MUSA, Salò: DA GIOTTO A DE CHIRICO i tesori nascosti a cura di Vittorio Sgarbi

| 18 ottobre 2016
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Fino al 6 novembre 2016. 

“La caccia ai quadri non ha regole, non ha obiettivi, non ha approdi, è imprevedibile. Non si trova quello che si cerca, si cerca quello che si trova. Talvolta molto oltre il desiderio e le aspettative”. Così Vittorio Sgarbi descrive il mistero del collezionismo: “l’interesse per ciò che non c’è”. Da qui l’idea della grande mostra al MuSa di Salò: raccontare attraverso preziosi tesori “nascosti” lo svolgimento della storia dell’arte italiana, da Giotto, l’artista che ha rinnovato la pittura, così come Dante, suo contemporaneo, è ritenuto il “Padre” della lingua italiana, a Giorgio de Chirico che, affascinato dell’arte antica, fu il principale esponente della pittura metafisica, attraverso la quale tentò di svelare gli aspetti più misteriosi della realtà. La mostra così intesa viene dunque a porsi come naturale estensione della straordinaria esposizione “Il Tesoro d’Italia” svoltasi all’Esposizione Universale di Milano del 2015, nella quale si è documentato, dal Piemonte alla Sicilia, la varietà genetica di grandi capolavori concepiti da intelligenze, stati d’animo, emozioni che rimandano ai luoghi, alle terre, alle acque, ai venti che li hanno generati. L’Italia, del resto, è il luogo della felicità compiuta: di questo è stato pienamente consapevole, da Stendhal a Bernard Berenson, qualunque straniero abbia eletto il nostro paese a sua patria, nonpotendo immaginare un luogo di maggiore beatitudine sulla terra. La grandezza dell’arte italiana è infatti nel tessuto inestricabile, radicato in un territorio unico al mondo per cui le opere maggiori e i contesti minori si illuminano a vicenda. Da questo assunto Roberto Longhi iniziò la sua nuova lettura, senza gerarchie e primati, dell’arte emiliana, in quell’area da lui definita Padanìa, riconoscendo, nel 1934, i caratteri distintivi dell’Officina ferrarese, e dei Momenti della pittura bolognese. S’iniziò così a cancellare ogni pregiudizio sul prevalere dell’arte toscana, su cui si era costruita la storiografia a partire da Giorgio Vasari, e a riconoscere in ogni regione caratteristiche proprie e originali. L’idea dell’Italia nella sua unità geografica e politica si forma attraverso due motori unificanti: la lingua e lo stile italiano. L’italiano, il “volgare”, si definisce a partire dal XII secolo e si configura come lingua nella letteratura e nei testi dei poeti siciliani prima, nella civiltà letteraria generata alla corte di Federico II; con i poeti dello stilnovo, in Toscana, e infine con Dante, Petrarca e Boccaccio. Nel Rinascimento, sui testi degli ultimi due, si stabilisce quella lingua letteraria codificata da Pietro Bembo nelle Prose della volgar lingua del 1525. Per il veneto Bembo la poesia di Petrarca e la prosa di Boccaccio, entrambi toscani, sono i modelli per la scrittura di opere letterarie italiane. Nel 1520, cinque anni prima, era morto Raffaello e il Rinascimento aveva trovato il coronamento nella sua opera. Nel Cinquecento, dunque, si definisce un’idea dell’Italia oltre le divisioni territoriali e i dialetti locali, in una unità che vede protagonisti, con i primi grandi scrittori, gli artisti, da Giotto a Michelangelo, pittori e scultori che parlano italiano. E il Rinascimento delimita un’Italia unita prima del Risorgimento. Ma in questo processo ciò che unisce nella visione non cancella le differenze che si manifestano nelle diverse interpretazioni. E, dopo il lungo processo di unificazione, che vede il primato, come modello di riferimento, della lingua e dell’arte toscana, iniziano le ricerche che identificano i caratteri distinti delle diverse aree geografiche sul piano formale ed espressivo. Tali peculiarità “genetiche” delle diverse aree della “geografia artistica” italiana saranno verificabili anche in occasione di questa nuova grande mostra che nasce dal desiderio di illustrare attraverso una ragionata selezione di oltre cento opere, tra dipinti e sculture, il Tesoro d’Italia “nascosto e protetto” nelle più importanti raccolte private italiane. In un arco temporale di oltre sette secoli, dalla fine del Duecento all’inizio del Novecento, da Giotto a de Chirico, si darà conto dell’evoluzione degli stili, delle correnti, degli snodi e delle figure principali della gloriosa storia dell’arte della nostra nazione. La mostra offre al visitatore un avvincente percorso scandito dai “tesori nascosti” di alcuni dei principali esponenti delle diverse scuole pittoriche italiane – da quella lombarda a quella veneta, da quella emiliana a quella toscana, da quella umbra a quella marchigiana, da quella romana a quella napoletana – nonché un’ampia panoramica sui temi affrontati, da quello sacro alle raffigurazioni allegoriche e mitologiche, dal genere del ritratto a quelli del paesaggio e della natura morta.

MUSA, Salò Via Brunati, 9: Ingresso: biglietto unico che comprende la visita alla mostra “DA GIOTTO A DE CHIRICO i tesori nascosti” che espone oltre 160 capolavori della pittura italiana fino al 6 novembre, alla mostra “Il culto del Duce” e la visita guidata al MuSa. Non è possibile disgiungere i due percorsi. – Intero: 16.00 euro – Ridotto: 14.00 euro – Gruppi scolastici: 12 Euro.Gratuitoper bambini fino a 6 anni. ORARI: Settembre/ottobre 2016: 10.00/18.00 dal martedì al giovedì, 10.00/22.00 venerdì/sabato/domenica. chiuso lunedì. 10.00/18.00 www.museodisalo.it; info@museodisalo.it; Tel. 0365 20553

Dal Dipende di Autunno https://www.giornaledelgarda.info/giornali/160928-1749-233AUTUNNO2016doppiapagina.pdf

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