Pavia – 1525-2015. Pavia, la Battaglia, il Futuro
Niente fu come prima
Ci sono battaglie che, più di altre, divengono memorabili: segnano il corso della storia, definiscono equilibri e poteri, miserie ed arricchimenti, ma anche rivoluzioni tecnologiche e sociali; battaglie che cambiano i destini di uomini e Paesi, divenendo emblema del passaggio da un’epoca a un’altra, oggetto di narrazioni epiche e di grandiose rappresentazioni iconografiche. La Battaglia di Pavia è una di queste. Lo scontro feroce che si consumò attorno alla città lombarda, durante la guerra d’Italia del 1521-1526, tra l’esercito ispano-imperiale guidato dal vicerè di Napoli Charles de Lannoy e i soldati capeggiati dal Re di Francia Francesco I, decretò la fine di un’epoca politica, militare, culturale e sociale, con la sconfitta drammatica della cavalleria francese e la cattura del Sovrano. Gli aristocratici e intaccabili guerrieri coperti di ferro e lungamente addestrati, ostinatamente aggrappati agli ideali di un mondo al tramonto, furono massacrati senza pietà da cenciosi e poveri soldati, arruolati per pochi scudi ma dotati di rivoluzionarie armi da fuoco. “Benedetti quei fortunati secoli cui mancò la spaventosa furia di questi indemoniati strumenti…” dirà Don Chisciotte nel discorso sulle armi e le lettere improvvisato in un’osteria. Il prode eroe a cavallo, pronto con la sua spada allo scontro corpo a corpo, cadeva sotto il fuoco di lontani archibugi impugnati da semplici comprimari. L’epoca della cavalleria si era conclusa. Sul piano politico poi, la battaglia segnò il corso della storia europea, consegnando di fatto la Lombardia, e quindi l’Italia, alla Spagna, perché “le chiavi di Napoli erano a Milano” come ben sapeva ogni diplomatico avveduto. Negli anni immediatamente successivi, dopo che Francesco I fece ritorno in Francia dalla prigionia spagnola, ci furono altre battaglie, altri assedi, altri saccheggi; l’Italia attraversò uno dei periodi più cupi della sua millenaria storia, ma il quadro strategico generale delineato dalla battaglia del 1525 non subì mutamenti. Dieci anni più tardi, dopo la morte di Francesco II Sforza, la Lombardia divenne una provincia spagnola. 490 anni dopo la città di Pavia ricorda quegli eventi con una mostra allestita al Castello Visconteo, in un’ala ai piani superiori appena restaurata e per la prima volta aperta al pubblico. Possiamo ammirare qui uno dei celebri arazzi fiamminghi dedicati alla Battaglia proveniente dal Museo di Capodimonte di Napoli. L’opera esposta – di quasi 8 metri di lunghezza e 5 di altezza – raffigura la Sortita degli assediati e la rotta degli svizzeri che annegano in gran numero nel Ticino. La scena è dominata da una magnifica Pavia, la città che sotto il comando di Antonio de Leyva aveva resistito per quasi quattro mesi all’assedio di Francesco I, consentendo il trionfo di Carlo V in quel nebbioso 24 febbraio 1525. Carlo d’Asburgo già Re di Spagna, Imperatore del Sacro Romano Impero con il nome di Carlo V avrebbe sicuramente apprezzato un dono capace di fissare nella memoria dei posteri il recente trionfo del suo esercito in quell’avamposto strategico del Ducato di Milano ch’era Pavia, con il cambiamento radicale delle strategie di combattimento e lo smacco inferto al Re di Francia: un racconto delle gesta dei suoi soldati tanto minuzioso quanto immediato e comprensibile a tutti, una “cronaca” grandiosa e preziosa della schiacciante vittoria imperiale. E’ stato probabilmente questo pensiero a indurre i rappresentati degli Stati Generali a commissionare una serie di giganteschi arazzi raffiguranti tutte le fasi della battaglia, consumata il 24 febbraio 1525 nel parco visconteo di Pavia, per farne dono a Carlo V in occasione dell’Assemblea del 1531. Tre anni di lavoro – dal 