Padova – FATTORI

| 15 marzo 2016
Fattori 4

“Dalle avanguardie al cinema. La riscoperta e la celebrazione di Fattori nel Novecento” (Fernando Mazzocca)

“(…) grandi quadri di sobrio colore, con soldati e cavalli, butteri e buoi, tutti in movimento, così agitati da un’energia impulsiva che, a voltarsi, par di ritrovare uomini e bestie disposti in un altro gruppo o fuggiti lontano sulla polvere o sull’erba rada e riarsa, e paesaggi di Maremma e di Toscana fissati in linee essenziali, ritratti di paesi che sembrano d’un giottesco o di un quattrocentesco intorno a Masaccio ed a Piero, dove i monti e le piagge sono scarniti come in un’anatomia e alti alberi di poca fronda su pei declivi e per le ripe si piegano al vento come ruvide capigliature sopra una fronte rugosa, dove l’azzurro e le nuvole accendono o spengono gli occhi dei laghi, dei ruscelli, delle pozze, del mare lontano.” (Ugo Ojetti)

Padova è da sempre città italiana di particolare interesse artistico-culturale per le sue offerte, in Istituzioni pubbliche, ed Enti privati, in grado di offrire praticamente in ogni periodo dell’anno eventi espositivi temporanei di alta qualità. In questi giorni – si spera – di avvicinamento alla prossima Primavera, consigliamo, in previsione del breve “ponte” pasquale, un passaggio a Palazzo Zabarella, dove è attualmente in corso una vasta antologica dedicata a Giovanni Fattori (Livorno, 1825-Firenze, 1908) curata dai più accreditati esperti del pittore livornese, Francesca Dini, Giuliano Matteucci (Direttore del Centro Matteucci di Viareggio, sede specializzata nell’arte italiana tra Otto e Novecento) e Fernando Mazzocca. Oltre cento dipinti ricostruiscono , tramite un taglio cronologico ed insieme tematico – la vita e l’attività lavorativa di uno dei più importanti artisti del secondo Ottocento italiano, la figura per cui si identifica il movimento dei “Macchiaioli”, insieme a Silvestro Lega e a Telemaco Signorini. Dall’ austero “Autoritratto” del 1854, nel quale si poteva già intravvedere la forza rivoluzionaria della sua pittura, agli ultimi capolavori eseguiti agli inizi del Novecento – viene qui illustrata la straordinaria versatilità di una lunga vicenda creativa che lo ha visto cimentarsi con tematiche e generi diversi. Fattori, infatti passava con estrema facilità dal paesaggio – di cui è stato uno dei più importanti interpreti – al ritratto, raggiungendo risultati altrettanto validi , alle cronache della storia contemporanea, dove è stato testimone di un’epoca, alle scene di vita popolare, dove ha saputo condividere gli stati d’animo e i problemi più drammatici dell’umanità. Le celebri tavolette, i dipinti monumentali di soggetto risorgimentale, i magnifici ritratti, le scene di vita popolare sono riuniti qui a testimonianza di un assoluto protagonista, non solo della pittura macchiaiola, ma anche del naturalismo di fine secolo. è stato certamente anche per la lunga vita, la qualità, il numero dei quadri realizzati, un protagonista di livello europeo. La sperimentazione della “macchia” (macchie compatte di colore e tocchi di luce) cui lui ha dato un contributo decisivo (ricordiamo i cenacoli tra i vari artisti fautori del Movimento presso il noto “Caffè Michelangiolo a Firenze) è stata solo una delle fasi di un’esperienza di maggiore e più vario respiro. Se nelle tavolette, come la famosa “Rotonda di Palmieri”, ha saputo dialogare con il Quattrocento Italiano, pur riuscendo a concepire una visione assolutamente moderna, nei dipinti successivi di grande formato ha saputo raggiungere una dimensione epica che, secondo il curatore, lo ha avvicinato, per i risultati raggiunti, ad altri geni solitari