Nella giornata mondiale per l’acqua Dipende propone “Rabdomanzia: leggenda popolare o metodo attendibile?”

| 1 luglio 2010

Dipende ha accompagnato il desenzanese Egidio Ramanzini alla ricerca di una vena d’acqua per capire i segreti dell’antica tecnica. (guarda il video)

POZZOLENGO (Bs): ALLA RICERCA DELL’ACQUA, IL BENE PIU’ PREZIOSO

Rabdomanzia è un termine che spesso evoca un passato quasi fantastico di tradizioni dimenticate e di rimedi magici. Secondo la nostra visione disincantata delle cose, nell’indice dei metodi euristici di analisi dell’universo si trova probabilmente agli ultimi posti, appena prima di “chiromanzia” e “lettura dei fondi di caffè”, e in effetti fondamentalmente scettica era anche la mia predisposizione mentale al riguardo, almeno fino a qualche giorno fa, prima di vedere un vero “ricercatore d’acqua” all’opera. Egidio Ramanzini, desenzanese d’origine, pratica la rabdomanzia da una vita, tanto che ammontano a circa 4000 i pozzi che é riuscito a far costruire grazie alla sua tecnica (che pratica per passione a titolo gratuito n.d.r.). Ha raccontato la sua esperienza a Dipende, che l’ha seguito alla ricerca di una vena d’acqua sotterranea tra i campi di Pozzolengo, e sono state le sue parole, di un fisico più che di un santone, di un tecnico più che di un alchimista, a fare luce su questa pratica antica come il mondo.
“Tutti possono essere rabdomanti” spiega sorridendo Egidio, poco prima di partire con l’attrezzo del mestiere, unabacchetta di olmo con due estremità che formano un angolo di 90 gradi verso il centro, zig-zagando tra i terreni con paziente sicurezza. Poi, dopo aver trovato il punto desiderato, in una ventina di minuti di ricerca, ci parla del principio su cui si basa la rabdomanzia, e capiamo la sua prima affermazione: ci spiega con semplicità che “le nostre mani hanno due polarità opposte, e tenendo la bacchetta tra di esse si chiude un campo elettromagnetico”. Quando tale campo, di entità ridotta, viene a trovarsi nell’area di un campo magnetico più forte, come quello che si crea col movimento sotterraneo dell’acqua, chiaramente la punta della bacchetta viene attratta verso questa forza maggiore: essa viene sollecitata come l’albero di un motore elettrico. Sembra, in effetti, una questione puramente fisica, tant’è vero che Egidio definisce il metodo della bacchetta “quasi un mezzo meccanico”,rispetto alla radioestesia, la pratica, che poi ci illustra, di utilizzare il pendolo per determinare profondità e qualità dell’acqua trovata: essa infatti, seppur interessante, è una tecnica che si basa sulle sensazioni individuali, e che quindi ha un margine di errore molto più elevato della bacchetta. La lucidità di Egidio si scontra con il parere della scienza ufficiale, che ancora non considera la rabdomanzia un metodo rigoroso, seppure l’esperienza sembri contraddire la norma.
“La scienza deve studiare quello che non sa, e non convalidare quello che sa’ già” risponde Egidio con una risata a questa posizione, e ci saluta lasciandoci a riflettere sul fatto che forse la sensibilità umana e animale in genere è più forte di quello che non si pensi, e che forse il pozzo che sorgerà a Pozzolengo potrà essere, almeno per noi, un momento di tale sensibilità.

RABDOMANZIA:
Tecnica empirica mediante la quale sarebbe possibile scoprire sorgenti d’acqua o giacimenti minerari interpretando le vibrazioni di una bacchetta biforcuta tenuta con le mani

Di: Lucrezia Visconti Calabrò

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