Varallo Sesia (NO)-Vercelli-Novara – IL RINASCIMENTO DI GAUDENZIO FERRARI

| 29 maggio 2018
Gaudenzio Ferrari 1

“Maestro di stile oltre che di poesia in pittura” (Giovanni Romano)

“Ho il candore e, credo, l’onestà d’affermare che se, nella mia vita, una monografia m’accadrà d’edificare, essa non riguarderà mai il mio amatissimo Gaudenzio; il quale, proprio per esser tale, continua a tenermi legato al cordone ombelicale della sua poesia; che è anche una delle più grandi speranze e salvezze che l’arte del passato, a me come me, abbia saputo offrire.” (Giovanni Testori)

Correva l’anno 1965 e Giovanni Testori si decide a raccogliere in un volume alcuni saggi, riediti o scritti per l’occasione, incentrati su Gaudenzio Ferrari e il Sacro Monte di Varallo. A chiederglielo era stata la Feltrinelli. Nasceva così “Il Gran Teatro Montano”, un libro giudicato poi “esplosivo”, cruciale non solo per gli appassionati di storia dell’arte, ma capace di accompagnare ogni lettore, qualunque sia il suo livello di conoscenza del Sacro Monte, in un viaggio alla scoperta della carnalità del pittore e scultore Gaudenzio e di quel luogo unico d’immedesimazione con i fatti della vita di Cristo. E più azzeccata espressione non poteva arrivare se non da lui, che certamente di Teatro se ne intendeva, se ricordiamo le sue personalissime rivisitazioni di alcuni “Classici” shakesperiani quali “Machbetto”, “Ambleto”, poi trasposti sul palcoscenico, così come – tratta dalla storia biblica – l’ “Erodiade”, più avanti da lui ripresa e modificata nell’ultima sua opera prima di morire, i “Tre Lai” (Lamenti), composti da “Cleopatràs”, “Erodias” e “Mater Strangosciàs”, magistralmente interpretati in prima assoluta in un gremitissimo Salone degli Affreschi della Società Umanitaria nel 1994 dalla compianta grande attrice “testoriana” per eccellenza Adriana Innocenti. Il poliedrico critico d’arte, drammaturgo, scrittore, poeta ed artista (Novate Milanese, 1923-Milano, 1993) scandaglia praticamente tutto il percorso visitabile del Sacro Monte, dalla cappella dell’Annunciazione, fino all’apice della Crocifissione, nella Cappella definita la “Sistina delle Montagne”: “(….) cuori che battono; apprensioni; paure, ingorde alterigie. (…)        E quel riflettersi, in tutti, dell’agonia di chi muore e dello strazio di chi assiste. (…) Su queste pareti, al punto di suggellare con la meditazione sulla morte e sul dolore, il senso stesso del suo progetto, Gaudenzio ha veramente radunato tutto e intero il popolo della sua valle; vi si vedono i nobili, i signori, i soldati, i contadini, i pastori, i giovani curiosi e spauriti, ma soprattutto la lunga catena di madri; (…) esse son colte pressoché tutte nell’atto di stringere a sé, come parti del proprio corpo, i loro figli; dolci, care, memorande immagini d’innocenza davanti al teatro dello strazio e del sangue.” Testori prendeva così il testimone del suo amato maestro, Roberto Longhi, che gli raccomandò di “situarlo ben alto, su vertici umanamente assoluti”, e Testori se ne innamorò.   Non poteva quindi che partire proprio da questa particolare località della Val Sesia un grande progetto espositivo dedicato a questo grande interprete che nel Cinquecento venne ritenuto da Giovanni Paolo Lomazzo – insieme a Mantegna, Michelangelo, Polidoro da Caravaggio, Leonardo da Vinci, Raffaello e Tiziano – uno dei sette “Governatori” nel “Tempio della Pittura”.  