quali Courbet o Cézanne. La pittura di Fattori, un artista impegnato, è riuscita a rappresentare le grandi battaglie del Risorgimento. Vissuto a partire dal 1846 a Firenze, è però ritornato spesso nella sua Livorno, e a Castiglioncello, il luogo prediletto dai Macchiaioli, di cui ha saputo rappresentarne, come pochi, la limpida luce. La sua ultima meta è stata la Maremma toscana una terra aspra e selvaggia che, grazie ai capolavori dei suoi ultimi anni, è entrata nel mito, come la Provenza di Cézanne o la Polinesia di Gauguin. La mostra mette a confronto non solo temi diversi ma anche differenti soluzioni stilistiche che dimostrano l’evoluzione dell’artista.        La sua grandezza è stata nella capacità di interpretare tematiche universali, come appunto l’eroismo, la pietà, il lavoro, la morte, che emergono nei suoi ultimi capolavori tra i quali “Lo staffato”; su questo dipinto il Pàntini (accurato biografo di Fattori) così si espresse:  “E chi ha veduto lo Staffato solo sulla strada fangosa trascinato verso la bufera e la morte da quel cavallo nero, o il Pro Patria mori dove verso un soldato morto sanguinolento abbandonato presso una pozza d’acqua fangosa grufola una mandria di porci, ha dovuto pensare alla satira fiera dei mali della guerra di Francisco Goya.” Questa rassegna rappresenta un’ulteriore tappa nel progetto decennale della Fondazione Bano sulla pittura dell’Ottocento italiano, che in passato ha già rivolto l’attenzione, tra gli altri, ad Hayez, Boldini, Signorini, i Macchiaioli, il Simbolismo in Italia, De Nittis, Corcos. Promotori: Fondazione Bano e Comune di Padova in collaborazione con Fondazione Antonveneta, Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti di Firenze e Istituto Matteucci di Viareggio; catalogo: Marsilio Editori. Cenni biografici. Nato a Livorno nel 1825, della vita di Giovanni Fattori si sa poco. Entrato in contatto con il gruppo del Caffè Michelangiolo, divenne allievo di Giuseppe Bezzuoli e iniziò a frequentare la Scuola di Nudo all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Pochi esempi dei suoi primi lavori sono giunti ad oggi; si tratta esclusivamente di schizzi, il che fa ritenere che il suo lavoro sia diventato più forte e maturo solo dopo il 1851, a 26 anni di età. I suoi primi dipinti in questo periodo furono principalmente scene storiche influenzate da Bezzuoli, spesso scene dalla storia del Medioevo o del Rinascimento. Fattori proseguì come pittore militare; prese parte alle battaglie per l’Unità d’Italia, collaborando con il Partito d’Azione come “fattorino di corrispondenza”. Il primo lavoro di soggetto risorgimentale, “Il campo italiano alla battaglia di Magenta”, risale al 1860. A partire da questo dipinto il soggetto militare diverrà uno dei favoriti nelle opere di Fattori: battaglie, soldati. Descritto spesso come realista, fu in questo periodo che l’artista divenne un membro dei Macchiaioli, una corrente di pittori precursori dell’impressionismo. Dopo la morte della moglie, datata nel 1867, l’artista fu ospitato da Diego Martelli a Castiglioncello e in quegli anni realizzò moltissime opere nella campagna maremmana (bovi al carro, la raccolta del fieno) ed alcuni ritratti dedicati agli amici (Diego Martelli, Valerio Biondi) Successivamente viaggiò nel 1873 a Roma e nel 1875 fu ospite dalla famiglia Gioli a Fauglia presso Pisa. Lo stesso anno si reca a Parigi con Gioli, Cannicci e Ferroni e qui conosce la scuola di Barbizon e l’arte sociale di Corot. Nel 1882 si reca nuovamente in Maremma ospite nella tenuta la Marsiliana del principe Corsini. Nel 1886 ottenne il ruolo di insegnante presso l’Accademia di belle arti di Firenze e negli