Bergamo – BASCHENIS – RITORNO A PALAZZO

| 16 maggio 2016
Baschenis - CREBERG Bergamo 2016 - locandina

“Ritratti di strumenti musicali” (Roberto Longhi)

“Baschenis ai giorni buoni, ci dà capolavori come il silente dipinto della Galleria di Bergamo…o come il “Ragazzo con la cestina di dolciumi, dove diresti che, rivisitata la canestra del Caravaggio a Milano, si provi a rassomigliare a un Vermeer…” (R. Longhi)

Dal 6 al 27 maggio 2016, presso Palazzo Creberg (Largo Porta Nuova, 2) è in corso una contenuta ma importantissima mostra che rappresenta un’occasione unica per scoprire e riportare alla luce alcune delle opere più significative di Evaristo Baschenis. La Fondazione Credito Bergamasco espone qui 18 suoi capolavori, tratti anche da importanti collezioni private. La rassegna è curata da Angelo Piazzoli, Segretario Generale della Fondazione Credito Bergamasco nonché validissimo studioso, e dal critico d’arte Simone Facchinetti, Direttore del Museo Bernareggi, spazio gestito dalla Diocesi cittadina. La figura di Evaristo Baschenis (Bergamo, 1617-1677), uno dei maggiori pittori bergamaschi del Seicento nonché ideatore della natura morta di soggetto musicale, è rimasta avvolta in un alone di mistero fino a quando Piero Capuani accertò, attraverso il ritrovamento dell’atto di battesimo nel registro parrocchiale di Sant’Alessandro in Colonna a Bergamo, la sua data di nascita. Ulteriori importanti novità sono emerse in tempi recenti in coincidenza con le due grandi mostre dedicate al pittore all’Accademia Carrara di Bergamo (1996) e al Metropolitan Museum of Art di New York. Particolarmente rilevanti risultano le scoperte documentarie di Enrico De Pascale che hanno messo in luce i contatti nazionali e internazionali del pittore, i suoi ripetuti soggiorni a Roma, Venezia e Milano, l’apprendistato tardivo presso il pittore cremasco Gian Giacomo Barbelli (1639-1642). La famiglia Baschenis, originaria di Averara, nell’alta Val Brembana, annoverò una lunga serie di artisti, costituenti una bottega di “frescanti” che, a partire dalla metà del XV secolo, si tramandarono a lungo di padre in figlio il loro mestiere. Molti di loro viaggiarono e lavorarono in Trentino; tra essi si distinse Simone II (1495 circa-1555) in particolare per i suoi affreschi nelle chiese in Val Rendena di San Vigilio a Pinzolo (con la celebre “Danza Macabra”) e di Santo Stefano, sulla rocca della vicina Carisolo (la “Leggenda di Carlo Magno”, ispirata all’ipotizzato soggiorno del famoso Imperatore in questi territori e con le “Storie di Santo Stefano” all’interno ed un’altra “Danza Macabra” e “I sette peccati capitali” sulle pareti esterne). Evaristo fu l’ultimo rappresentante di questa particolare dinastia. Molto religioso, prese gli ordini tra il 1640 e il 1643, e, tra i critici, si pensa risalga proprio a quegli anni l’inizio dell’attività pittorica del “Prevarisco”, subito dopo il passaggio alla condizione di ecclesiastico, senza che però se ne conosca, a tutt’oggi, né chi fu il maestro che lo avviò alla professione né il processo artistico e formativo che lo portò a raggiungere vertici indiscussi di qualità. La condizione di sacerdote gli permise di viaggiare (almeno un soggiorno a Venezia è certo) e di esercitare la sua attività artistica con il massimo della libertà e della disponibilità di tempo, essendo egli di famiglia molto benestante. Intorno agli anni ’50 del Seicento, il pittore si legò d’amicizia con Jacques Courtois (detto il “Borgognone”) e Monsù Bernardo che si trovavano per motivi di lavoro nella città lombarda: con il primo intrattenne per lunghi anni rapporti epistolari e professionali. Baschenis dipinse anche alcune copie delle sue opere, richiestissime dai collezionisti del tempo, ma il suo lavoro più prestigioso e impegnativo resta, a giudizio di molti studiosi, quello per la biblioteca del monastero di San Giorgio Maggiore a Venezia. Si applicò quasi esclusivamente al genere della Natura morta, ritraendo nei suoi quadri dall’atmosfera misteriosa e inquietante, soprattutto strumenti musicali; quasi sempre unici “attori” della scena rappresentata, visto che nelle sue opere la figura umana è praticamente assente. La pratica musicale, associata alla poesia, alla letteratura e allo studio della storia, era assai diffusa a quel tempo nelle famiglie nobili bergamasche; l’interesse di Evaristo per questi specifici soggetti è dovuto al fatto che egli fu anche un apprezzato musicista dell’epoca, come dimostra pienamente nel “Trittico Agliardi”, forse la sua opera più monumentale, costituita da tre tele affiancate una all’altra, in cui il pittore si è autoritratto mentre suona la spinetta. Proprio questo occupa una posizione da ‘solista’ quale ‘pezzo forte’ all’interno del percorso espositivo, con un allestimento realizzato appositamente sul Loggiato di Palazzo Creberg. Eseguito intorno al 1665, è costituito da due ali laterali in cui sono raffigurati l’artista stesso e tre membri della famiglia Agliardi intenti a suonare mentre nell’elemento