La grande mostra “Il Rinascimento di Gaudenzio Ferrari” , promossa e sostenuta dall’Assessorato alla Cultura e al Turismo della Regione Piemonte, con il sostegno della Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT, Fondazione Cariplo e la partnership di Intesa Sanpaolo, coinvolge tre città piemontesi – appunto Varallo Sesia (Pinacoteca e Sacro Monte), Vercelli (L’Arca) e Novara (Broletto)– estendendosi, al di là delle sedi espositive, in chiese ed edifici delle città e del territorio dove sono presenti affreschi ed altre opere del Maestro; tutto questo sotto la curatela di Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa con la supervisione di Gianni Romano, a lungo Soprintendente del Piemonte, Professore emerito dell’Università di Torino e massimo specialista dell’artista. Ma andiamo con ordine.  In questo percorso possiamo ammirare quasi un centinaio di dipinti, sculture e disegni. In ciascuna sezione si trovano presentate, in ordine cronologico, le opere di Gaudenzio, dei suoi contemporanei e dei suoi seguaci. A Varallo viene considerato il primo tratto della sua carriera, dagli anni di formazione alle prove del Sacro Monte, nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie, nella Collegiata di San Gaudenzio e nella Cappella della Madonna di Loreto. A Vercelli la stagione della maturità; oltre che nello spazio Arca (antica chiesa abbaziale di San Marco, da tempo sconsacrata, con cicli pittorici murali del Quattrocento ancora ben visibili) il percorso prosegue con le opere dell’artista presenti nella Chiesa di San Cristoforo: la Pala della “Madonna degli Aranci”, le tele dedicate agli evangelisti e il ciclo di affreschi che la decorano. A Novara gli anni estremi, dove il pittore è soprattutto attivo sulla scena milanese in pieno “Manierismo”. Fuori dal “Broletto” si può ammirare anche il Polittico realizzato da Gaudenzio ed ospitato all’interno della Basilica di San Gaudenzio, simbolo “iconico” – religioso e non solo – di questa città. Ma anche Milano ha il suo gran Gaudenzio: la Pala dell’ “Ultima Cena” in Santa Maria della Passione, vantata persino da Giorgio Vasari, noto “avvocato” del “Rinascimento” tosco-romano, che in proposito scrisse: “(…)Gaudenzio Milanese pittore eccellentissimo, pratico et espedito, che a fresco fece per Milano molte opere, e particularmente à frati della Passione un Cenacolo bellissimo, che per la morte sua rimase imperfetto. Lavorò ancora ad olio eccellentemente, e di suo sono assai opere a Vercelli et a Veralla molto stimate da chi le possiede.” (“Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architetti”, 1568) Ma qui il “Rinascimento” è diverso, in cui tutto è pervaso da sublime naturalezza, testimonianza dei suoi luoghi e della sua gente. Nel catalogo “monumentale” che correda la mostra (possiamo ben dire un’opera d’arte esso stesso), edito da Officina Libraria, arricchito dalle immagini appositamente realizzate da Mauro Magliani, è compreso un elenco ragionato, curato da Roberto Cara, di tutti i documenti noti su Gaudenzio. Le novità de “Il Rinascimento di Gaudenzio Ferrari” non sono solo scientifiche, legate alla più puntuale conoscenza di un artista tra i maggiori del XVI secolo. Molti sono infatti gli aspetti innovativi del progetto: innanzitutto il forte coinvolgimento, accanto ai curatori, di giovani studiosi, usciti dalle Università piemontesi e lombarde; poi la particolare attenzione ai diversi pubblici, grazie anche alla grande cura riservata alla didattica, sia nelle sedi espositive che online, aspetto per cui è stato coinvolto il Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino. Da istituzioni museali del Capoluogo piemontese e da prestigiose sedi italiane ed estere provengono diverse opere di Gaudenzio concesse per questo evento. Alcune note biografiche sul Maestro. Nato più o meno intorno al 1480 a Valduggia, in Valsesia, parte dello