1528 al 1530 – per realizzare un lavoro impressionante: 7 pannelli intessuti in lana, seta e fili d’oro dalle manifatture della città belga, su cartoni disegnati da Bernard van Orley, che non lasciavano dubbi sugli avvenimenti cruciali di quell’epocale scontro. Il restauro della serie effettuato alla fine degli anni Novanta, ha permesso di individuare il monogramma dell’arazziere Willem Dermoyen, lo stesso cui si deve l’altro famoso ciclo di arazzi appartenuto all’imperatore, “Le Cacce di Massimiliano”. La presenza del monogramma conferma poi che la tessitura dovette iniziare non prima del 1528, anno dell’editto che impose di siglare le produzioni di Buxelles. Sono invece attribuiti al fiammingo Bernard Van Orley i disegni preparatori degli arazzi, che sono stati lavorati “a basso liccio” ovvero con le scene riportate sui singoli cartoni – tutti dispersi – in controparte rispetto ai disegni o modelletti, ora conservati presso il Gabinetto del Louvre. Van Orley per illustrare i singoli episodi – peraltro corrispondenti senza sostanziali inesattezze alla realtà dell’accadimento militare e alla collocazione topografica – si rifà alle informazioni che circolavano presso la corte, dov’erano gli esperti militari, e realizza una narrazione dai toni celebrativi del potere imperiale. I suoi modelli di riferimento sono le incisioni di battaglia ma anche le celebri raffigurazioni di soggetti affini dei grandi maestri del Rinascimento italiano come Leonardo, Michelangelo, Raffaello, Giulio Romano: da loro deriva la vigorosa resa plastica delle figure, la felice distribuzione spaziale degli aggruppamenti, la scansione delle scene su più piani prospettici, la monumentalità compositiva. Il grande arazzo presente in mostra (435 x 789 cm), raffigura la “Sortita degli assediati e la rotta degli Svizzeri che annegano in gran numero in Ticino”, esposto nella Torre Sud-ovest del Castello Visconteo, è l’ultimo della serie ed è collocato a conclusione del percorso espositivo. Prima di giungervi, nell’infilata di sale dell’ala sud, ove lo sguardo può spingersi fino al reale campo di combattimento, un innovativo e originale allestimento informatico e interattivo – realizzato da DNA Cultura – restituisce virtualmente gli altri arazzi, a ricomporre la narrazione, dando modo ai visitatori di interagire con le scene illustrate grazie ad appositi touchscreen e di “entrare”, attraverso grandi retroproiezioni dinamiche in 3D, negli arazzi e nella battaglia: tra i lanzichenecchi della Banda Nera al soldo del re di Francia e quelli imperiali, tra i fanti svizzeri e i cavalieri crociati; tra archibugieri imperiali e artiglieri francesi, tra famosi e nobili cavalieri e impavidi contadini, con la possibilità di scegliere diversi approfondimenti tematici. Una mostra, questa, è promossa dal Comune di Pavia con il contributo dell’Associazione Pavia Città internazionale dei Saperi e della Fondazione Banca del Monte di Lombardia, organizzata dai Musei Civici di Pavia con Villaggio Globale International, in collaborazione con il Mibact-Museo di Capodimonte e con l’Università degli Studi di Pavia, la Bulgarian Academy of Sciences, Aspen Institute Italia, Associazione Parco Vecchio; curata da Susanna Zatti Direttore dei Musei Civici di Pavia, Luigi Casali esperto di storia militare e Virginio Cantoni dell’Università di Pavia-Computer Vison and Multimedia Laboratory, la mostra è nell’ambito di Experienza pavese che si vale del patrocinio Expo 2015.
Castello Visconteo – Viale XI Febbraio 35, Pavia; fino al 15 Novembre 2015; Orari: da martedì a domenica 10-18 (chiusura biglietteria un’ora prima); www.labattagliadipavia.it ; Informazioni e prenotazioni: Tel. +39 0382 399770; www.vivipavia.it
Fabio Giuliani
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