ISTRUZIONI PER L’USO PGT

| 1 settembre 2010
Esterino Caleffi

La conoscenza e la partecipazione nella formazione del Piano di Governo del Territorio (PGT)

Su molti periodici, in special modo locali, si è scritto in passato e si continua a scrivere nel presente sull’iter di formazione dei piani urbanistici generali, quelli, per intenderci, che riguardano il governo del territorio. Si tratta, per lo più, di interventi che hanno per oggetto le modalità di formazione dei predetti piani, poste in essere dalle amministrazioni comunali, per condividerle o per biasimarle, nel primo caso, in quanto sarebbero aderenti alle disposizioni legislative dettate in materia, nel secondo caso, e sono la maggior parte, in quanto tenderebbero ad una sostanziale elusione, soprattutto per ciò che attiene al tema della partecipazione.

In tempi di aspre polemiche verso le pubbliche amministrazioni in generale, come sono gli attuali, non è dato comprendere, almeno per molti interventi, se vi sia sincera volontà di fornire un apporto pur critico, ma costruttivo, nella formazione dei predetti piani oppure se gli stessi sottintendano unicamente la volontà di contrapporsi alla maggioranza politica che governa i singoli enti locali.
Ciò premesso, è volontà di chi scrive questa nota di dare conto, brevemente e nei limiti che si addicono ad una esposizione divulgativa, delle fasi di conoscenza e partecipazione così come sono delineate nel vigente diritto urbanistico regionale, che grande parte sta ormai avendo in materia di governo del territorio, nell’ambito della normativa – quadro nazionale. Non si può disconoscere che la legislazione regionale, pur a fronte di una accentuata logica autonomistica, attribuisce nel suo insieme notevole rilevanza alla fase conoscitiva, vale a dire quella che attiene alla assunzione degli elementi che caratterizzano lo stato di fatto del territorio sul quale andrà a calarsi il piano urbanistico generale.
Pertanto, non più dati teorici per uno strumento urbanistico teorico, bensì accurata acquisizione di tutto ciò che attiene al territorio ed alla sua popolazione, relativamente, ad esempio: all’andamento demografico, ivi compresi i flussi migratori, all’ economia nelle sue diverse articolazioni : artigianato, commercio, industria, turismo, alla consistenza del patrimonio edilizio pubblico e privato, per disporre di un quadro ben consapevole della realtà presente, da modellare con efficacia per ottenere il risultato che si intenderà perseguire nell’arco temporale di validità del piano, al fine di corrispondere al concetto di sviluppo sostenibile, vale a dire quello “che consente di soddisfare i bisogni dell’attuale generazione senza compromettere le possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”, conosciuto come Rapporto Brundtland (Rivista “Amministrare” n.3/2008, pag. 323, ed. Il Mulino)
La conoscenza di tutti gli elementi che caratterizzano il territorio è divenuto ancora più necessario a seguito della introduzione nell’ordinamento della valutazione ambientale strategica (V.A.S.), con il decreto legislativo 3 aprile2006, n.152, per la quale si intende: “l’elaborazione di un rapporto concernente l’impatto sull’ambiente conseguente all’attuazione di un determinato piano o programma da adottarsi o approvarsi, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del rapporto ambientale e dei risultati delle consultazioni nell’iter decisionale di approvazione di un piano o programma e la messa a disposizione delle informazioni sulla decisione” (così nel dizionario dei termini giuridici di Angelo Favata, Casa editrice La Tribuna, 28° edizione, aggiornata da Francesco Bartolini). Valutazione ambientale strategica che le Regioni considerano una fase della pianificazione e che, secondo recente giurisprudenza, deve affidarsi all’esterno dell’amministrazione preposta alla redazione del piano di governo del territorio, per preservarla da qualsiasi condizionamento che dall’interno dell’ente fosse volto a mitigare “l’impatto sull’ambiente conseguente all’attuazione” del piano stesso.

