Opinione: A PROPOSITO DI COSTITUZIONE

| 2 marzo 2009
Esterino Caleffi

Nel nostro Paese si parla spesso di riforma della Costituzione della Repubblica.

Il tema è divenuto ancor più di attualità in queste settimane, per un avvenimento che ha molto colpito la sensibilità popolare ed ha visto protagonisti Organi di primaria rilevanza costituzionale.
Se a questo mondo tutto è perfettibile, come si suole dire, lo può essere anche la nostra Costituzione repubblicana, che è assai limpida nei Principi Fondamentali e nella Parte Prima – Diritti e Doveri dei Cittadini, al punto da potersi dire sacrale e, quindi, immutabile, tant’è che qualcuno ha detto trattarsi di un vero e proprio “Vangelo laico”. La Parte Seconda, relativa all’Ordinamento della Repubblica, riguardante, soprattutto i principali Organi costituzionali, abbisogna di revisione per renderla maggiormente rispondente ad un mondo entrato nel terzo millennio. Dico questo, non soltanto perché l’Ordinamento debba mutare per il solo fatto che già corrono gli anni 2000. In sé ciò può anche non significare molto. Ma il confronto tra la odierna società, definita, ormai, “post – industriale” e quella di oltre sessanta anni or sono, definita società “contadina”, non può revocarsi in dubbio che faccia emergere due mondi talmente distanti da porre il problema, ad esempio, di un diverso modo di “formazione delle leggi”. Il che porta come conseguenza la necessità di assegnare almeno funzioni diversificate alle due Camere che compongono il Parlamento, uscendo dal bicameralismo perfetto che obbliga a trattare le stesse identiche materie e con tempi, per la produzione legislativa, più consoni al secolo passato che non a quello in corso.

