IL TARTUFO DEL GARDA
Raccolta sul Garda
Nelle Valli la raccolta era praticata fin dal Quattrocento, mentre sul Garda il fenomeno prendeva piede nel tardo Ottocento. La produzione spontanea andava di pari passo con il rigoglio vegetativo delle colline ombrose di carpini neri, di roverelle, di noccioli, di lecci, di tigli, di pioppi, salici e faggi. L’uso e l’abuso della risorsa naturale nell’incedere dei lustri ha giocato a rovesciare il credo di Plinio il Vecchio: “Il tartufo sta tra quelle cose che nascono ma non si possono seminare”. Gli impianti di Toscolano Maderno, di Tignale e di Tremosine, di Roe’ Volciano e di Pertica Alta hanno infatti diffuso con successo la tartuficoltura sul Garda e in Valle Sabbia. Dal 1996 è inoltre attiva l’Associazione Tartufai bresciani – come da attuale denominazione – che conta oltre 400 iscritti ed è presieduta da Virgilio Vezzola, studioso, ricercatore e autore di autorevoli volumi. Una passione che non è solo lavoro ma anche tutela del patrimonio biologico della plaga lacustre. Si pensi al recente salvataggio del “tartufo nero pregiato di Salò”, annidatosi tra le roverelle di Renzano e di San Bartolomeo e scomparso per cause accidentali. La cura e la selezione del ceppo per la micorrizazione di altre piante hanno salvato la specie autoctona dall’estinzione. Una lezione di tutela e di dedizione che andrebbe estesa ad ogni lembo e ambito di quel fragile e meraviglioso ecosistema che è la regione gardesana.
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