Milano – SALVO – UN’ARTE SENZA COMPROMESSI

| 16 dicembre 2017
Salvo 1

Poetica del colore e del segno

Salvatore Mangione (Leonforte-Enna, 1947-Torino, 2015), meglio conosciuto come Salvo è una delle figure più singolari nel panorama artistico italiano ed internazionale; ci ha lasciato da circa due anni ma la sua notorietà continua ad alto livello, così come le iniziative per rendergli omaggio in Italia e non solo. La galleria Dep Art di Milano ha aperto la sua nuova stagione espositiva con la mostra             “Salvo. Un’arte senza compromessi”, terza personale che la galleria dedica all’artista: un “viaggio” nelle diverse stagioni creative che lo hanno impegnato nel corso dei decenni. Dalle “Lapidi” degli anni Settanta ai “Paesaggi” dell’ultima produzione, passando per i ricami e alcune carte, le opere riunite per questa occasione ripercorrono un ampio arco temporale di una quarantina d’anni, dal 1972 al 2012.   I 30 dipinti esposti, tra cui l’imponente “Alba” di 200×250 cm del 1989 (tra le tele più grandi da lui realizzate) sono distribuiti nello spazio espositivo come tracce attraverso le quali ricostruire la storia di un uomo che si è sempre sentito libero di apparentarsi a movimenti e ideologie senza mai affiliarsi in modo esclusivo a nessuno, senza compromessi; da qui il titolo dato alla mostra dal curatore Matteo Galbiati. Si parte proprio negli anni in cui Salvo compie un cambio di passo: i lavori del 1972-’73 – le lapidi come “La tartaruga e l’aquila” – ispirata a una parabola di Esopo – e i ricami come “Tricolore”, (entrambi visibili in mostra) – saranno infatti gli ultimi di matrice concettuale e lasceranno spazio ad una pittura colma di riferimenti alla storia dell’arte (Salvo era del resto celebre per la sua memoria portentosa e il suo sapere enciclopedico). Il suo percorso eclettico – dagli esordi nel contesto dell’ “Arte Povera”, passando per il concettualismo di ispirazione americana, per giungere, infine, al ritorno alla figura e al paesaggio – non è stato altro che una lunga e appassionata dichiarazione d’amore per l’arte e per la pittura in particolare: “Sono stato letteralmente conquistato dalla pittura: è qualcosa che mi dà spazio, che mi apre le conoscenze, le idee”, aveva avuto modo di dire lo stesso artista.                                                        La mostra è corredata da un volume bilingue (italiano-inglese) realizzato da Dep Art, a cura di Matteo Galbiati e Antonio Addamiano (altro interessante artista contemporaneo), con un testo del curatore, la riproduzione di tutte le opere esposte, una selezione di immagini di repertorio ed apparati bio-bibliografici, Nato in provincia di Enna, Salvo nel 1956 si trasferisce con la famiglia da Catania a Torino dove ha vissuto e lavorato fino alla morte. Nel 1963 partecipa alla 121ª Esposizione della Società Promotrice delle Belle Arti. Dipinge e cerca di vendere ritratti, copie da Rembrandt e Van Gogh, e tele della più varia ispirazione. Tra il settembre e il dicembre 1968 è a Parigi, coinvolto dal clima culturale del movimento studentesco. Rientrato a Torino, inizia a frequentare gli artisti che operano nell’ambito dell’Arte Povera e che trovano un punto di riferimento nella galleria di Gian Enzo Sperone. Conosce Alighiero Boetti, di cui diventa amico, Merz, Zorio, Penone e i critici Renato Barilli, Germano Celant e Achille Bonito Oliva. Nel 1969 ha rapporti con i concettuali americani Joseph Kosuth e Robert Barry, incontra Sol LeWitt che comprerà in seguito alcune sue opere. In estate compie un lungo viaggio in Afghanistan. Inizia lavori in cui sono già chiare le tendenze – la ricerca dell’io, il rapporto con il passato e con la storia della cultura – che diventeranno nodi essenziali della sua ricerca successiva. È del 1970 “Salvo è vivo”, oggi all’Australian National Gallery di