San Secondo di Pinerolo (Torino) – Castello di Miradolo: SAN SEBASTIANO. BELLEZZA E INTEGRITÀ NELL’ARTE TRA ‘400 e ‘600
L’ “Apollo” cristiano
“[…] Laonde per prova fece in un quadro, un San Sebastiano ignudo con colorito molto alla carne simile, di dolce aria e di corrispondente bellezza alla persona parimente finito, dove infinite lode acquistò appresso agli artefici. Dicesi che, stando in chiesa per mostra questa figura, avevano trovato i frati nelle confessioni, donne che nel guardarlo avevano peccato per la leggiadria e lasciva imitazione del vivo, datagli dalla virtù di fra’ Bartolomeo; per il che levatolo di chiesa, lo misero nel capitolo […]” (Giorgio Vasari, “Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori…”)
San Sebastiano (256-?, Roma, 288), venerato come Santo dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa Cristiana Ortodossa, è oggetto di un culto antichissimo. Secondo la leggenda egli visse quando l’Impero Romano era guidato da Diocleziano. Istruito nei principi della fede cristiana, si recò poi a Roma dove entrò a contatto con la cerchia militare alla diretta dipendenza degli imperatori. Divenuto alto ufficiale dell’esercito imperiale, fece presto carriera. In questo contesto, forte del suo ruolo, poté sostenere i cristiani incarcerati, provvedere alla sepoltura dei martiri e diffondere il cristianesimo tra i funzionari e i militari di corte, approfittando della propria carica imperiale. Quando Diocleziano, che aveva in profondo odio i fedeli a Cristo, scoprì che Sebastiano era cristiano, lo condannò a morte. Fu legato ad un palo in un sito del colle Palatino, denudato, e trafitto da così tante frecce in ogni parte del corpo. I soldati, al vederlo morente e perforato dai dardi, lo credettero deceduto e lo abbandonarono sul luogo; ma non lo era, e Irene (poi futura Santa), andando a recuperarne il corpo per dargli sepoltura, si accorse che il soldato era ancora vivo, per cui lo trasportò nella sua dimora sul Palatino e prese a curarlo dalle molte ferite. Il futuro Santo, poi ricatturato, fu flagellato a morte nel 304 nell’ippodromo del Palatino, e il suo corpo gettato nella Cloaca Maxima. La salma venne recuperata da mani pietose e sepolta nelle catacombe che oggi vengono appunto dette “di San Sebastiano”. Dato storico certo, che ne testimonia il culto sin dai primi secoli, è l’inserimento del nome di Sebastiano nella “Depositio martyrum”, il più antico calendario della Chiesa di Roma e risalente al 354. A lui sono intitolate numerose chiese e templi cristiani in Italia e nel mondo. Soggetto molto rappresentato nella storia dell’arte da pittori e scultori di ogni era, era tra l’altro una delle poche figure nude che avevano il diritto di stare in una chiesa con il suo giovane ignudo corpo bello e virile trafitto da frecce. Merita sicuramente una gita la grande mostra dedicata a San Sebastiano, curata da Vittorio Sgarbi con la collaborazione di Antonio D’Amico, proposta dalla Fondazione Cosso, presieduta da Maria Luisa Cosso, ospitata nell’affascinante cornice del Castello di Miradolo, a San Secondo di Pinerolo, località non troppo lontana da Torino. Per l’occasione sono stati selezionati oltre quaranta capolavori, dal Rinascimento al Seicento inoltrato, secoli in cui la storia dell’arte ci ha offerto grandi e straordinarie interpretazioni di questo soggetto. In questa rassegna si possono altresì fare affascinanti confronti sul soggetto: il medesimo artista che adotta differenti soluzioni formali, pose ed ambientazioni in anni ravvicinati lette da artisti diversi, materiali differenti e modellati per capirne cambiamenti ed intenti devozionali e di fama della figura del Santo da nord a sud. Il percorso espositivo parte con Andrea della Robbia che modella l’anatomia del giovane Sebastiano con grande raffinatezza, levigando le membra con la terracotta invetriata. Si prosegue con uno sguardo nella Venezia del Quattrocento, dove Carlo Crivelli interpreta con grande suggestione, tra la laguna e le Marche, la figura di un giovanetto nudo e invaso dalle frecce. Ludovico Carracci ci mostra un atleta gentile che cita