CANTI DA OSTERIA:

| 15 ottobre 2025
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Quando l’emozione prende voce…

Possiamo relegarli al folklore o alla storia locale; possiamo anche pensare che si perderanno nel tempo, ma finché esisteranno cantori innamorati, la tradizione non tramonterà mai. Questa non è una notizia, ma un racconto a scopo conservativo. Siamo nelle Valli del nostro territorio, ma anche al lago e sulle colline circostanti. Ci troviamo in un’osteria, e all’ombra di un’ombra di vino rosso, intoniamo un canto popolare. Succede davvero? Sì, se sai dove andare e se vuoi godere di un divertimento genuino, che ti riporti indietro di almeno cinquant’anni. Non solo per i nostalgici, ma per chi ama la tradizione e non vuole vada perduta.

Ma cosa sono effettivamente questi “canti da osteria”? Cosa rappresentano i “cori spontanei”? Non si tratta di orchestre o di gruppi organizzati, bensì di anime giovani, tra i 10 e i 90 anni, che scandiscono le loro giornate sulle note di canzoni popolari, delle quali molto spesso non esiste un solo testo canonizzato; perché come le canti dipende dal tuo dialetto, dalla tua Valle, da chi te le ha insegnate. Disomogenei in tutto, tranne nel canto, che diviene impatto melodico per l’anima. “Non c’è una vera e propria organizzazione – ci racconta Tommy, giovanissimo cantore di Marmentino, in Alta Val Trompia – tutto funziona in base alla voce che hai, che non puoi scegliere come uno strumento musicale.In un coro c’è chi “fa il primo”, quindi intona il brano e lo porta a termine, insieme ai secondi (o primini), ai bassi, ai baritoni e ai soprani. Tutti possono entrare nell’onda della musica, creando armonia, o rompendone l’equilibrio, ma è proprio questo che fa la differenza tra un coro spontaneo e un gruppo organizzato: non è performance, è improvvisazione. Io spesso faccio il primo – continua Tommy – e quando faccio la parte alta del canto, mi sembra di essere in volo; mi viene la pelle d’oca, anche perché noi siamo innamorati di questo tipo di musica.”

Negli ultimi anni si stanno moltiplicando le rassegne dei canti da osteria, dal Trentino alla Romagna, passando inevitabilmente per le nostre Valli, e in questi contesti di grande allegria e condivisione, i cantori di tutte le provenienze si ritrovano inevitabilmente, senza essersi dati appuntamento. “E allora – ci racconta Tommy con una punta di emozione – quando da due persone ci si ritrova in dieci ad intonare lo stesso canto con varie voci e varie tonalità, si crea un capolavoro, unendo la forza e la passione di tutti.” Nicolò, giovane cantore di Vestone (BS), affascinato fin da piccolo dalle tradizioni e dall’identità culturale della sua Valle, sottolinea la funzione antropologica del “fare musica” in forme collettive: “il canto da osteria è un costume antico che insegna molto, soprattutto ai giovani, perché lega le generazioni dei nostri nonni, dei nostri padri e la nostra, tutte insieme allo stesso tavolo, educando al rispetto verso gli altri membri del gruppo. Il canto da osteria – continua Nicolò – è il cantare nella forma più sincera e naturale che ci sia: non ha canoni musicalmente strettissimi, come il canto lirico, né una costruzione del tutto artificiale, come i generi moderni, ma ha come regola principale il rispetto della propria voce e della voce degli amici coi quali si canta.” “Non ricordo un solo giorno della mia vita senza il canto.” Queste le parole di Andrea, della Val Viù, in Piemonte. “I cori spontanei ci riportano indietro nel tempo, riportano alla luce le tradizioni di cinquant’anni fa, quando il canto rubava il tempo alla miseria.” Al tavolo dell’osteria, dove si librano le voci e si liberano le anime, tutti sono allo stesso livello e ognuno è benvenuto, perciò, se vi capita di incontrare un coro di voci innamorate, non passate oltre, non giudicatelo baccano, ma entrate a farne parte. Lasciatevi emozionare. Solo in questo modo si può perpetuare la magia.

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