Canberra (Australia), dell’anno seguente 40 nomi, elenco di personaggi illustri che da Aristotele giunge fino a Salvo. La serie delle lapidi proseguirà fino a tutto il 1972 con iscrizioni dalle fonti più varie, come un testo assiro in “Il lamento di Assurbanipal”. Nel 1971, tramite Robert Barry, conosce Paul Maenz. Inizia così un lungo rapporto di amicizia e lavoro con il mercante tedesco, che in giugno presenta nella sua galleria a Colonia una personale, preceduta in Marzo dall’esordio parigino alla Galerie Yvon Lambert. Con l’intento di rivisitare la storia dell’arte Salvo procede nei suoi d’après, già iniziati nel 1970 con l’Autoritratto come Raffaello. I lavori, ispirati a grandi maestri del Quattrocento quali Cosmè Tura e ancora Raffaello, vengono esposti in numerose mostre. L’anno seguente si apre a Colonia l’importante rassegna “Projekt ‘74”. Tra la fine del 1979 e il 1980 Salvo dipinge una serie di paesaggi con case di campagna, chiese e monumenti quali San Giovanni degli Eremiti a Palermo e la Torre di Pisa, in cui compaiono alberi di chiara ispirazione giottesca e vegetazioni prima quasi inesistenti. Nello stesso anno viene pubblicato il trattato “Della Pittura – Imitazione di Wittgenstein”, 238 brevi paragrafi in cui Salvo raccoglie i suoi pensieri con il metodo della proposizione assiomatica e dell’interrogazione retorica. Il volumetto esce in italiano, inglese, tedesco e in spagnolo. Tra il 1982 e l’83 la sua notorietà si consolida ulteriormente a livello europeo.                Dopo l’ampia retrospettiva organizzata nel Marzo 1982 da Massimo Minini al Museum van Hedendaagse Kunst di Gand, nell’aprile dell’anno seguente sono riunite al Kunstmuseum di Lucerna le opere più significative dal 1973, poi al Nouveau Musée di Villeurbanne a Lione. Nell’estate del 1984 Maurizio Calvesi invita Salvo ad Arte allo specchio alla XLI Biennale di Venezia: vi partecipa con sei opere, tra le quali ancora “San Martino e il povero”, “Il bar” del 1981 e un quadro del ciclo di “Rovine” ripreso in quest’anno. Al ritorno da un lungo viaggio in Grecia, Jugoslavia e in Turchia dipinge i mishram, le caratteristiche tombe musulmane viste a Sarajevo. Dagli anni Novanta dedica alcune serie di quadri a luoghi che ha visitato, come paesi arabi    (Oman, Siria, Emirati Arabi…), Tibet e Nepal, Etiopia, oltre a gran parte d’Europa, soprattutto il nord. Dal 1995 al 2007 trascorre alcuni mesi all’anno nella sua casa nel golfo di Policastro e nella baita ai piedi del Monviso, luoghi che lo hanno ispirato per numerose opere. Nel 2005 al 2007 la sua pittura si avvia verso una ricerca nuova: Salvo, che ha prediletto le valli come soggetto negli ultimi anni, si rivolge alle pianure, introducendo un nuovo taglio prospettico nei suoi paesaggi. Nell’estate 2006 fa un viaggio in Islanda, a cui dedicherà una serie di quadri. Nel 2007 la sua città, Torino, gli rende omaggio con un’ampia mostra antologica alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, a cura di Pier Giovanni Castagnoli. Dal 2008 egli trascorre molto tempo nella sua casa di Costigliole d’Asti, tra Langhe e Monferrato, i cui paesaggi collinari si ritrovano nelle opere realizzate negli ultimi anni di lavoro.                                                                                                                                                                                  Alla fine devo dire che, tra realtà e fantasia, tra ombre e luci, Salvo ci affascina trasportandoci in un paese ideale ed innocente, soprattutto nelle ultime opere. Ogni suo dipinto ci trasmette la felicità del suo sguardo facendola nostra.

Galleria Dep Art – Via Comelico 40, Milano; fino al 23 Dicembre 2017; orari: da martedì a sabato 10.30-19;  Tel. 02 36535620; www.depart.it

Fabio Giuliani

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