La fase conoscitiva nell’iter formativo del piano di governo del territorio, nonché l’inserimento in esso della V.A.S. sono ugualmente elementi di forte connotazione della procedura per quanto attiene al secondo dei due aspetti che vengono qui considerati:la partecipazione operosa, e come tale efficace, dei cittadini singoli o riuniti in associazioni.

La partecipazione non è più intesa soltanto come presentazione di osservazioni ad un piano già formato, come poteva avvenire in passato, bensì, principalmente, come contributo che può assumere aspetti rilevanti durante le fasi preliminari di formazione del piano potendo contribuire, almeno in qualche misura, a determinarne i contenuti. In questa direzione si muove, infatti, la Regione Lombardia, quando prevede di dare avvisi “di avvio del procedimento su almeno un quotidiano o periodico a diffusione locale e sui normali canali di comunicazione con la cittadinanza, stabilendo il termine entro il quale chiunque abbia interesse, anche per la tutela degli interessi diffusi, può presentare suggerimenti e proposte. Il Comune può, altresì, determinare altre forme di pubblicità e partecipazione” (art. 13, comma 2, della legge regionale n.12/2005 e successive modifiche e integrazioni). Altre Regioni prevedono anche forme diverse, ma pur sempre di partecipazione attiva nelle fasi preliminari di formazione del piano. Inoltre, poiché la procedura per la formazione del piano di governo del territorio non può che trarre la sua base di partenza, come già detto, nell’effettiva conoscenza del tessuto sociale, economico e territoriale, acquisita attraverso una efficace metodologia, è prevedibile di non potere ottenere corrispondenza dai cittadini per tale finalità, se non si intendesse coinvolgerli in una convinta partecipazione al processo formativo. E, dunque, quanto più la conoscenza dello stato di fatto sarà estesa e corrispondente alla realtà ed il rapporto cittadini – amministrazione pubblica sarà di alto livello qualitativo, nel senso di rendere pure i cittadini attori diretti nel processo di formazione del piano, tanto più si verrà a disporre di uno strumento urbanistico generale che, partendo da un esistente “reale”, sarà in grado, nel periodo di validità che gli è stato assegnato, ed anche per i rinnovi successivi, sia pure con gli aggiustamenti resi necessari dall’evolvere delle situazioni, di soddisfare alle esigenze di quello sviluppo sostenibile di cui si è detto sopra e del quale tratta, per la Regione Lombardia, l’articolo 4 (valutazione ambientale dei piani) della citata legge regionale n. 12/2005.
In sostanza, le due fasi della conoscenza e della partecipazione si intersecano e sono tutte e due essenziali all’iter di redazione di un piano che si voglia concreto ed efficace, non teorico ed unicamente volto a soddisfare il dettato legislativo regionale, magari al solo fine di eludere previsti interventi sanzionatori.

E’, pertanto, d’obbligo uscire dalle stanze dei rappresentanti popolari eletti, i quali, pur legittimamente delegati a governare, sono insufficienti a provvedervi in solitudine o con una parte esigua di “addetti ai lavori”, per dare il più ampio spazio possibile alla partecipazione al fine dell’acquisizione di estesi apporti privati nella fase che precede la sintesi progettuale definitiva che dovrà essere compiuta dalla parte pubblica.

In conclusione, i legislatori regionali (sia pure chi più e chi meno) hanno dato una connotazione di profondo significato alla fase partecipativa nella formazione degli strumenti di governo del territorio al fine di renderla idonea ad orientare le decisioni delle amministrazioni pubbliche; al punto che non cogliere detto significato potrebbe anche portare ad una delegittimazione più o meno accentuata dei piani stessi, se non proprio sotto il profilo giuridico,in quanto si può sempre, in qualche modo, rendere omaggio alla normativa in senso solo formale, senza dubbio sul piano sostanziale. Non è, infatti, difficile immaginare che la realizzazione dei piani urbanistici costruiti in tale guisa sarà irta di ostacoli proprio per la mancanza di adesione dei cittadini e risulterà graduata in relazione al livello partecipativo conseguito nel formarli.

Di: Esterino Caleffi

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