Il Vittoriale, le donne, il cibo L’ARTE DELLA SEDUZIONE IN GABRIELE D’ANNUNZIO

| 30 settembre 2009
libro d'annunzio

È davvero molto arduo riuscire a riassumere la vita e l’attività letteraria di Gabriele d’Annunzio. Una figura poliedrica, dotata di un’intelligenza a tutto campo, che è riuscita a sedurre intere generazioni. Avventure, battaglie e liaisons dangereuses celeberrime sono componenti di una vita, la sua, vissuta fra romanzi di successo ed epica. Il fatto che le sue opere oggi non siano più al centro dell’attenzione, non diminuisce il valore letterario di scritti che sono parte di un canone consolidato. D’Annunzio è comunque riuscito a rendere la sua fama inestinguibile. Per oltre cinquant’anni fu, con i suoi personaggi, oggetto di imitazione, suscitando sentimenti sia di adorazione che di insofferenza. Sentimenti contraddittori, che ancora oggi esercitano la loro opera di seduzione nei confronti degli stessi studiosi. Ogni particolare della sua straordinaria esistenza è indubbiamente noto. Oggi sono numerosissime le biografie che ne ripercorrono l’avventurosa parabola rendendo vano ogni tentativo di scovare pagine nascoste. Paola Sorge, autrice de L’arte della seduzione in Gabriele d’Annunzio (Casa Editrice Rocco Carabba, 2009, € 18,00), utilizzando una formula originale e coinvolgente – un pò “gossipara”, diciamo noi – analizza le celebri tecniche di seduzione di cui il Vate si avvaleva per conquistare le innumerevoli donne che allietarono le sue notti sino in tarda età. Con una serie di domande apparentemente semplici e frivole focalizza il personaggio d’Annunzio, la nascita del suo mito di amante insaziabile. «Faceva uso di cocaina è vero, dice l’autrice, ma non certo del Viagra». E poi l’estrema eleganza, la vastissima cultura, l’eloquio conturbante. Le montagne di fiori, i bonbons esotici, doni e gioielli personalizzati. E poi il tempo, interminabile, che dedicava all’amata; preziosi dardi con i quali vinceva le sue epiche battaglie amorose. Pur trattandosi di un libro che presuppone una conoscenza non superficiale del personaggio d’Annunzio, non impedisce di godere dell’intelligente ironia che conferisce al libro i tratti di un raffinato divertissement. Ma com’è possibile che un tipo bruttino e non ricco abbia avuto tanto successo in amore? È vero che avesse tanti debiti, tanto coraggio in guerra? E che dire dell’incredibile quantità di scarpe? Attraverso un’intervista impossibile ad un interlocutore immaginario, Paola Sorge riesce a delineare un profilo molto curioso del Vate, che fece del lusso il suo stile di vita. L’uomo per il quale gli «industriali emergenti del nostro paese erano disposti a pagare qualsiasi somma pur di avere un attestato di lode da parte del più raffinato, elegante, celebre maître à penser dell’epoca». D’Annunzio possedeva la rara capacità di trasfigurare ogni singolo oggetto, anche il più semplice e quotidiano. Comuni biscotti potevano diventare gallette inimitabili, liquori e medicinali potevano acquisire virtù ricercatissime. E poi la seduzione del Vittoriale e la singolare aura che vi aleggia. Come mai il Vittoriale attira ancora tanti visitatori? Dove trovava i soldi per costruire la sua reggia da mille e una notte? Tamara de Lempicka non era andata al Vittoriale per fare un ritratto al Vate? E poi ancora Luisa Baccara, la Mata Hari del ventennio: se d’Annunzio sapeva fosse una spia, perché non la mandò via? Perché scelse una domestica come confidente? Domande che, formulate da una prospettiva non proprio solita, svelano ancora qualche segreto sul poeta, sul guerriero e sull’uomo d’Annunzio. Ma che ruolo aveva il cibo nei suoi giochi amorosi? Era anoressico o buongustaio? Trascurava i piaceri della tavola o era un raffinato gourmet? Pensare a d’Annunzio oggi significa pensare ad un eroe contemporaneo, ad un esteta colto e sofisticato. La sua ricercata personalità è, ai nostri giorni, ancora sinonimo di raffinatezza.

Di: Davide Marchi

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