Milano – LA STATALE ARTE – MIKAYEL OHANJANYAN – “DURK”

| 7 marzo 2016
Statale Arte - 1

Il linguaggio universale dell’arte

Un museo di scultura contemporanea all’aperto. Questo l’obiettivo del progetto “La Statale Arte”, che prevede l’allestimento di mostre personali di artisti italiani e stranieri e la presentazione di opere di volta in volta anche realizzate appositamente negli spazi seicenteschi del Cortile della Ca’ Granda e del loggiato, realizzati dal Richini, all’interno di uno dei più noti Atenei a livello internazionale, aprendo alla fruizione pubblica questo ambiente come luogo di scultura a cielo aperto, uno spazio attivo per la riflessione sulla contemporaneità grazie alla donazione di un’opera dei protagonisti qui coinvolti. Durante la specifica conferenza stampa tenuta il 28 Gennaio scorso è stata presentata la prima esposizione dedicata a Mikayel Ohanjanyan, artista proveniente dall’Armenia, già noto a livello internazionale e insignito del “Leone d’Oro” con il Padiglione del suo Paese alla 56° Biennale di Venezia 2015. Nel Cortile grande e nel Loggiato superiore di Via Festa del Perdono possiamo ammirare le opere che espone per “Durk”, come si intitola la sua prima personale milanese; per questa occasione Ohanjanyan ha aggiunto a “Tasnerku (Dodici)”, presentato a Venezia, un tredicesimo elemento, di dimensioni molto maggiori, esterno alla linea diagonale dei dodici. Le tredici pietre di basalto poggiano ognuna su un disco di corten; sui dischi posti in diagonale – quasi pagine in sequenza – corrono i versi di Aravot Luso, un inno composto da Nersēs Shnorhali, teologo e poeta del XII secolo, cathólicos patriarca d’Armenia che, nella lirica proposta, invita alla contemplazione di Cristo attraverso la natura. Nel suo lavoro l’interesse è però rivolto alla scrittura dell’inno, i cui trentasei versi iniziano ognuno con una lettera dell’alfabeto armeno: quindi un omaggio, più che al contenuto della lirica, alla lingua unificante della tradizione. Nella teoria musicale, l’intervallo del tredicesimo accordo, pur contenendo tutte le note, è una dissonanza assoluta, simbolicamente un passaggio, una porta. Se i dodici elementi di “Tasnerku” rimandavano alla perfezione ciclica così simboleggiata in tutte le culture, il 13 di “Tasnerku + 1” rappresenta l’eterna distruzione e creazione della vita, la trasformazione, confermata dal rimando musicale all’ottava cromatica, composta di 13 suoni differenti, che iniziano e finiscono con la stessa nota, in toni diversi. Il ritmo di “Tasnerku + 1” è un’eco di quello dei 223 megaliti in basalto del sito archeologico di Karahunj (Carahunge), nel sud dell’Armenia: databile al VI millennio a.C. Il luogo deve probabilmente il suo nome alle parole “kar” (pietra) e “hunge” (suono) ed alluderebbe, dunque, alle “pietre parlanti”, forse per il suono del vento attraverso i fori dei menhir. All’interno del complesso, infatti, 80 megaliti presentano fori circolari nella parte superiore e questo, come già per le pietre di Stonehenge in Inghilterra, di molto successive, ha fatto pensare al ritrovamento del più antico osservatorio astronomico del mondo; più probabilmente, si tratta di una vasta e articolata necropoli, in cui i fori acquisterebbero la valenza simbolica di passaggio a una realtà immateriale. Il ritmo, che in Ohanjanyan è anche memoria di quello naturale dell’Altopiano armeno, è per lui la condizione fondamentale per far vivere un’opera d’arte, una poesia, una musica; è la massima espressione di una creazione artistica, che si realizza quando il pensiero incontra la materia, creando appunto quella vibrazione attraverso cui si trasmette il messaggio senza bisogno di narrazioni. I capolavori di tutte le culture, indipendentemente dal loro essere preistorici, antichi, moderni o contemporanei, per lui hanno la stessa frequenza ritmica, che li rende infiniti, senza tempo. Fonte di ispirazione per Ohanjanyan anche l’architettura armena che, pur nella molteplicità delle sue forme, trova un’espressione unificante nei materiali vulcanici tipici dei canyon e delle falesie, quali il tufo e il basalto. Proprio di questo materiale sono gli elementi di “Tasnerku + 1”, di colore grigio, forme in sé stabili, rese precarie dalla tensione delle corde che crea contrasto, forme piene che si prolungano nello spazio di un’altra consistenza. Responsabile di progetto è il Prof. Luca Clerici mentre la Curatela è di Donatella Volonté, in collaborazione con la galleria Tornabuoni Arte, con il contributo di Fondazione Cariplo, e catalogo Skira Editore, come per ogni prossimo appuntamento. Alcuni cenni biografici sull’artista. E’ nato a Yerevan in Armenia nel 1976, dove ha frequentato importanti Istituti d’arte. Nel 2000 si è trasferito in Italia per laurearsi, cinque anni dopo, presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, città dove attualmente vive e lavora. E’ membro dell’Associazione Art for the World Europa (Ginevra) dell’International Association des Arts Plastiques – UNESCO di Parigi. Sue opere si trovano a Città del Vaticano, il Museo Dantesco di Ravenna, al Comune di Pavia e in diversi musei internazionali ed in collezioni pubbliche e private italiane ed estere. Nel sito dedicato all’iniziativa sono disponibili tutte le informazioni sull’opera, sull’artista, con visite guidate dagli studenti dei corsi di laurea in Scienze del beni culturali e in Storia e critica dell’arte, ogni venerdì alle 17.30 e sabato alle 11. www.lastatalearte.unimi.it. Appropriatissimo mi pare il luogo di questa esposizione (resa ancora più suggestiva dal tardo pomeriggio con l’illuminazione di ogni opera) di un artista dall’ispirazione così complessa che richiama la sinergia delle arti atta ad aprire la conoscenza ad un pubblico molto più vasto di quello studentesco che normalmente entra in questa Università, caratterizzata – come la definisce il Rettore, Gianluca Vago, – da una straordinaria varietà di saperi, oltre che gioiello dell’architettura passata; infatti la mostra ci invita ad una sorta di meditazione sul destino dell’uomo dove non contano ricchezza o povertà, Oriente o Occidente o il colore della pelle; da non perdere, il discorso è per tutti, anche per ridimensionare il nostro vivere quotidiano così difficile.

Cortile della Ca’ Granda, Università degli Studi di Milano; Via Festa del Perdono 7; Fino al 17 Marzo 2016; orari: lunedì-venerdì 9-20; sabato 9-18;

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Fabio Giuliani

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