Veneto GIORNATE REGIONALI DI STUDIO

| 1 giugno 2006

RIPENSARE IL VENETO
La cultura nell’era della glocalizzazione a Vicenza (Sala degli Stucchi di Palazzo Trissino),
esperti e decisori a confronto


Nel momento in cui la Regione del Veneto sta approntando il Testo Unico per la Cultura, per rispondere adeguatamente alle funzioni affidatele dal nuovo Codice Urbani in materia di valorizzazione, il terzo incontro del progetto “Ripensare il Veneto” (voluto dalla Regione del Veneto e gestito dalla Fondazione Mazzotti) chiama esperti e decisori a confrontarsi su “La cultura nell’era della glocalizzaione”.
La possibilità di discutere e confrontarsi tra operatori di diversa estrazione rappresenta un’occasione imperdibile per condividere le linee guida del prossimo futuro e porre le basi per una corretta gestione del patrimonio e delle attività culturali, puntando anche sul rinnovare i legami tra produzione culturale e competitività del tessuto produttivo regionale.
Come è già avvenuto nelle due giornate precedenti, la mattinata è riservata ad un confronto tra esperti. I lavori prenderanno il via alle 9,30 nel Salone degli Stucchi di Palazzo Trissino sotto la presidenza di Maria Teresa de Gregorio dirigente della Regione del Veneto. Sono previsti interventi di Guido Rosada (Università degli Studi di Padova) su “L’identità mitica: quando la storia locale diventa risorsa”, Ulderico Bernardi (Università Ca’ Foscari di Venezia) su “L’identità reale: l’eredità della civiltà popolare nella città diffusa”, Paolo Balboni (Università Ca’ Foscari di Venezia) su “Lingua locale, lingua nazionale, lingua europea: dal monolinguismo si può guarire”, Paolo Feltrin (Università degli Studi di Trieste) su “Come dare spazio all’innovazione nelle istituzioni locali”, Luca Baldin (Fondazione Giuseppe Mazzotti) su “Le reti identitarie e istituzioni culturali”.
Nel pomeriggio, moderatore Antonio Di Lorenzo de Il Giornale di Vicenza, i lavori saranno allargati ad un confronto esperti-decisori. Sono previsti interventi di Angelo Tabaro (Regione del Veneto), Massimo Colomban, Francesca Ghersetti (AIB Veneto), Giuliana Ericani (Museo Biblioteca Archivio di Bassano), Gianni Di Capua (Fondazione Benetton Iniziative Culturali), Chiara Rabitti (Fondazione Querini Stampalia), Stefano Coletto (Fondazione Bevilacqua La Masa), Giuliano Zanon (COSES) con il contributo dei rappresentanti delle istituzioni, delle associazioni di categoria e delle parti sociali.
Sullo sfondo di questo terzo confronto è la domanda di chi, all’epoca del Veneto diffuso, siano i Veneti. O meglio, di che identità culturale specifica sono, se lo sonom, portatori i veneti? Si riconoscono come continuatori di una storia comunitaria o vivono lo spaesamento di una società fondata su regole che assicurano all’individuo una libertà iedita nell’agire, lasciandolo però solo ella scelta?
Esiste ancora, si chiedono gli esperti, un minimo comune denominatore che attribuisca un senso all’espressione “comunità veneta”? A chiarire il quadro di riferimento possono contribuire alcune recenti ricerche. Se è vero che il dialetto è parlato ancora dall’80% dei veneti, è altrettanto vero che la stragrande maggioranza di loro conosce poco o nulla della storia del proprio territorio e ha difficoltà a riconoscere i pur numerosi segni lasciati dal passato, ad esempio, nel paesaggio.
Una non conoscenza che non è sinonimo di “ignoranza” o di disinteresse dei veneti per la cultura, come invece vorrebbe un certo stereotipo a torto consolidato. I veneti, come confermano numerose ricerche, sono tra i maggiori “consumatori di cultura” in sede nazionale, possono contare su una offerta suturale di assoluto livello e su una rete di biblioteche, musei, istituzioni culturali molto capillare e qualificata.
Il problema è semmai quello della frantumazione di questa pur importante presenza. Una frantumazione che conferma la tendenza al non fare sistema del Veneto, a procedere in ordine sparso.
Il Veneto abbonda di “attori culturali” che sembrano restii se non impermeabili al concetto di rete o di network culturale. Una scelta che, naturalmente, non implicherebbe affatto la perdita di individualità e di autonomia scientifica ma che valorizzerebbe anzi le caratteristiche e le potenzialità di ciascuno in una programmazione operativa condivisa e più efficiente.
Dalla messa a sistema di tale griglia potrebbe derivare anche una maggiore identificazione tra abitante e territorio.
“Ci si può chiedere – conclude il Presidente della Fondazione Mazzotti Marzio Favero – se la comprensione identitaria che potrebbe conseguire dall’uso di tale griglia, costituisca effettivamente un vantaggio. Qui occorre rispondere che comunque a nessun soggetto individuale o collettivo è dato di sottrarsi alla relazione con se stesso. Poiché tale è l’identità: il rapporto consapevole o inconscio con il proprio sé. Più ricca ne è la comprensione, e più forte è l’identità – che a seconda delle scelte può essere risorsa o limite. Una cosa però è certa, ovvero che l’identità locale non consiste nella negazione dell’universale, ma in ciò – piuttosto – che merita di essere reso tale, contro l’astrattezza dei processi di omologazione. Detto in altri termini, nell’epoca della glocalizzazione, la dialettica non è tra particolare ed universale concreti (essendo il primo a dare sostanza al secondo), bensì fra particolare ed universale astratti”.

Di: Comunicato Stampa

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