ultimi anni si dedicò con sempre maggiore interesse all’acquaforte. Si conoscono 200 lastre, delle quali 166 furono ristampate in 50 esemplari nel 1925. Fra i suoi discepoli spicca Giovanni Malesci e Giovanni Marchini col quale rimarrà poi in contatto fino agli ultimi anni di vita. Nel 1899 partecipò alla III Esposizione internazionale d’arte di Venezia. Fu sepolto nel Famedio del santuario di Montenero, a Livorno. Nella sua città si trova il Museo Civico a lui intitolato nella prestigiosa Villa Mimbelli, residenza privata ottocentesca divenuta sede museale dal 1994, dopo un lungo intervento di restauro. Questo spazio è dedicato a validi artisti locali come Enrico Pollastrini, Guglielmo Micheli, Ulvi Liegi, Oscar Ghiglia, Giovanni Bartolena e Mario Puccini. Il Museo vero e proprio si sviluppa principalmente al secondo piano con i grandi quadri di Fattori e di altri esponenti della corrente dei Macchiaioli (Silvestro Lega, Telemaco Signorini, Vincenzo Cabianca, Giovanni Boldini ed altri), mentre sale sono dedicate ai post-macchiaioli (Eugenio Cecconi, Vittorio Corcos, etc.) e i divisionisti (Benvenuto Benvenuti e Plinio Nomellini). Alcune note sulla sede espositiva. La storia di Palazzo Zabarella, corre parallelamente a quella della città di Padova, dall’VIII secolo a. C. ai giorni nostri. Secoli di storia che si mescolano armoniosamente nella trama di una struttura architettonica che è ancora oggi sintesi perfetta tra passato e presente. Una continuità insediativa testimoniata già nell’uso di laterizi romani impiegati nella realizzazione dell’attuale facciata d’ingresso ma anche nell’assetto medievale dell’edificio, testimoniato invece dalla torre, e dall’articolazione dello spazio scoperto interno. Nei secoli il palazzo si trasforma adeguandosi agli stili del tempo senza però abbandonare mai il suo legame con il passato. E’ percepibile ancor oggi l’eredità della casa-torre medievale, la facciata trasformata e l’articolazione degli spazi interni e dell’apparato decorativo nel Novecento. La destinazione novecentesca del palazzo in banca e poi in circolo privato introduce alla storia più recente quando il complesso di Palazzo Zabarella nel 1996, dopo quasi dieci anni di scavo archeologico e restauro, riprende vita, ricoprendo nuovamente le funzioni che lo contraddistinguevano in epoca medievale, ovvero luogo di rappresentanza il palazzo, sedi di attività commerciali le adiacenze. E’ proprio in questo periodo, e precisamente nel 1986, che avviene il passaggio di proprietà a Federico Bano che negli anni successivi trasforma il Palazzo nella sede dell’omonima Fondazione e in uno spazio espositivo destinato da quel momento ad ospitare mostre di respiro internazionale ed eventi culturali. Gli obiettivi che da sempre hanno indirizzato le scelte della Fondazione Bano sono rivolti alla promozione, tutela e valorizzazione del patrimonio storico artistico non solo del territorio ma di tutto il paese. Nel rispetto di un’attività qualificata e riconosciuta, i progetti e le attività della Fondazione sono sempre stati realizzati nell’ambito di quella che oggi viene definita come “conservazione e partecipazione”, che vede l’intervento da parte dei più consapevoli soggetti della società civile nella tutela e valorizzazione dell’arte e della cultura. Su queste basi Fondazione Bano ha costruito la propria mission, fare cultura. www.zabarella.it)

Palazzo Zabarella – Via degli Zabarella 14, Padova; fino al 28 Marzo 2016; Tel. 049 8753100; Orari: da martedì a domenica 9.30-19 (la biglietteria chiude alle 18.15); aperto lunedì 28 Marzo (Pasquetta)

Fabio Giuliani

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