Il raccontino FAME NERA

| 1 febbraio 2006

Fino ai tempi della guerra, quella del 1940/45, sul nostro territorio, come in altri, c’erano vie dove varie famiglie combattevano con la miseria. Il colore prevalente di strade anche centrali risultava il grigio con larghe macchie di umidità, sporadiche erano le costruzioni nuove. Vecchie, basse case dentro portoni o porticine scure ospitavano nuclei familiari numerosi con nonni debilitati e bambini magrissimi sempre in movimento. Le madri ogni giorno facevano molta fatica a mettere insieme il pranzo con la cena. In questa situazione erano soprattutto i congiunti dei lavoratori stagionali: braccianti, muratori, facchini, piccoli artigiani; senza un lavoro continuo, specie nei mesi invernali, conducevano una vita di stenti. Lungo le strade del paese ogni 20 metri si poteva però trovare una rivendita di vino, che serviva un calice o più di un calice al cliente abituale e non; se questi era rifornito di qualche spicciolo di troppo, nei giorni freddi di novembre e dicembre trovava pure un piatto di trippa calda, a volte di baccalà. Ma c’era chi non poteva permettersi neppure questo. Comunque si cercava di ridere e nelle osterie nascevano spunti per burle, anche crudeli se riguardanti il cibo. A Rivoltella viveva un povero muratore con la famiglia in due locali in un pianterreno: la cucinetta, con una piccola apertura sulla bassa parete a sud, sopra la stufa, che dava sulla strada, era separata con una tenda da una stanza un po’ più grande, con la funzione di camera per tutta la famiglia. Il pasto serale era sempre una minestra ‘lunga’, fatta con acqua e qualche manciata di pasta. Non c’era via di scampo, ogni sera la cena era quella. Ora un giorno avvenne il guaio. Un vicino di casa, che conosceva bene le abitudini della famiglia del manovale, vista dalla strada la finestrella della cucina aperta, con una pompa a pressione si era messo a soffiare dentro l’apertura, facendo colare sulla piastra e a terra la povera minestra. Il muratore, alzatosi di scatto, aveva agguantato un piccone e uscito sulla strada aveva incominciato a rincorrere il dispettoso vicino col quale aveva già altre pendenze. Questi correva e intanto rideva, mentre l’inseguitore, accecato dall’ira e con il pesante attrezzo in mano, faticava sempre di più a stargli dietro. La comune debolezza stroncò alla fine le velleità dell’uno di vendicarsi e dell’altro di continuare più a lungo la beffa. Il muratore non ha mai apprezzato il lato spiritoso dello scherzo, ricordava invece che quella sera in casa non avevano mangiato. Mantennero memoria dell’episodio i compaesani che avevano assistito da prima un po’ stupiti, poi divertiti all’inseguimento da parte di un uomo infuriato dietro a un altro che correva e sghignazzava. Un altro episodio analogo è capitato al Gallina sempre di Rivoltella. Questi viveva al porto in una stanzuccia arredata con un letto dal materasso di ‘scarfoi’ e dal cuscino di paglia, con un tavolino ingombro di oggetti vari, con un fuoco che aveva come sfiatatoio un buco nella parete. La porta di questa abitazione era a quattro ante, due superiori e due inferiori. Il Gallina teneva sempre chiuse le superiori ed entrava come un gatto dal basso. Come vivesse nessuno lo sapeva, tanto più che l’uomo scompariva per settimane intere per poi riapparire a Rivoltella per un giorno o due. Un pomeriggio che era in casa e aveva preparato sul fuoco un minestrone di verdure, dei perfidi ragazzini della contrada erano saliti sul tetto dell’edificio vicino e avevano gettato dei sassi nel buco che faceva da sfiatatoio. Naturalmente i sassi erano caduti nella pentola così da farla rovesciare. I piccoli malandrini erano poi scesi rapidamente in strada, giusto in tempo per dire al Gallina, corso sull’uscio molto avvilito per vedere chi fossero i vandali della sua cena, che avevano notato ragazzi di Desenzano correre sui tetti. I già malandrini, commentando da adulti il fatto, non sapevano da che parte stare, tuttavia erano d’accordo nel ribadire che quelli erano tempi di miseria. Bisogna precisare che i figli e i nipoti di queste povere famiglie sono poi riusciti a migliorare la situazione sociale, alcuni sono professionisti affermati.

Di: a.d.

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