SPIGOLANDO

| 1 ottobre 2001

Roberto Giacomelli mi donò, tempo addietro, le sue antiche cartoline di Sirmione. Egli continuamente accresce la mia raccolta di memorie benacensi – e non d’esse soltanto – mentre io cerco di ricambiare le ripetute cortesie con libri d’ispirazione religiosa o scientifica. Sfogliando l’album delle cartoline, ne ho vista una che riproduce le “grotte di Catullo”. E’ indirizzata ad una signorina di nome Emma che abitava, in quel remoto febbraio 1918, in un paese del Bresciano. Il messaggio è formale e sottoscritto da un non meglio identificato Alessandro. Ma sotto il francobollo, che manca, erano state vergate in caratteri assai minuti queste parole: “tengo il tuo fazzoletto”. Penso a quell’atto d’amore pudicamente velato nell’epoca in cui tanti giovani morivano al fronte. E mi interrogo, senza darmi convincente risposta, sulla natura dell’essere umano.

Don Giussani e la libertà
A Desenzano del Garda sono stato invitato ad un dibattito sul libro “Io, il potere, le opere, scritto da Monsignor Luigi Giussani e pubblicato nel 2000dall’editrice genovese Marietti. Nel corso del mio intervento ho rilevato la particolare attenzione dell’autore nei confronti della libertà individuale, contro la quale si appuntano le minacce di un potere non esercitato come servizio all’uomo, secondo il principio della sussidiarietà. Occorre dunque lottare – scrive il sacerdote- contro “qualsiasi lesione programmata o permessa alla libertà della persona”. Sono parole sulle quali credo debbano concordare non soltanto i cristiani, ma tutti gli uomini di buona volontà.
Il mattino di Pessoa
Fernando Pessoa (1888-1935) è considerato uno dei maggiori poeti portoghesi dello scorso secolo. E fu, a mio avviso, un acuto interprete del progressivo rarefarsi degli antichi valori dai quali proveniva qualche certezza nei quotidiani triboli esistenziali. Ne sono eloquenti testimoni i seguenti versi, tradotti da Luigi Panarese per Mondadori: “Lieve, breve, soave,/ un canto d’uccello/ sale nell’aria con cui principia/ il giorno./ Ascolto ed è svanito…/ Sembra che solo perché l’ascoltai/ s’è fermato”.
Kierkegaard e la fede
Sören Kierkegaard (1813-1855) ha scritto un aforisma nel quale, ormai anziano, mi riconosco interamente: “Una cosa è professare (profiteri) una fede, una scienza, un sapere; altra cosa è trarre profitto da essi”.

Di: Mario Arduino

Commenti

Salvato in: CULTURA
×