Milano – L’ “ADORAZIONE DEI MAGI” di Paolo Veronese
Una riflessione: “Milano, chiesa delle genti” (Mons. Luca Bressan)
Il complesso di Santa Corona a Vicenza è costituito da una delle più importanti chiese della città – costruita nella seconda metà del XIII secolo e arricchita nel corso del tempo da numerose opere d’arte – e dai chiostri dell’ex convento dei Domenicani. La chiesa fu eretta per volontà del Comune di Vicenza che nell’Ottobre del 1260 decise di far realizzare un grande tempio per custodire una delle spine della corona di Cristo che il beato Bartolomeo da Breganze, Vescovo di Vicenza dal 1259 al 1270, aveva ricevuto in dono dal Re Luigi IX di Francia a Parigi e si era posto l’obiettivo di un profondo rinnovamento, politico e religioso, della città. Nel corso del XV secolo, sotto il dominio della Repubblica di Venezia, furono costruite molte cappelle laterali e, tra il 1481 e il 1489, la chiesa di Santa Corona fu profondamente modificata da Lorenzo da Bologna con la costruzione della grande abside, della cripta e del transetto, strutture che nei decenni seguenti furono impreziosite da manufatti sempre più ricchi. In seguito gli edifici conventuali furono occupati da istituzioni ospedaliere e scolastiche. Nel 1877, in parte divenne sede dell’Istituto tecnico industriale fondato da Alessandro Rossi. Durante la Seconda Guerra Mondiale, e precisamente il 14 maggio 1944 furono gravemente danneggiati i due chiostri, in particolare quello minore, contiguo alla chiesa, e l’antica biblioteca che esso conteneva. Gli edifici del convento, parzialmente restaurati, ospitano dal 1991 il Museo naturalistico archeologico civico. La chiesa annovera diverse Cappelle, tutte arricchite da pregevoli stucchi ed opere d’arte. In quella dedicata a San Giuseppe (terza a destra), costruita intorno a metà Settecento, è collocata l’“Adorazione dei Magi” , capolavoro della maturità di Paolo Caliari detto il Veronese (Verona,1528-Venezia, 1588), uno dei grandi protagonisti del secondo Rinascimento veneziano, una tela di altissima qualità e di grande suggestione, che esercitò una notevole influenza sull’ambiente vicentino e in particolare sulla formazione di Francesco Maffei. La composizione dell’opera, ad andamento verticale, vede nel registro inferiore una sorta di carovana che procede da sinistra ed accompagna lo sguardo del fedele verso la “Sacra Famiglia” posta a destra della scena tra cui spicca per bellezza la Madonna con una svettante colonna alle spalle. Nella parte superiore si evidenzia un particolare squarcio di luce, segno preciso dell’“Epifania” e contrapposto ad un cielo scuro con striature di blu. La luce, da protagonista, sapientemente mette in risalto le strutture architettoniche e le ricche vesti dei personaggi. Proprio questa opera “monumentale” (320×234 cm) è il “Capolavoro per Milano” 2018, proposto dal Museo Diocesano, progetto giunto alla sua XI edizione, per le ricorrenze natalizie. Il dipinto, concesso in prestito dal Comune di Vicenza, arriva nel capoluogo lombardo per la prima volta. L’iniziativa è curata da Nadia Righi (Direttrice del Museo Diocesano di Milano), con il sostegno di Rinascente, sponsor UBI Banca. Ma per conoscere meglio la visione del Veronese leggiamo alcuni passaggi di quanto la Dott.ssa Righi sottolinea nel suo contributo all’interno dell’esplicativo catalogo-guida pubblicato da Silvana Editoriale. “Il tema dell’Adorazione dei Magi viene proposto dall’artista per la prima volta intorno al 1570-1572, in uno dei quattro teleri che in origine decoravano il salone di Palazzo Cuccina a Venezia (oggi a Dresda presso la Gemäldegalerie). In questo caso il formato decisamente orizzontale del telero induce il pittore a scegliere una particolare soluzione compositiva nella quale il gruppo divino è relegato all’estrema sinistra, mentre il corteo dei Magi si dipana verso destra, occupando tutto lo spazio rimanente. La Madonna con il Bambino è seduta accanto a una grande struttura architettonica, della quale si scorge solo la parte inferiore, e i Magi, disposti sulla scena con grande solennità e riccamente vestiti, sono accompagnati da una schiera di servitori, paggi e animali. Pochi anni dopo, nel 1573, Veronese affronta lo stesso soggetto nella splendida tela destinata alla chiesa veneziana di San Silvestro (ora a Londra, National Gallery), che presenta evidenti relazioni, per quanto riguarda la composizione della parte inferiore, con il telero di Dresda, dal quale l’artista riprende alcune soluzioni in controparte, sistemando questa volta la Sacra Famiglia all’estrema destra e il corteo dei Magi a sinistra. (…) Ma veniamo ora all’Adorazione dei Magi di Vicenza. (…) A suffragare l’ipotesi di una concomitanza cronologica delle due versioni di Londra e Vicenza viene in aiuto un disegno a penna