Stato di Milano, Gaudenzio Ferrari si forma, secondo quanto riferito da Giovanni Paolo Lomazzo nel 1584, nella bottega milanese di Stefano Scotto, guardando da subito ai contemporanei come Bramantino e dimostrando grande capacità di assimilazione. Attivo inizialmente nell’area valsesiana e nei primissimi cantieri francescani di Varallo (da dove proviene la tavola raffigurante la Crocifissione oggi alla Pinacoteca locale), si spinge probabilmente fino a Firenze e a Roma allo schiudersi del nuovo secolo per poi fare ritorno nell’attuale Piemonte orientale tra Vercelli, Arona, Novara e la zona di Varallo, dove lascia polittici, pale e affreschi (come la grande parete a scomparti della chiesa di Santa Maria delle Grazie di Varallo, compiuta entro il 1513) di forte intensità devozionale, progressivamente sempre più moderni, permeati da un’accostante, inconfondibile naturalezza. Attivo innovatore dell’allestimento teatrale, inglobante, delle cappelle del Sacro Monte di Varallo, si rivela anche abilissimo plasticatore, non solo pittore, dando vita a capolavori assoluti dell’arte rinascimentale italiana come la cappella della Crocifissione (già conclusa nel 1520) o dell’Adorazione dei Magi. In qualunque luogo si fermi a lavorare, Gaudenzio si vale di collaboratori esperti, in parte già formati, con i quali condivide una dimensione fortemente artigianale e che estenderanno a largo raggio l’influenza delle sue invenzioni. Pur radicato inizialmente in Valsesia, frequenta anche la bassa Valtellina (Morbegno, Traona) e dalla fine del terzo decennio si sposta a Vercelli, dove lavora per numerosi committenti e dipinge due cappelle della chiesa di San Cristoforo per gli altolocati Corradi di Lignana, parenti di Mercurino Arborio di Gattinara, già grancancelliere di Carlo V. Nella prima metà degli anni Trenta la sua attività tocca anche Casale Monferrato, Como e Vigevano, dove viene chiamato dall’ultimo duca Sforza, Francesco II, che in precedenza, nel 1530, si era personalmente recato in pellegrinaggio al Sacro Monte di Varallo: il rapporto è favorito anche dal fatto che la recente scomparsa di Bramantino (1530) e di Bernardino Luini (1532) aveva lasciato un vuoto tra gli artisti attivi in area milanese. Proprio per sostituire il Luini, tra il 1534 e il 1536, Gaudenzio è incaricato di affrescare i cori angelici che circondano l’Assunzione della Vergine nella cupola del santuario di Santa Maria dei Miracoli a Saronno. Da Vigevano e Saronno alla Milano appena divenuta provincia di Carlo V (1535) il passo è breve: dal 1537 almeno alla morte, avvenuta il 31 gennaio 1546, Gaudenzio trascorre nella città lombarda un decennio intenso e fruttuoso, in cui si aggiorna caparbiamente sulle novità del manierismo montante con esiti discontinui ma sempre interessanti, incontrando il gusto delle generazioni successive, soprattutto in epoca borromaica e fino al primo Seicento. Come in passato, anche a Milano la sua bottega è frequentatissima e molto attiva: al suo interno, dove passa anche Bernardino Lanino, spicca Giovanni Battista Della Cerva, socio e coinquilino del maestro nei suoi anni estremi, che diventa il tramite con Giovanni Paolo Lomazzo, l’artista-scrittore cui, nel secondo Cinquecento, si deve la consacrazione letteraria di Gaudenzio Ferrari. (da Rossana Sacchi, “Gaudenzio a Milano”, Milano, Officina Libraria, 2015)

Pinacoteca di Varallo (fino al 16 Settembre 2018); Arca di Vercelli; Broletto di Novara (fino al 1° Luglio 2018)  Orari: Da martedì a domenica 10-18 (ultimo ingresso ore 17.30); sito Internet: www.gaudenzioferrari.it

Fabio Giuliani

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