Torino – RENATO BIROLLI – FIGURE E LUOGHI 1930-1959

| 21 aprile 2016
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Equilibrio tra il reale e l’invenzione

“Fui un uomo ed ebbi alcuni colori” (Renato Birolli)

Basta “Taxi rosso nella neve” per innamorarsi degli esordi di Renato Birolli. Nei primi anni Trenta, come afferma l’amico suo e collega Oreste Marini, coscienza critica del “Chiarismo”, mentre la pittura, e non solo quella, si faceva d’“aer fosco” l’artista sceglieva la luce e il trionfo dei colori con la caratteristica di usarli in modo espressivo ed affermava: “Il colore non è materia, è nucleo emozionale”, non solo, ma le sue figure, contrariamente all’arte ufficiale di quegli anni erano tutte antieroiche, , innocenti, stupite; basti pensare al dipinto    “San Zeno Vescovo pescatore” (sacerdote africano, poi Vescovo di Verona che, secondo la tradizione, guarì con tre pesci la figlia dell’Imperatore Gallieno). Come afferma Elena Pontiggia, curatrice dell’ampia monografica a lui dedicata in corso al Museo Ettore Fico, per nostra fortuna illuminata interprete dell’artista, in particolare del primo periodo, “San Zeno non è rappresentato qui come sapiente taumaturgo padrone dei propri poteri magici, ma il tramite inconsapevole del miracolo.” Alcune citazioni di Birolli, a proposito della sua arte religiosa, sono esemplari: “Il sacro nasce dall’intimo”. Con oltre 90 opere, partendo dunque dal “Chiarismo” l’esposizione prosegue con la sua stagione espressionista di “Corrente”, per finire con l’astratto-naturalistico finale, rielaborando ed infuocando con accensioni brucianti le intuizioni degli inizi. Il suo percorso viene ampiamente scandagliato da Elena Pontiggia e Viviana Birolli (nipote dell’artista), avvalendosi dei documenti inediti, qui pubblicati per la prima volta, del “Fondo Renato e Rosa Birolli” conservato a Firenze presso il Gabinetto Scientifico Letterario G.B. Vieusseux, fondato nel 1819 dal banchiere ed editore protestante ginevrino quale punto d’incontro fra la cultura italiana e quella europea. E’ ospitato a Palazzo Strozzi e conserva numerosi fondi di biblioteche private dei maggiori poeti, musicisti e scrittori del XIX e XX secolo.

Vediamo la sua biografia in sintesi. 1905 – nasce a Verona (patria di Paolo Veronese), quindi col DNA nel colore. 1925 – si iscrive all’Accademia di Belle Arti, da dove viene espulso per indisciplina. 1928/29 – si trasferisce a Milano in Via Solferino dove hanno lo studio anche Del Bon, Fontana, Spilimbergo, Lilloni, suoi primi compagni di strada, e trova impiego come correttore di bozza all’ “Ambrosiano”, giornale con pagina dell’arte affidata a Carlo Carrà. 1930/35 – diventa amico del critico Edoardo Persico che diffonde a Milano l’ “Impressionismo” e il “Primitivismo”. 1936/37 – si accosta ai poeti “ermetici” (Umberto Saba): “Costoro modificavano il mio modo di sognare la realtà”. Si reca per la prima volta a Parigi studiando gli “impressionisti”. Inizia il sodalizio intellettuale con Sandro Bini. 1938/42 – sposa Rosa Rossi, da cui nascono due figli, Zeno e Marco (il primo, indimentimenticato storico e critico d’arte, Professore all’Accademia di Brera, scomparso nel 2014, il secondo, padre di Viviana, curatrice con Elena Pontiggia dell’attuale mostra). E’ tra i fondatori del gruppo e della rivista “Corrente”, già “Vita giovanile”, periodico mensile d’arte, letteratura e politica fondato da Ernesto Treccani nel 1938, soppressa nel 1940 dal Partito Fascista. Il Movimento prosegue la sua attività nella Galleria Bottega di Corrente, inaugurata con la mostra dedicata a Birolli. Nel 1942 espone alla Biennale di Venezia. 1943-45 – durante la guerra sfolla a Cologno di Melegnano e pubblica “Sedici taccuini”, prima edizione delle sue note di pittura.           1946-47 – è tra i promotori della “Nuova secessione artistica”, poi “Fronte nuovo delle arti” che ottiene una sala alla 24° Biennale di Venezia.                                                                                                                          1948-49 – a seguito dell’irrigidirsi del P.C.I. a favore di un’arte esclusivamente neorealista il fronte si spezza. Birolli espone alle gallerie milanesi del Milione e Annunciata.                                                                 1950-54 – partecipa al dibattito sul Neorealismo e nel ’53 fa un intervento al Gabinetto Vieusseux di Firenze. Nel 1952 aderisce al Gruppo degli Otto presentato da Lionello Venturi alla 26° Biennale di Venezia con dedica di una sala personale. 1955-56 – espone a New York e alla prima edizione di “Documenta Kassel”. 1957-59 – viaggia in Germania. Rientrato in Italia muore per un attacco cardiaco. Da allora molti sono stati i riconoscimenti e numerosi musei in Italia e all’estero hanno organizzato mostre monografiche. Da qui mi pare di dedurre che nella sua ricerca di equilibrio tra il reale ed invenzione la natura sia sempre stata la base, per cui era un non-senso catalogare i pittori fra astratti e figurativi. Egli è stato soprattutto un uomo libero come deve essere il vero artista (sua lettera al collezionista Cappellini con cui, nel 1957, comunica di restituire la tessera del P.C.I. deluso dalle direttive culturali. Sono esposti i principali capolavori dell’artista provenienti, oltre che dalla collezione Birolli e dalle maggiori collezioni private italiane ed europee, da istituzioni e musei italiani: Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, Museo del Novecento di Milano, Galleria d’Arte Moderna di Torino, Galleria d’arte Moderna di Udine e Collezione Banca Intesa. Completano il percorso documentazioni e foto d’epoca che provengono dal fondo dell’Archivio milanese e dall’Associazione Renato Birolli recentemente costituita. Il catalogo (Edizioni Museo Ettore Fico, Torino) quindi, ripercorre tutta la sua carriera con dovizia di documentazione regalandoci nei testi e negli apparati mezzo secolo di storia, non solo del suo “navigar pittoresco” – di cui fu eccellente interprete – ma anche del “secolo breve” nel suo evolversi. Un cenno alla sede espositiva. Nuova realtà museale torinese nata nell’area dismessa della SICME (Industre meccaniche ed eletttriche), diventata luogo di cultura ospitante nella fattispecie il Museo Ettore Fico, pittore piemontese (Biella, 1917-Torino, 2004) famoso per le sue svariate potenzialità del colore per approdare infine a nuovi risultati in bilico tra realtà ed astrazione.

Museo Ettore Fico – Via Francesco Cigna 114, Torino; fino al 26 Giugno 2016; orari: da mercoledì a venerdì 14-19, sabato e domenica 11-19 (chiusura biglietteria un’ora prima); Tel. biglietteria +39 011 852510   www.museofico.it

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Fabio Giuliani

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