Oggi, la vischiosità del nostro sistema legislativo può arrecare danno alla Comunità nazionale, in quanto causa di risposte non tempestive ai problemi che in una società multietnica insorgono con estrema rapidità ed in modo assai più consistente che in una società tutto sommato statica, come si aveva ai tempi in cui la Costituzione è stata emanata e per qualche decennio successivo.
Va, altresì, ristudiato il rapporto tra gli Organi costituzionali, pure restando all’interno della Repubblica parlamentare. Poiché, è vero che i cosiddetti “contrappesi” posti dalla vigente Carta costituzionale, affinché nessun Organo costituzionale prevarichi su altri, è un bene da salvaguardare come garanzia di corretto funzionamento di tutti ed ancor più come sicurezza per la democrazia, ma è altresì vero che è necessario assicurare, al tempo stesso, la concreta e solerte realizzazione del programma di legislatura e che ha ottenuto il maggiore consenso popolare. Non fosse altro che per porre in evidenza meriti e responsabilità di maggioranza ed opposizione sui quali sarà chiamato a pronunciarsi il corpo elettorale, al termine di ogni legislatura. Per questo delicato tema si prenda, come esempio, l’emanazione dei decreti legge, che si possono definire strumenti di accelerazione dell’azione dell’Esecutivo e dei quali, sia detto per inciso, vi sarà minor bisogno quando sarà stata resa più snella l’azione del Parlamento. A mio modesto avviso, si potrebbe statuire che nel caso in cui il Presidente della Repubblica dovesse ritenere che una disposizione di un decreto legge oppure l’intero testo del medesimo presenti profili di incostituzionalità debba evidenziarli al Governo con rinvio del testo per il riesame. Qualora, il Governo dovesse ritenere di insistere, il Presidente della Repubblica dovrebbe emanare il decreto legge che, come dice il vigente articolo 77 della Costituzione, “il Governo emana sotto la sua responsabilità”. In sostanza, si verificherebbe ciò che già ora avviene con il rinvio da parte del Presidente della Repubblica per la legge ordinaria, quando ritiene che presenti aspetti di incostituzionalità, legge che se riapprovata dal Parlamento deve essere, comunque, promulgata. Il decreto legge, come è noto, deve essere trasmesso immediatamente al Parlamento per la conversione in legge ed in questa sede vi sarà modo di esaminare pure i rilievi evidenziati sul testo dal Presidente della Repubblica. Qualora, nonostante ciò, il decreto legge venisse convertito in legge, anche quest’ultima potrà essere rinviata al Parlamento per il riesame, così come può accadere per ogni altra legge ordinaria e se approvata in via definitiva dal Parlamento rimarrà pur sempre la possibilità, da tradurre nel caso in obbligo costituzionale, di sottoporre il testo all’esame della Corte costituzionale, con determinazione di un tempo breve per la decisione. La procedura ipotizzata porterebbe alla assunzione di totale responsabilità del Governo per il decreto legge sul quale fossero stati manifestati rilievi di incostituzionalità, nonché la salvaguardia delle prerogative di garante della Costituzione del Presidente della Repubblica, senza potersi dire di interferenze nell’azione del Governo ed, infine, la tranquillizzante pronuncia del supremo giudice delle leggi e degli atti aventi forza di legge.
Ora, per quanto attiene alla procedura di revisione della parte seconda della Costituzione, ritengo che la stessa non vada portata avanti con ripetuti ritocchi operati dalla sola maggioranza politica di ogni legislatura.
Infatti, la modifica risulterà armonica e, dunque, bene strutturata soltanto se sarà avvenuta sull’intero testo che si sia ritenuto di dovere riesaminare e se sarà stata condivisa da una larga maggioranza parlamentare. Del resto, le modifiche apportate o tentate dal 2000 in poi ne sono una riprova. La ancora recente e molto parziale modifica alla Costituzione, entrata in vigore nell’anno 2001, venne approvata dalla sola maggioranza di centro sinistra, mentre la successiva, che riguardava una parte rilevante del nostro assetto costituzionale, approvata dalla sola maggioranza di centro destra, non ha ottenuto il successivo consenso popolare, poiché è stata cancellata in sede referendaria. Dopo di che sembrò acquisita alla comune volontà delle forze politiche l’idea di provvedere alla riforma con il contributo generale delle stesse, sulla base di una o di più proposte da ridurre ad unità, attraverso una approfondita discussione parlamentare, al fine di varare un testo condiviso non dalla maggioranza politica che sostiene il Governo in carica, bensì da una vasta maggioranza parlamentare. Un disegno che se si volesse per davvero perseguire dovrebbe avere avvio sin dall’inizio della legislatura, in quanto più ci si avvicinerà al suo termine e più risulterà difficile tradurlo in pratica, poiché, pur essendo la litigiosità tra i nostri rappresentanti in Parlamento non compresa e non voluta dalla gente, si sa per certo che la vicinanza al termine della legislatura acuisce i contrasti, porta ad un innalzamento dei toni e conseguentemente crea un clima opposto a quello che serve per varare una seria e meditata riforma costituzionale. Non sarà che il testo modificato avrà risposte certe per ogni problema, proprio perché, come ho già detto in apertura, tutto è perfettibile, ma facendo tesoro di quanto di positivo e anche di negativo è avvenuto nei decenni di vigenza della Carta, si potrà, insisto, con il contributo di tutte le forze politiche, addivenire ad un testo capace di soddisfare meglio le esigenze della società italiana e così senza più dover chiedere a quello vigente risposte che, forse, per alcuni temi ha difficoltà a dare, proprio per l’obiettiva necessità di adeguamento. Per altro, il lavoro già svolto in materia nelle trascorse legislature fa sì che non si debba partire da zero, ma, al contrario, può costituire la base per giungere ad un approdo più che soddisfacente, avendo per questo scopo come stella polare null’altro che l’interesse generale della Comunità nazionale. Tutto ciò presuppone la messa al bando, una volta per tutte, di eventuali interessi di parte od ancora peggio individuali che non devono in alcun modo accompagnarsi alla riforma se si vuole sinceramente che questa vada in porto nel miglior modo possibile.

Esterino Caleffi
è nato in provincia di Mantova e risiede in Desenzano d/G da oltre trent’anni. E’ laureato in economia e commercio ed in giurisprudenza; ha svolto la carriera di segretario generale di Comuni e Province, tra questi: Caorle (VE), Desenzano d/G, le Amministrazioni provinciali di Mantova e Vicenza e da ultimo del Comune di Brescia. Ha pubblicato saggi ed articoli su temi riguardanti il diritto degli enti locali, attività che continua tuttora; è stato docente in corsi di perfezionamento per segretari comunali e provinciali, indetti dal Ministero dell’Interno ed in convegni di studio per la formazione di amministratori e dipendenti delle amministrazioni locali.E’ stato insignito, su proposta del Ministero dell’Interno, con Decreto del Presidente Della Repubblica, del titolo onorifico di Commendatore al merito della Repubblica Italiana. Attualmente svolge le funzioni di difensore civico del Comune di Desenzano del Garda e dell’Unione Comuni della Valtenesi, con sede in Manerba del Garda.

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