Piacenza – GUERCINO A PIACENZA

| 2 maggio 2017
Guercino - Piacenza 1

La cupola affrescata della Cattedrale a vista in quota e una mostra celebrativa

“Cento, il 17 a sera. Vi scrivo quest’oggi, di migliore umore che ieri, dalla patria del Guercino. Convien pur dire, che tengo sott’occhio ben altra vista. Questa la è cittadina piacevole, ben fabbricata, di cinque mila abitanti all’incirca, pulita, di aspetto agiato, ed animata, la quale giace in una vasta pianura ben coltivata. (….) Il Guercino amava la sua città natale, e del resto è generale negl’Italiani questo patriottismo locale, il quale ha data origine alla manifestazione di tanti sentimenti lodevoli, ed alla fondazione di tante instituzioni, specialmente religiose. (….) Guercino è propriamente un pittore valente, dotato di forza virile, senz’ombra però di durezza; che anzi i suoi dipinti presentano una grazia morale gentile, una spontaneità, ed una grandiosità pacata, serena, le quali fanno sì, che le sue opere, quando l’occhio vi si è assuefatto, si riconoscono tosto a primo aspetto. La leggerezza, la soavità, la perfezione del suo pennello, recano propriamente stupore. Usa volontieri ne’ suoi panneggiamenti tinte di rosso cupo, le quali si fondono stupendamente su quelle azzurrine, delle quali si vale pure volontieri. (….)”

