Verona MUSEO DEL GIOCATTOLO

| 1 aprile 2007

Il panorama da qui mozza letteralmente il fiato. Verona, bellissima, lontana e pur così vicina, si lascia guardare in totale assenza di frenesia e traffico, ed è il primo spettacolo offerto ai nostri occhi da Torricelle. Una dimensione da sogno o un percorso a ritroso nel tempo, fra le pieghe dei ricordi rimasti bambini. Il Museo del Giocattolo è soprattutto questo: un delizioso viaggio nella memoria storica ed emozionale rappresentata dai giochi antichi, amorevolmente custoditi in uno scrigno di legno e vetri colorati, in perfetta armonia con la natura circostante.
Dopo oltre vent’anni di paziente raccolta, Luciana Gaspari, l’ideatrice del museo, ha creato una dimora perfetta per i suoi numerosissimi amici. La “casa del sogno”, ricavata dalla ristrutturazione di un rustico con adiacente un bosco di ben 20.000 metri quadrati, è ora vivacemente popolato da creature di fiaba in legno, celluloide, cartapesta o biscuit, cartone o tessuto. Gli oggetti del museo risalgono ad epoche diverse, dalla fine del ‘700 alla prima metà del ‘900 e non si può fare a meno di notare la prorompente presenza dei cavalli in legno.
A dondolo o gloriosamente appartenuti a qualche giostra, dipinti nei colori più fantasiosi, con code in crine ed occhi in vetro, i cavalli sono stati una delle prime fonti di ispirazione della fondatrice di questo luogo incantevole. Segnaliamo un curioso esemplare di velocimano, un giocattolo francese costituito da un cavallo dotato di manovelle, una sorta di triciclo che di sicuro avrà fatto la felicità di qualche cavallerizzo in erba. Appena entrati, ci accoglie per primo e per primo ci rapisce un trenino tutto costruito a mano che risale all’immediato secondo anteguerra. Perfettamente funzionante, ancora con il quadro elettrico e il fondale originari, il locomotore, in compagnia del filobus verde, sfreccia davanti alla statua di Pinocchio, al Castello triestino di Miramare, alla stazione di Porta Nuova di Verona, in uno scenario dolomitico fra vette di montagna ed aeroplanini ad elica. Tanti i giochi in legno di provenienza della Valgardena, dove operavano alcuni fra i migliori artigiani intagliatori, tante le bambole di varia fattezza ed origine, come la curiosissima serie contenuta nella vetrina “Africa”, risalente per lo più agli anni ’40 e ’50, con tanto di giraffa, coccodrilli, elefante, capanne e tam-tam.
Ben quattro le casette abitate dalle bambole, con arredamenti, tappeti ed oggetti in miniatura, come uno splendido tavolo da biliardo completo di bocce e pupetto che impugna la stecca con aria navigata. Notiamo un’apertura che ci porta nella pancia della terra: piccole grotte naturali, cunicoli freschissimi, rifugi per le popolazioni durante i bombardamenti bellici, ora divenuti habitat ideale per folletti e gnomi. Il nostro piccolo viaggio è accompagnato dalla confortevole presenza della natura, legno ovunque, vivo come il gelso che penetra nella prima sala, lavorato e dipinto come i pannelli delle pareti ed il soffitto aperto al cielo con tanti piccoli occhi, i lucernari. Il piano superiore è interamente dedicato al teatro: burattini e marionette di ogni foggia e materiale, alcuni sono preziosissimi balocchi, altri strumenti di lavoro delle compagnie di spettacolo. Figure tipiche come la muta Bergamasca, Brighella, Gioppino dai tre gozzi, per non parlare dei teatrini, di cui uno, dono del professor Chiarelli, ci colpisce per l’inconfondibile allestimento della fiaba di Pinocchio. Rimaniamo a bocca aperta, speranzosi che all’improvviso ciascun personaggio si animi d’incanto… Verso la seconda metà di aprile si inaugureranno le visite guidate al bosco, che completeranno, con percorsi botanici e rappresentazioni teatrali delle più belle fiabe, la già ricca offerta del museo. Ce ne andiamo con un senso di leggerezza che non provavamo più da tempo immemore. Forse abbiamo risvegliato il bambino che ancora alberga dentro di noi?
Basterebbe questa sensazione oppure la gioia di osservare lo stupore estasiato negli occhi dei nostri bambini per tornarci ancora una volta. Davvero una bella favola.

Di: Pellegrini

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