Desenzano: Senza aureola sulle ali della poesia

| 14 luglio 2008
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Presentato a Villa Brunati a Desenzano l’ultimo lavoro di Pietro Gibellini, intervistato per l’occasione da Maurizio Bernardelli Curuz, su Gabriele D’Annunzio.

Che altro si potrebbe raccontare del Vate? Della sua gloria immensa, invidiata fino allo spergiuro d’amore collettivo? E del suo contatto tutto sommato asettico, in atteggiamento esule, con Brescia, brescianità e brescianesimo di riscontro alla prossimità aulica del Vittoriale di Gardone Riviera? E delle sue opere, raggomitolate nell’onnivora compresenza di tutti i generi letterari, ivi compresi quelli della vita, inimitabile come da adeguato accordo iconografico? La risposta a cura di Pietro Gibellini, con il suo “Gabriele D’Annunzio l’Arcangelo senza aureola” (Edizioni del Giornale di Brescia – Collana Piccola Biblioteca Bresciana), interessante volume recentemente presentato nei locali della Biblioteca Civica “Angelo Anelli” di Villa Brunati a Desenzano del Garda. Occasione di riflessione originale per celebrare il 70° anniversario della morte del poeta, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune, guidato da Emanuele Giustacchini, che ha visto il dialogo fra Gibellini, docente di Letteratura Italiana all’Università Ca’ Foscari di Venezia (uno dei maggiori studiosi dell’opera dannunziana, di cui dirige l’Edizione Nazionale) e Maurizio Bernardelli Curuz, giornalista e critico letterario, che ha stimolato l’ambito divulgativo dell’incontro. Subito l’interrogativo di Gibellini “Ma che c’entra Brescia con D’Annunzio?” Poco visto che le motivazioni sostanziali della sua brescianità gardonese, riconducono a mere questioni di esilio. Con qualche anelito di aderenza geografico culturale targato BS, se pensiamo che in fondo all’ epoca “ un po’ dannunzianesimo – argomenta Gibellini – era sparso in tutta Italia, e non poteva mancare da noi”. Ma vita inimitabile e certe sue pagine indelebili hanno dato motivi validi all’autore di affermare che “Era giusto che la collana dedicata ai bresciani che valgono ben oltre l’ombra della Pallata e i ponti del Mella, partisse proprio da lui”. Lui. Il Vate come lo chiamarono e lo chiamano tutti. Che Gibellini racconta, con passione divulgativa esemplare, in una serie di capitoli che vanno nell’essenza alle ragioni, ai gesti, ai versi ed ai temi di vita e letteratura dannunziana. “Il pregio del volumetto – spiega infatti in un suo intervento Maurizio Bernardelli Curuz – è quello di offrire un imbarco con un grande studioso che fa sintesi delle proprie ricerche, parlando ad un pubblico ampio, con l’amabile scioltezza e la lingua ricca, luminosa e precisa che sono tratti peculiari del critico bresciano. La sintesi – prosegue Bernardelli Curuz – porta a una nettezza della veduta che si espande al cospetto del lettore, il quale è così in grado di inquadrare correttamente il personaggio, apprezzandone gli ingrandimenti”. Altro segno distintivo del lavoro di Gibellini la rappresentazione significante dell’Arcangelo orfano di aureola. Con un pezzo di dannunzianesimo che nasconde la corona glorificata e glorificante “del Vate e dell’eroe, ma conserva saldamente le ali pure e possenti del Poeta”.

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