Aids conclamata nel cinema”; uno scritto ricco non solo di considerazioni pedagogiche, ma anche di interrogativi, come quello, tutt’altro che scontato, che ci domanda se sia o meno possibile ridere “utilmente” (e questa è la sottolineatura che più ci interessa) sulla sieropositività. Lo stesso Agosti è autore, con Luigina Mortari, della “lettura integrata del film La parola ai giurati”, una lettura “con più sguardi”, come recita la parte iniziale del titolo del saggio, che ha coinvolto un gruppo di studenti universitari. La quarta e ultima parte affronta il discorso cinematografico in relazione all’educazione alla società. Simone Fappanni propone una riflessione di taglio pedagogico a partire dal film “Prendimi l’anima” di Roberto Faenza, mentre Marina Barioglio evidenzia le “immagini della de-formazione contemporanea” nel film “Così vicino, così lontano” di Win Wenders.
Alberto Agosti (a cura di), “Il cinema per la formazione”,
Franco Angeli, Milano 2004, pp. 185, Euro 14,50
Commenti