Vaticano DA WOJTILA A RATZINGER

| 1 maggio 2005


Da Wojtila a Ratzinger
UN OCCHIO PARTICOLARE SUL MONDO 





Difficile prevedere il modo di operare di un Pontefice. Dal suo trono le prospettive cambiano e non escludono sorprese. I casi di Giovanni XXIII, Paolo VI e dello stesso Giovanni Paolo II. A confronto con la civiltà. E con la religione che cresce nel suo dinamismo apparentemente paludato. A confronto con le persone. Che sono i Papi con le loro regole estensive di Fede da mantenere e Ragione da osservare e valutare.
 

Oggi il bivio. Da Wojtyla a Ratzinger come in un codice quasi già scritto, ma non così scontato. Al centro, secondo la concezione della Chiesa, lo Spirito Santo, capace di dar veste autorevole alle piccolezze delle umane cose, almeno apparenti. E così è stato. Nessuna lotta tra conservatori e progressisti o centristi di turno. Poche fumate nere per arrivare in un lampo a quella bianca candeggiantemente spirituale. Dopo ventisei anni tutelati dall’impeto travolgente di Karol Wojtyla si riparte con Joseph Ratzinger, cardinale tedesco dal sorriso gentile, teologicamente attestato su posizioni che qualcuno ha definito conservatrici. Si vedrà. Perché diversa è la manifestazione del pensiero da principe a re. Come da ministro a premier. Diverso l’atteggiamento nei riguardi del gregge. Diverso il potere. E nel caso del Papa, il potere è davvero grande. Dalla sua parte il conforto di Dio. Bastione inattaccabile anche dall’irriducibile rifiuto ateistico. E’ un punto in più, che da Vicario di Cristo per regola e metodo, nessuno può togliere. In questo modo le visioni cambiano. Si modificano gli atteggiamenti e gli occhi regalizzano l’evento guardando da finestre tanto immacolate, quanto esclusive. Un piccolo ricordo porta a Giovanni XXIII il Papa Buono. Il Roncalli da Bergamo dalla faccia paciosa che guarda a carcerati e bambini. Il Pontefice che aumenta gli stipendi ai giardinieri del Vaticano e non sopporta l’inginocchiarsi costante del suo segretario alla sua vista. “mettiamoci d’accordo – pare avesse commentato Giovanni XXIII – quando mi vedi ti inginocchi la prima volta in una giornata poi basta. Se hai voglia di genufletterti ancora vai pure in Chiesa.” Ebbene di lui si diceva fosse un conservatore. E aldilà degli episodi minimali si inventò il Concilio Vaticano Secondo. Quindi attenzione. Anche a Karol, oggi definito a gran voce il grande, all’inizio si tentò di affibbiare lo stereotipo di integralista. Uno strano integralista, visti i risultati del suo pontificato proprio in mezzo all’universo giovanile da sempre votato, per canone genetico, alla criticità del mondo circostante da qualsiasi orizzonte lo si osservi. Un Wojtyla acclamato a gran voce proprio dai giovani fino alla fine. Sempre. Anche quando il martirio insolente della malattia ne compromise l’avvenenza e la dinamicità pastorale. Altro esempio, per raccontare nelle sue mille sfaccettature questo evento singolare e un po’ magico di un’elezione pontificale, quello che interessa Paolo VI. Anche lui grande. Lucido interprete della dottrina che evolve la sua regola negli ambiti complessi della civiltà moderna. Senza Montini nessun pensiero sofisticato alla Ratzinger, nessun ecumenismo globale stile Wojtyla e forse nessun Concilio Vaticano II a dare il tempo alla storia. Ma anche di Giovan Battista Montini da Concesio si disse di tutto un po’ diversificato all’occorrenza. Schivo, poco protagonista, distaccato. Però quando il terrorismo devastò lo Stato e ne carpì il servitore Aldo Moro, non esitò ad offrirsi come ostaggio al posto dello statista. Un gesto imperioso e senza regole. Fatto da lui, il Papa sì della Fede, ma anche della ragione e della riservatezza. Chi l’avrebbe mai detto. Il fascino di un’elezione così solenne, caricata di riti millenari e inusuali, sta anche in queste dinamiche. Sofferenza, orgoglio, paura, passione e Fede, mescolate in un unico altissimo progetto. Qualcuno, probabilmente, non resse l’emozione. Papa Luciani e il suo sorriso che ricordava quello di Roncalli. Se ne andò in un lampo. In un soffio inaspettato e quasi surreale. Eppure ancora lo ricordiamo. Ed ora ecco Benedetto XVI. Un nome importante che si rifà soprattutto alla regola benedettina, oltre che al Benedetto XV che si oppose inutilmente agli orrori della Grande Guerra. Benedetto XVI dunque “L’umile custode della vigna del signore” sorta di ora et labora da terzo millennio. E tanta conoscenza teologica e filosofica che si stempera nella semplicità di una frase che resterà impressa. Ce lo saremmo mai aspettato da lui? Dal Cardinal Ratzinger dell’iconografia mediatica, che lo dipingeva come il rigido e austero custode della Dottrina della Chiesa? No, non ce lo aspettavamo. Come non ci aspettavamo altre minimalità del personaggio che in maniera molto originale vuole ridipingere l’appartamento papale con i colori (rosso e giallo) della Città Eterna. Oppure scoprendo la sua passione per i dolci e per la cucina tipica bavarese e il suo essere astemio con qualche licenza per la birra mescolata con l’apprezzatissima limonata. Piccole cose che spiazzano e regalano valori aggiuntivi a chi da oggi si mette alla guida dello complesso universo cattolico. Il viaggio di Benedetto XVI è iniziato. Da quella sedia il mondo coinvolge gli orizzonti in un unico grande respiro. E forse fa paura. Ma sarà la Fede a sostenere lo sguardo e lo scettro di chi siede sul trono di Pietro. Mentre la vigna della civiltà attende con speranza l’avvento del suo

Di: Giuseppe Rocca

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