passi di danza e si muove leggiadro. Uno splendido paesaggio fa da sfondo alla “Vergine col Bambino e Sebastiano”, dipinto da Paris Bordone mentre un solitario e meditabondo “San Sebastiano” di Tiziano proviene da una importante collezione privata americana, esposto in Italia per la seconda volta. Il Seicento si apre con l’accesa armonia dei colori e le audaci forme che in Rubens trovano un risvolto leggiadro, suadente e delicato: il quadro dell’artista fiammingo esce dalla stanza dell’Alcova di Palazzo Corsini alla Lungara di Roma dopo tanti anni. Pittura tattile è quella del Seicento che mette in campo gli affetti con un inedito Guercino, di recente scoperto e custodito in una collezione privata americana, con l’altro, compagno ardito, della Galleria Nazionale delle Marche. L’aspetto della devozione è molto ben rappresentato da Guido Reni che lega il suo bel Sebastiano ad un albero in un’atmosfera calda, serale, intima, caratteristica di una Bologna in cui i dettami del Concilio di Trento, applicati dal Cardinale Gabriele Paleotti, sono ancora ben presenti nonché di forte attrazione e rispetto per gli artisti. L’ondata caravaggesca, poi, tocca un inedito culmine con un dipinto eccezionalmente dato in prestito dalla Quadreria dell’Arciverscovado di Milano, che rivela accenti nordici con una straordinaria verità nel volto e nella posa dell’uomo “santo”. Gli echi caravaggeschi, poi, mostrano la passione con Ribera e l’ardita partecipazione al martirio con Nicolas Regnier e con l’affascinante Matthias Stomer dei Girolamini di Napoli. La narrazione ideale, di coinvolgimento emotivo, trova due capisaldi nel dipinto di Mattia Preti di Capodimonte e nelle opere di Luca Giordano che attraversano il Seicento e aprono il secolo successivo. Il percorso della mostra, accompagnato da un allestimento sonoro che ha come protagonista “Il martirio di San Sebastiano” di Gabriele D’Annunzio, con le musiche di Claude Debussy, si conclude con una video-intervista a Sgarbi, il quale afferma: “San Sebastiano è il Santo che rappresenta la bellezza del corpo umano maschile, come nell’antichità erano le grandi rappresentazioni di eroi, atleti, divinità: San Sebastiano è l’equivalente di Apollo. Il Santo storicamente è sentito come aspirazione all’integrità fisica, alla sanità, particolarmente in riferimento alla peste. Il messaggio della mostra è che il Cristianesimo esalta la bellezza assoluta al di là della fede.” Alcune note sulla sede espositiva. Il Castello di Miradolo, dopo decenni di incuria ed abbandono, è attualmente oggetto di un imponente progetto di restauro, condotto da un gruppo di privati la cui passione per il pinerolese prende forma nella volontà di restituire ai suoi abitanti un complesso architettonico fortemente sentito. Gli interventi di recupero ne hanno permesso la riapertura al pubblico nell’Ottobre del 2008 come sede delle attività della Fondazione Cosso e proseguono adesso con lo scopo di riproporre sul territorio l’edificio come sede di quel “cenacolo culturale” che ne animava gli spazi nella prima metà del Novecento, grazie alla volontà e vivacità intellettuale della contessa Sofia Cacherano di Bricherasio. La Fondazione Cosso è nata a Pinerolo nel maggio del 2008 con l’obiettivo di valorizzare, nei suoi molteplici aspetti, il territorio circostante da un punto di vista culturale, scientifico, umanistico e sociale. Le diverse iniziative in programma spaziano dagli eventi espositivi a quelli teatrali e musicali, dai percorsi formativi agli interventi in attività sociali.
Castello di Miradolo – Via Cardonata 2, San Secondo di Pinerolo (TO) Fino all’8 Marzo 2015;Orari; giovedì e venerdì: 14-18.00; sabato, domenica e lunedì: 10-18.30; Ultimo ingresso in mostra un’ora prima della chiusura; chiuso martedì e mercoledì. Per gruppi e scolaresche interessati a visite guidate e attività didattiche il Castello può aprire ogni giorno, su prenotazione. Visite guidate per singoli ogni domenica alle 15.30. Contatti: www.fondazionecosso.it; Biglietteria Castello di Miradolo: Tel. 0121 502761 Uffici Fondazione Cosso: Tel. 0121 376545
Fabio Giuliani
Commenti