GERARDO CHIMINI

| 1 novembre 2001
gerardochimini1

Lo hanno definito “il Bruno Canino di Brescia”, che non è poco per chi conosce la musicalità di Canino. Per gli altri, significa: essere un pianista da dieci e lode, saper suonare di tutto, una fantastica lettura a prima vista, istinto nato per far musica insieme ad altri, orecchio assoluto, saper dirigere un coro, concertare, suonare 100 sere all’anno (a dire il vero, Canino suona 300 sere, e spesso studia in aereo. Molte volte non studia), ed altro ancora. Quando ho chiesto ad Angela Citterio – per inciso: la migliore flautista bresciana, con Marco Zoni – se era disposta a suonare un duo di Schubert ad un concerto, mi ha avvisato: “ci sto, ma solo se c’è Chimini al pianoforte”. La stessa risposta l’ho avuta da molti cantanti. Chimini è una sicurezza: manca un pianista all’ultimo minuto?: Chimini può salvare la situazione. Ci vuole un suonatore di celesta? Telefonate a Chimini. L’organista è caduto dalle scalette a chiocciola? Contattare Chimini. E’ un camerista coi fiocchi, un virtuoso di razza (il suo cd lisztiano della Fonè non presenta trucchi di sorta, è fiotto sonoro e poesia incandescente, come Liszt voleva), un musicista a 360 gradi. I ricordi personali sono moltissimi: in un recital l’ho sentito accompagnare la cantante Laura Crescini, nella “Morte di Isotta” di Wagner, non con la solita piatta versione edita da Ricordi, ma con la trascrizione di Franz Liszt, pagina destinata ad un concerto di pianoforte solo, già abbagliante e temeraria da sola, figurarsi cosa accade quando c’è anche la cantante! Chimini e Crescini suonavano a memoria, con trasporto totale, sprofondati in un vortice di amore e morte, decadenza allo stato puro: uno spettacolo impressionante. Altrove l’ho sentito variare al momento (arricchire) le riduzioni per canto e pianoforte in recital vocali (le note stampate erano solo tracce per il concerto: chi può permetterselo, oggi?). Ricordo anche due rarissime sonate di Ferdinando Bertoni, ricamate da Chimini all’auditorium di Desenzano: meraviglie fatte di porcellana e di leggerezza, cucite con precisione ritmica infallibile, colorate di gusto timbrico squisito che rendeva il pianoforte strumento sempre diverso, ora fortepiano, ora clavicordo. A Brescia sta cominciando a riscuotere la fortuna che merita, ora che non ha più una giovanissima età. Ma lui non ha fretta, studia, suona, approfondisce. “E’ un pozzo senza fondo, la musica”, racconta. “Ogni volta scopri cose nuove, in pagine che credevi di conoscere a fondo”. Insegnante al Conservatorio di Brescia, ma furbescamente insegna Pianoforte complementare, quello che sono obbligati a studiare violinisti e strumentisti vari. Così si è tolto da tutte le gelosie e le beghe dei primattori che insegnano pianoforte principale. (Alcuni docenti di pianoforte ormai da decenni non suonano più dal vivo: il fatto è molto interessante, considerando che il Conservatorio dovrebbe sfornare proprio concertisti. Si mormora, a proposito di un insegnante di chitarra bresciano, che in gioventù abbia perfino suonato in pubblico. La notizia è però da verificare su fonti d’epoca. Su Brescia ci dice: “A Brescia hanno costruito l’unico Auditorium in marmo al mondo”. Altre chicche? “Giovani di nemmeno 30 anni, che tengono corsi di perfezionamento: ma se inizi a capire qualcosa dopo i 40!?”. Difetti di Chimini? Ai concerti non è gigione, poco plateale, poco gestuale (è l’insegnamento del suo Maestro Bruno Mezzena, a sua volta da Arturo Benedetti Michelangeli): ma il pubblico vuole anche le mani che cascano dall’alto. Non è capace (non vuole?) di favori ai suoi allievi. Ditemi voi: conviene studiare con un bravissimo che non ti sa (può) aiutare, o con un mediocre che ti fa esibire, che ti dà gli agganci giusti? Di altro non posso parlare, perché la mia voce è di parte. Sono stato un suo indegno allievo. Però è riuscito a far suonare perfino me. Il che significa che didatticamente è molto in gamba. Piero Rattalino, per non far nomi, l’insegnante di pianoforte forse più rinomato (e pagato?) d’Italia, racconta tutto, a voce, sull’interpretazione, su Horowitz e Cortot, ma non fa sentire quasi nulla dal vivo. Scegliete voi. E’ l’ora della lacrima. I più bei ricordi della mia vita musicale sono legati a Chimini. Ho avuto l’onore di fare il girapagine con il Trio di Brescia, alla sinistra di Chimini: non sono mai più entrato così dentro nella musica (il Trio di Brescia, poi, creava un vero campo magnetico. Il grande Mauro Ranieri, mai abbastanza compianto…), non l’ho più toccata così da vicino. Mi sembrava d’essere al cospetto di Brahms e Beethoven in persona, stupito e tremante, quasi instupidito. Gli studi musicologici hanno poi confermato tutto quello che avevo sentito dal vivo. Quei concerti mi hanno aperto porte di conoscenza, fatto intuire quale abisso sia lo studio della musica, quale voragine di bellezza e di assoluto. Le cene del dopo-concerto erano da scompisciarsi, con barzellette sporche (moltissime) e belle ragazze (poche). Alcune delle mie più forti emozioni di ascoltatore le devo a Chimini. Stop.
Ne è uscito più un profilo, che un’intervista.
Ma non avevo voglia di sbobinare. A presto.

Di: Enrico Raggi

Tags: ,

Commenti

×