autografo di Veronese conservato ad Haarlem (Teyeler Museum). Se la parte superiore del disegno pare infatti riferirsi alla tela di Londra, il re di spalle, raffigurato al centro del foglio, sembra preparatorio per la pala di Santa Corona. La presenza di schizzi preparatori per entrambi i dipinti sul medesimo foglio parrebbe dunque confermare un’esecuzione molto ravvicinata delle due Adorazioni. (…) Rispetto alla versione londinese gli elementi architettonici sono più essenziali, e nel contempo più solenni: Veronese abbandona la complessa soluzione dell’arco in rovina che si innesta sul colonnato e si concentra su quest’ultimo, lasciando ampio spazio, nella parte sinistra della tela, a un cielo nuvoloso. Del complesso edificio di Londra resta solo, sulla destra, un alto basamento con grandiose colonne classiche, integre e non più in rovina, sulle quali si intreccia il telaio della capanna lignea della natività.” La composizione è dominata da un’imponente architettura di ricordo palladiano, un tempio in rovina che allude al mondo pagano ormai in declino, su cui appoggia la capanna in legno che accoglie la “Sacra Famiglia”, elaborata secondo il consueto repertorio dell’artista, derivato dalla “Pala Pesaro” di Tiziano ai Frari di Venezia. I tre Magi sono riccamente abbigliati con stoffe preziose che rimandano all’attività del committente, il ricco mercante di tessuti vicentino Marcantonio Cogollo, ritratto nel personaggio barbuto al centro della scena in veste di re Mago. Paggi e servitori, anch’essi elegantemente vestiti, cosi come i cagnolini tipici del repertorio del Caliari, trasformano l’evento sacro quasi in una festa cinquecentesca, su cui si affacciano curiosi l’asino e il bue e a cui partecipa il fastoso corteo che si intravede sulla sinistra. Nella ricchezza dei panneggi, nell’eccezionale qualità cromatica del dipinto, riportata alla brillantezza originale nel restauro del 2014, appare chiaramente la sontuosità pittorica e il trionfo del colore decorativo che caratterizzano l’opera di Paolo Veronese. Nel catalogo, ricco di testi, spicca lo studio di Gianluca Poldi sulla “Tecnica di Paolo Veronese alla luce delle analisi scientifiche” che inizia con il giudizio entusiasta di Eugène Delacroix su questo gigante della pittura: “C’è un uomo che riesce a far chiaro senza violenti contrasti, che dipinge il ‘plein-air’, che ci fu sempre detto esser cosa impossibile: quest’uomo è Paolo Caliari. A mio giudizio è forse l’unico che abbia saputo cogliere tutto il segreto della natura. Senza dover imitare esattamente la sua maniera, si può passare per molte strade sulle quali egli ha collocato fiaccole indicatrici. (…)”. Sempre nel territorio vicentino nel Santuario della Madonna di Monte Berico esiste un altro suo capolavoro: la “Cena di San Gregorio Magno” che mi induce a ricordare i giudizi espressi sulle “Nozze di Cana”, ora al Louvre da Cézanne “Tutto quello che so l’ho appreso da Paolo Veronese” e da Renoir: “Per dipingere le ‘Nozze di Cana’ occorre la Grazia”, chiedendo di essere riportato, poco prima della sua fine, a rivedere questo grande capolavoro. La visita a questa “Adorazione” ha la sua logica prosecuzione nell’attigua basilica di Sant’Eustorgio, dove sono custodite le reliquie dei Re Magi, che la tradizione vuole siano state donate nel IV secolo dall’imperatore di Costantinopoli allo stesso Eustorgio, Vescovo di Milano. Le reliquie vennero poi trafugate dagli uomini di Federico Barbarossa nel XII secolo e portate a Colonia, ma il Card. Ferrari, all’inizio del XX secolo, riuscì a farne restituire una parte: esse si trovano ancora oggi conservate in un bellissimo reliquiario dentro l’altare dei Magi, nella cappella ad essi dedicata, che si trova nel transetto destro della basilica. In occasione della mostra il reliquiario viene esposto al pubblico. Nella stessa cappella vi è anche il grande sarcofago che, secondo la tradizione, avrebbe conservato i corpi dei Magi durante il trasporto dall’Oriente a Milano. L’occasione rappresenta un incentivo per conoscere le collezioni permanenti costituite da circa mille opere comprese tra il secondo e il tredicesimo secolo, giunte sotto forma di lasciti, depositi e donazioni, a testimoniare un interessante panorama del gusto collezionistico non solo arcivescovile, ma anche privato. Questa importante Istituzione museale milanese fu inaugurata nel 2001 dall’allora Card. Carlo Maria Martini, a cui è stato intitolato nel 2017.
Museo Diocesano Carlo Maria Martini (ingresso da Piazza Sant’Eustorgio 3), Milano; fino al 20 gennaio 2019; orari: martedì-domenica 10-18; chiuso lunedì, eccetto festivi; la biglietteria chiude alle ore 17.30; Informazioni: Tel. 02 89420019; 02 89402671; www.chiostrisanteustorgio.it
Fabio Giuliani
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