PIETRO RIZIERI CALCINARDI ARCHITETTO DESENZANESE 1803-1896

| 1 aprile 1993
pietro rizieri calcinardi

Impara l’ Arte a non mettere da parte…

C’è ancora chi lo ricorda, Pietro Rizieri Calcinardi, perchè la sua fama si è prolungata nel tempo sostenuta dalla simpatia per il personaggio, definito anche stravagante, del quale rimangono a testimoniare le opere di architettura, pittura e poesia grazie alla capacità di svolgere bene le sue attività predilette in qualunque campo esse si esprimano e nelle quali ha mantenuto il concetto di bellezza. Parlando di lui come architetto del grande quadriportico in due piani che è il Cimitero Monumentale di Desenzano, secondo dopo quello di Napoli fuori dalla chiesa, lo si colloca senza dubbio tra gli amanti del classico inteso nella sua purezza di linee. E’un susseguirsi di colonne doriche architravate interrotte da timpani nei lati e nell’ingresso principale. Nel lato di fondo trova posto la cappella di S.Michele a pianta centrale con cupola. Colonne, timpano, antefisse e decorazioni sono chiari elementi di gusto prettamente neoclassico, inteso nella sua più pura espressione. E’ una architettura che arriva fino a noi come un tesoro di testimonianze presso il quale resta ancora vivo il passato remoto dei desenzanesi come il vero tempo che non finisce mai.

Progettò la chiesa delle Suore Orsoline di via S.Maria e vi dipinse un crocefisso su tela. Nel Duomo progettò l’altare della Madonna e dipinse le storie di S.Angela Merici. Nei due episodi della Famiglia e la Visione, Calcinardi ricorda il suo lago come, del resto, lo dipinge nel grande quadro raffigurante il Conte Villio a cavallo. Questa è un’opera che si può ammirare nel palazzo sito in via Mazzini al n.4 ed è collocato in una parete del giro scala. Qui trova il suo degno posto dopo un lungo abbandono, regalandoci quel cielo tempestoso, quel cavallo bianco al galoppo e quel bel cavaliere in costume con i capelli lunghi. Ancora in casa privata si trovano dei quadri tra i quali un autoritratto giovanile.
L’espressione è severa, indossa un abito con ampie arricciature e adornato da una greca al collo e ai polsi. Tiene in mano una penna, con la quale forse eseguì la sua opera. Un ultimo autoritratto porta in fondo questa frase: “io mi dipinsi e non avea malanni benchè avessi novantatre anni”. Amava portare la velada quale tipico indumento dell’epoca, e portava il codino. I suoi abiti furono ereditati dal Collegio Bagatta per essere utilizzati nelle recitazioni degli allievi. Il disegno di un altare del quale fu eseguito il modello in legno in grandezza naturale è di proprietà privata, come pure altri progetti e scritti di prosa e poesia. Calcinardi viveva la sua lunga vita nello studio di via S.Maria, e certo nella sua mentalità non trovava posto l’idea della triste demolizione, dopo quella del Teatro Alberti

della Prof.ssa Itala RUI

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