Quanto sopra è il commento espresso da Johann Wolfgang Goethe la sera del 17 Ottobre 1786 durante il suo passaggio a Cento, nel ferrarese, e riportato poi nel suo libro-saggio “Viaggio in Italia”, composto tra il 1813 e 1817. Il grande scrittore e poeta tedesco ammirava molto l’arte italiana e da turista più che competente, apprezzava le qualità pittoriche dell’artista di quel luogo natìo circa duecento anni prima, al secolo Giovanni Antonio Barbieri (Cento, FE, 1591-Bologna, 1666). Ma perché il soprannome “Guercino”? Fin da molto piccolo, egli soffriva di particolare strabismo ad un occhio e per questo così denominato per tutta la vita, e così passato alla storia. Questo difetto non gli impedì comunque di dare il meglio di sé in pittura con sublimi esempi compositivi tradotti in assoluti capolavori, molti dei quali attualmente vero vanto delle collezioni permanenti di diversi musei internazionali. La sua pittura inizialmente votata ad un naturalismo spontaneo e popolare subì un importante influsso dall’incontro con i Carracci, in particolare con Ludovico, che allargò i suoi orizzonti verso la più aggiornata cultura pittorica del tempo. “Qua vi è un giovane di patria di Cento che dipinge con tanta felicità de inventione, è gran disegnatore e felicissimo coloritore, è mostro di natura e miracolo da fare stupire a chi vede le sue opere. Non dico nulla, e’ fa rimanere stupiti li primi pittori.” (Ludovico Carracci, lettera a Frrrante Carli, 25 Ottobre 1617) A Ferrara nel 1616 attraverso lo Scarsellino ebbe un primo contatto con i modi pittorici veneziani, che ebbe poi occasione di sviluppare durante il suo soggiorno a Venezia nel 1618, con lo studio dei grandi maestri veneziani del XVI secolo. Le opere del primo periodo (1615-20), sono tra i capolavori della sua produzione e sono caratterizzati da un colorito caldo e intenso, e da effetti di luce e ombra. Chiamato a Roma nel 1621 da Papa Gregorio XV, decorò una sala del Casino Ludovisi con “L’aurora”, che si contraddistingue per la libertà della composizione e l’efficacia cromatica e luministica. Sempre a Roma, dipinse, tra il 1622 e il 1623, il “Seppellimento di Santa Petronilla”, in cui accanto al naturalismo quasi caravaggesco di alcune figure, appare una nuova tendenza idealizzante. Nel 1623, Guercino torna a Cento e vi resta fino al 1642. L’influenza di Guido Reni, alla cui morte avvenuta nel 1642, ereditò a Bologna il ruolo di caposcuola, si fa sempre più netta. La sua arte si volge a modi accademici, sia nella composizione, sia nel colorito, sia nella fattura, sia infine nei temi e nei motivi. Nel 1626, Guercino è a Piacenza dove completa gli affreschi per la cupola della Cattedrale, lasciati incompiuti dal Morazzone alla sua scomparsa. Proprio questo è il “punto focale” da cui si dipana il progetto espositivo dedicato al grande Maestro dalla stessa città emiliana che ha il suo culmine in una bella ed importante mostra a Palazzo Farnese, tra sacro e profano, curata da Daniele Benati ed Antonella Gigli (insieme con un comitato scientifico composto da Antonio Paolucci, Fausto Gozzi e David Stone), che presenta, all’interno della Cappella ducale, una selezione di 20 capolavori del Guercino, testimoni tutti della lunga parabola che lo ha portato ad essere uno degli artisti del Seicento italiano più amati a livello internazionale, secondo solo al “Caravaggio” per numero di mostre che gli sono state dedicate negli ultimi anni. Incontriamo qui grandi pale d’altare così come i cosiddetti “quadri da stanza”, realizzati in varie fasi della sua vita, dai primi tempi a Cento, quindi al periodo bolognese e, in seguito, romano. Guercino era un uomo che viveva profondamente la religione, intesa però in una dimensione di verità, di affetto, di emozione. Come nell’ “Immacolata concezione” conservata ad Ancona, in cui la Madonna sorge – dolcissima – dal mare con i piedi poggiati su una falce di luna. Un “teatro dei sentimenti”, com’è stato spesso definito, anche perché non pochi sono i rimandi al palcoscenico, la straordinaria “Cleopatra” morente viene incorniciata da un vero e proprio sipario di soffici tende. Quindi “Susanna e i vecchioni”, in cui la pelle della donna sfuma nel blu del mare e nel cielo, e poi l’ “Ortolana”, in cui l’artista aggiunge ad una natura morta dipinta dal fratello morto precocemente – unico grande dolore della vita – un personaggio quasi fiammingo, dai tratti delicati, intento a contare le monete guadagnate durante la giornata. Immancabile in un evento espositivo dedicato al Guercino, sempre suggestivo per il suo messaggio è il dipinto “Et in Arcadia Ego”, simbolo-metafora della transitorietà della vita di fronte all’ineluttabile, prima o dopo, suo terminare. Un’occasione unica è ora vivere da vicino la magnificenza della cupola della Cattedrale cittadina e gli affreschi del Guercino, uno dei vertici assoluti della sua arte, visitabile eccezionalmente per tutto il periodo della mostra. Il percorso parte dalla navata laterale sinistra dove si accede attraverso una serie di strette scale (160 gradini) grazie alle quali si può raggiungere la base del campanile per poi continuare nel sottotetto della navata nord sfruttando i passaggi esistenti interni alla Cattedrale; l’ascesa è introdotta dalla sosta all’interno di una sala che consente una “navigazione” multimediale della cupola. Saliti in quota a circa 27 metri d’altezza siamo di fronte alla visione ravvicinata degli affreschi (alla cui realizzazione contribuì generosamente il vescovo Giovanni Linati (1620-1627)) e ad una percezione dall’alto dell’imponente mole della Cattedrale. Le immagini di Davide e Isaia sono di Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone, che chiamato a dipingere i Profeti nel 1625, morì ultimati i primi due spicchi notevoli per cromia e impianto. Nel 1626 gli subentrò il Guercino, che completò entro il 1627 gli altri sei scomparti della cupola (i profeti Aggeo, Osea, Zaccaria, Ezechiele, Michea, Geremia), le lunette in cui si alternano episodi dell’infanzia di Gesù (Annuncio ai Pastori, Adorazione dei pastori, Presentazione al Tempio e Fuga in Egitto) a otto affascinanti Sibille e il fregio del tamburo, per la parte a grisaille affidato ad aiuti. Tutto quanto reso migliore alla vista grazie alla nuova illuminazione firmata da Davide Groppi. Volgendo lo sguardo poco più in basso si possono ammirare altri bellissimi affreschi realizzati da un altro “campione” della storia dell’arte di ogni tempo: Ambrogio da Fossano, detto il Bergognone (1453-1523). A corollario dell’intera manifestazione il 22 e 23 Marzo nei Musei Civici di Palazzo Farnese, si è tenuto un convegno con i maggiori esperti di Guercino che hanno reso noti i più recenti studi sull’opera del Maestro di Cento. Tutti quanti, curatore della mostra compreso – come da sua stessa ammissione – , debitori di “Sir” Denis Mahon (Londra, 1910-2011), collezionista d’arte e storico dell’arte britannico, che con la sua attività contribuì a portare al grande pubblico la pittura barocca italiana, soprattutto da sempre considerato il massimo esperto e studioso proprio dell’opera del Guercino, al quale ha dedicato, si può ben dire, una intera vita. L’esposizione è illustrata da un catalogo (Skira) ricco di studi e di foto eloquenti. Grazie a questa strepitosa valorizzazione della maestosa cupola della sua Cattedrale, Piacenza si impone come città d’arte. Il mio auspicio è che questo percorso non termini con la mostra a Giugno, ma diventi permanente, quantomeno visite programmate in giorni e in orari prestabiliti. “Diceva ch’egli non aveva imitato nissuno; (ma) preso da tutti e poi fatto una maniera a suo genio poiché chi imiterà un altro sarà sempre il secondo. Che, purchè vi sia il naturale dentro, ogn’uno è padrone della sua maniera.” (Carlo Cesare Malvasia, appunti per la “Felsina pittrice” 1678)

Musei di Palazzo Farnese – Piazza Cittadella 29, Piacenza; Cattedrale: Piazza Duomo; Fino al 4 Giugno 2017; orari: martedì, mercoledì, giovedì, domenica 10-19; venerdì e sabato 10-23; Biglietti: Intero: Cattedrale: 10 €; Palazzo Farnese: 7 €; Cattedrale + Palazzo Farnese, 12 €; Ridotto: Cattedrale: 8 €; Palazzo Farnese: 5 €; Cattedrale + Palazzo Farnese, 10 €. Informazioni: tel. 335.1492369; www.guercinopiacenza.com

Fabio Giuliani

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