Musica L’AURA, E’ NATA UNA STELLA?

| 1 maggio 2005

Si fa chiamare L’Aura, ha vent’anni, è bresciana, e gli addetti ai lavori sono concordi nell’indicarla come una delle giovani promesse più interessanti dell’attuale panorama musicale nazionale. 


Ad accorgersene per prima è stata la Barley Arts, una delle massime agenzie di concerti italiane, che l’ha voluta per la sua piccola etichetta discografica Arte Nativa . Subito dopo è arrivata la Sony, che il 22 aprile ha pubblicato in tutta Italia il suo album di debutto “Okumuki”: un disco introdotto da un singolo, “Radio Star”, che si è subito conquistato un posto di rilievo nelle programmazioni radiofoniche di tutti i principali network. E del resto che L’Aura fosse destinata ad un futuro importante era già apparso chiaro l’anno scorso, quando Renato Zero l’aveva voluta per aprire i suoi quattro megaconcerti da stadio nel mese di maggio. “Ripensandoci oggi è stata un’esperienza strana ma decisamente positiva – racconta L’Aura, registrata all’anagrafe bresciana come Laura Abela- Nessuno mi conosceva, non avevo ancora pubblicato nulla, ma i fans di Renato hanno reagito benissimo: non mi hanno insultata e non mi hanno tirato nulla, nonostante la mia musica non c’entri davvero nulla con quella di Zero che per me resta comunque un grande personaggio”. Già, ma qual è la musica di L’Aura? Ascoltando il suo album, cantato parte in italiano e parte in inglese, a colpire è soprattutto l’ambizione che caratterizza le canzoni, tutte scritte da lei e tutte desiderose di andar oltre le convenzioni e gli steccati dell’usuale sound made in Italy, mettendo in scena una canzone d’autore al femminile a tinte forti che guarda a Bjork e Tori Amos superando a sinistra una possibile concorrente come Elisa. L’Aura, e questo non è certo un male, sa scrivere anche melodie molto incisive, come quelle di “Radio Star” e “Piove”.
Nata e cresciuta nel centro cittadino, si è formata artisticamente a San Francisco, dove ha vissuto per un paio d’anni sotto la guida del suo produttore Enrique Gonzalez Muller, conosciuto casualmente chattando in Internet. «Ma i miei primi ricordi musicali vanno molto più indietro- racconta -. Mi avevano regalato per il compleanno una piccola tastierina che non ho più mollato. Ho pianto due anni fino a quando i miei genitori hanno ceduto e mi hanno comperato un pianoforte. In seguito mi sono appassionata al violino, e poi ho cominciato a cantare. Poi ho conosciuto Enrique: è stato lui a farmi arrivare fin qui, lui a propiziare il viaggio americano. Certo, inizialmente i miei genitori non volevano saperne: li ho convinti dicendo loro che avrei comunque continuato a studiare, e col tempo hanno capito che facevo sul serio». A Berkeley, città capitale del sommovimento acido californiano degli anni ’60, Laura ha studiato, suonato, registrato e cantato per più di due anni. Tornata in Italia, si è esibita in piccoli showcase con Morgan, Negrita, Ark, ha preso come promesso la maturità artistico-scientifica e si è messa al lavoro sul suo primo disco. “Mi sono chiusa in casa per due mesi, suonavo e registravo, e alla fine mandavo tutto via mail al mio produttore in America, che mi dava consigli su cosa aggiungere, cosa togliere, cosa modificare…. Poi, tra ottobre e novembre del 2004 abbiamo registrato tutto in sala, qui in Italia, con gli incredibili musicisti dei Mistonocivo”. Per lei comporre e cantare in due lingue è stata una cosa assolutamente naturale. “Le canzoni del disco hanno avuto una gestazione molto lunga – spiega -. La più vecchia l’ho scritta quando avevo 13 anni, l’ultima è Radio Star, ed è sicuramente quella che in qualche modo è indicativa della mia direzione futura. Non c’è nulla di pianificato nella scelta di cantare un pezzo in italiano o in inglese: tutto dipende dalla natura della canzone, dall’armonia e dalla melodia. C’è chi ha insistito perché cantassi solamente in italiano, ma mi sono opposta perché credo che una canzone funzioni indipendentemente dalla lingua. Ci sono pessime canzoni in inglese e pessime canzoni in italiano: dove sta la differenza?”

Di: Claudio Andrizzi

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