TRA HARRY POTTER E FRODO BAGGINS

| 1 febbraio 2002

    La sfida del cinema fantastico si svolge quest’anno tra due personaggi “nuovi” nel mondo del cinema: il ragazzino apprendista mago, nato dalla mano di una trentaseienne d’assalto che ha conquistato il cuore dei bambini dell’intero pianeta; lo hobbit tenero e pugnace, eroe in un vero e proprio mondo alternativo che ha generato migliaia di fans fin dalla sua prima apparizione, risalente ormai agli anni ’50, mantenendo inalterato il proprio successo.
I due film, che sono in programmazione ora, risentono chiaramente delle loro origini letterarie. Harry Potter è, infatti, il risultato di un’operazione commerciale evidente, il frutto dell’equazione best seller=denaro a palate. Gli incassi stratosferici, e l’abile battage pubblicitario, hanno dimostrato che questo ragionamento era più che esatto. Ma come si fa a non restare delusi di fronte alla pellicola diretta da Chris Columbus. Harry Potter e la pietra filosofale è un film furbetto, girato con professionalità dal regista di Mamma ho perso l’aereo, ma senza un minimo colpo d’ala. Tutto si svolge senza sorprese, la sceneggiatura appare abbastanza scipita e basata su personaggi tratteggiati convenzionalmente, appiattiti sulla simpatica faccetta del protagonista e interpretati con poco calore. Inoltre, non si possono che riscontrare diversi salti narrativi che divertono giustamente i bambini (colpiti più che altro dagli effetti speciali), ma lasciano deluso il pubblico più navigato che ha visto troppe volte i trucchi utilizzati dal regista per reggere le due ore di film. Quale differenza rispetto al Signore degli anelli, pensato e diretto da un cineasta proveniente dalla lontana Nuova Zelanda che ha coltivato nel corso degli anni una sconfinata adorazione della monumentale opera di Tolkien. La passione è l’elemento che manca ad Harry Potter, elemento profuso, invece, a piene mani da Peter Jackson in questa pellicola, episodio iniziale di una trilogia ambiziosa e affascinante per chi conosce il mondo inventato dallo scrittore anglosassone. Jackson è un autore che ha avuto poca fortuna, finora, ad Hollywood. Arrivato al successo sull’onda di pellicole quasi demenziali affini al genere horror prodotte e girate in patria, ha cercato di integrarsi nel dorato mondo del cinema statunitense, ma ha dovuto registrare una parziale incompatibilità con l’America. Le sue prime apparizioni statunitensi (Sospesi nel tempo) sono stati forti insuccessi e solo ora, si può dire, il pubblico degli USA gli ha sorriso.
Per trovare questo successo, però, Jackson ha dovuto emigrare in Nuova Zelanda, dove ha girato la maggior parte delle scene.Le riprese dei tre episodi (gli altri due anni sono annunciati nel 2003 e 2004) sono state, infatti, effettuate nella sua patria natia e sono durate oltre un anno e mezzo. Il successo ha ripagato, però, questi grandi sforzi e ha permesso la realizzazione di un sogno. Chi ha letto le oltre mille pagine del Signore degli anelli, può finalmente vedere in immagini un mondo che lo ha rapito e affascinato e godere di fate, maghi, elfi, gnomi ed eroi senza macchia come li aveva descritti Tolkien, circoscritti da un alone di immortalità. Il match si è concluso alla pari per quanto riguarda l’incasso. Tutti e due hanno, infatti, raggiunto cifre stratosferiche, ripagando ampiamente i produttori dello sforzo economico sostenuto. Il pubblico li ha eletti, entrambi, tra i migliori film dell’anno, rimandando il duello finale alla premiazione degli Oscar dove sembra che l’opera di Jackson sia tra le favorite. La potenza del sogno ha dunque vinto, Frodo e Harry entrano a braccetto nella storia del cinema (commerciale, ma sempre storia è) in attesa dei sequel, già ampiamente annunciati che speriamo siano addirittura migliori di quanto abbiamo già visto.

Di: Giovanni Scolari

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