centrale appaiono solo strumenti musicali. È per questo genere di dipinti che il pittore bergamasco era celebre, ricercato da un collezionismo sofisticato che spaziava da Roma a Venezia, da Torino a Milano. “Il Trittico è un’opera eccezionale per la complessità dell’immagine e per la sua articolazione interna – spiega Facchinetti – Il fuoco centrale è una composizione dove tornano tutti gli ingredienti delle migliori nature morte di Baschenis. Lo scopo principale è quello di meravigliare l’osservatore, stupirlo, impressionarlo, fargli credere che ciò che ha di fronte è veramente reale, non pura e semplice illusione. Perciò la presenza della mosca dipinta sul foglio musicale e il leggero velo di polvere che si è depositato sui liuti capovolti. Le stupende ditate disegnate sulla polvere sono la dimostrazione di questo eccesso di virtuosismo.” Ma in questa rassegna vediamo altri pregevoli esempi nei generi praticati dal pittore: le nature morte di cucina, gli strumenti musicali e il ritratto. In mezzo a un gruppo selezionato di dipinti figura anche un’opera inedita, mai riprodotta e mai esposta al pubblico prima d’ora: “Cesto di mele, carciofo, asparagi, un piatto di ciliegie e un garofano bianco”, appesa a fianco della celeberrima “Cesta di mele”  (Collezione Poletti), ritenuta da molti addetti ai lavori la più straordinaria opera di Baschenis con questo soggetto; non a caso gli storici dell’arte la mettono generalmente in relazione alla “Fiscella” del Caravaggio, per spiegare a quale straordinario modello si sarebbe ispirato il pittore bergamasco. Sempre in questo primo settore della rassegna emerge la firmata “Cucina con rami” – definita da Facchinetti una sorta di stupefacente “sinfonia” di rami; quindi l’incredibile “Flauto a becco, chitarra, mandora, violino con arco, liuto attiorbato, viola da arco bassa, due fogli con spartito musicale, libri e mela” e il bellissimo “Liuto, mandora, fogli con notazioni musicali, spinetta, violino con arco, chitarra e pesca”. La mostra è corredata da un catalogo illustrato – con testi di Facchinetti e Piazzoli – distribuito gratuitamente ai visitatori; nei fine settimana viene consegnato, a chi lo richiede in reception, il catalogo della mostra “Omaggio a Baschenis” del 2006, con i contributi di Mina Gregori e Lanfranco Ravelli. La Fondazione Credito Bergamasco torna quindi sul Baschenis con un progetto più ambizioso e articolato, celebrandone in anticipo il 400° anniversario della nascita, che ricorre nel 2017. Questa iniziativa è stata anche l’occasione per ripercorrere i dieci anni di attività espositive di Palazzo Creberg. “Sono passati ormai dieci anni dalla monografica “Omaggio a Baschenis” presentata sempre nel 2006 presso le nostre sale – ha aggiunto Piazzoli –. E qui, nel frattempo, si sono susseguite 44 mostre (tutte pensate, realizzate e costruite da noi, in proprio) cui si aggiungono oltre 20 esposizioni organizzate fuori sede.” La Fondazione bancaria (costituita il 5 novembre 2002) sostiene, in qualità di socio fondatore, insieme ad altri 16 fra enti pubblici e privati, la “Fondazione Bergamo nella Storia-Onlus” che – creata con l’intento di salvaguardare ed incentivare in modo nuovo e propositivo l’importante patrimonio storico, culturale e artistico del territorio bergamasco – svolge la propria attività attraverso alcuni siti museali, espositivi e storico-monumentali situati nella città di Bergamo e provincia. Sono state presentate qui, prima alla stampa e quindi all’inaugurazione, quattro opere risanate grazie al progetto “Grandi Restauri” curato da Angelo Piazzoli, cui già si deve il recupero di una trentina di opere (di Lorenzo Lotto, G.B. Moroni, Moretto, Alessandro Allori, Palma il Vecchio, Romanino, tutte esposte qui prima di essere restituite alle loro sedi di appartenenza). Ora è il turno di un capolavoro di Paris Bordon (Treviso 1500-Venezia 1571), (dell’Accademia Tadini di Lovere) e di tre grandi opere di Giovan Paolo Cavagna (della Chiesa di S. Giuliano di Albino, del Monastero di S. Benedetto e della Basilica di Sant’Alessandro in Colonna a Bergamo) in occasione degli interventi di restauro curati e sostenuti dalla Fondazione Creberg. Proprio Cavagna (Bergamo 1550-1626) sarà il protagonista con dieci sue opere poste accanto ad altrettante di Enea Salmeggia (Bergamo 1558-1626) di un importante evento espositivo, con la Fondazione Adriano Bernareggi, che nell’autunno 2017 renderà omaggio, nel Palazzo del Credito Bergamasco, a quelli che sono considerati i maggiori pittori locali del loro tempo.

Palazzo Creberg – Piazza Sant’Alessandro 2, Bergamo; fino al 27 Maggio 2016; orari: lunedì-venerdì 8.20-13.20 e 14.50 alle 15.50;   sabato 14.30-20.30 con visite guidate gratuite ogni ora; domenica 10.30-19.30 con visite guidate gratuite (10.30, 11.30 e ogni ora a partire dalle 14.30); ingresso libero; info sul sito www.fondazionecreberg.it

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Fabio Giuliani

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