VIAGGIO A KANDAHAR di Mohsen Makhmalbaf 2002

| 1 gennaio 2002
viaggio a kandhar

Un sole infuocato e incandescente che filtra semicoperto dal disco nero della luna ha la stessa intensita’ dello sguardo delle donne Afgane che scrutano il mondo dalle fessure scure del burga. Queste le prime immagini del film, che impostano subito il tono poetico della pellicola e che ritornano alla fine, come una significativa e malinconica conclusione.”Viaggio a Kandahar” ha il taglio di un documentario in presa diretta, con le sequenze mosse, come chi deve riprendere le scene nonostante le difficolta’ e i pericoli.
Subito ci vengono fornite le informazioni necessarie per comprendere la storia: Nafas, una giovane donna Afgana, ha ormai lasciato il proprio paese da anni per lavorare come giornalista in Occidente e vuole ritornare a Kandahar per impedire il suicidio della sorella, fissato per il giorno dell’eclisse. La trama e’ semplice e chiara e lo spettatore puo’ abbandonarsi facilmente al fascino delle immagini esotiche; presto pero’ alcune scene grottesche e quasi surreali vengono a turbarlo. Nafas infatti ha incontri incredibili:
mutilati dalle mine antiuomo che corrono saltellando sulle stampelle per conquistarsi le protesi per camminare nuovamente o un Mullah che insegna ai piccoli Musulmani a leggere il Corano come a sparare col kalashnikov.L’Afghanistan e’ dipinto proprio come noi lo pensiamo e lo spettatore puo’ dirsi soddisfatto. Forse, l’unico particolare che un po’ sorprende e fa rimanere pensierosi e’ il mancato incontro tra le due sorelle di cui si puo’ solamente immaginare.Un film ben riuscito, che, in fondo, ci regala tutto quello che ci aspettiamo.

Di: Vera Agosti

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