Milano – GIULIANO VANGI – DALLA MATITA ALLO SCALPELLO

| 12 maggio 2019
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Un protagonista della scultura (e non solo) da conoscere profondamente

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Via Manzoni 45: un numero civico che per la Milano artistica del secondo Novecento, ha avuto un significato particolare…Nel 1946 proprio qui apriva la Galleria del Naviglio, che, negli anni a venire sarebbe divenuto tra i più importanti punti d’incontro e valorizzazione di figure, spesso alle “prime armi”, praticamente sconosciuti, ma che negli anni a venire, sarebbero diventati protagonisti importanti a livello nazionale ed anche oltre, soprattutto sotto l’egida del “mentore” gallerista Carlo Cardazzo (1908-1963), fino al 2001. 12Dopo l’esperienza della GamManzoni, ora l’adiacente “Bottegantica”, da tempo dedita all’arte italiana tra Otto e Novecento, ha aperto qui il suo nuovo spazio espositivo con la mostra “Giuliano Vangi. Dalla matita allo scalpello”, curata da Enzo Savoia, Stefano Bosi e Valerio Mazzetti Rossi, Con questa iniziativa la galleria prosegue il suo progetto “Contemporary / Lab”, con cui intende rendere omaggio alle principali personalità artistiche del nostro tempo. Vediamo una selezione di venti sculture ed una serie di disegni realizzati tra 1960 e i primi anni 2000, fondamentali per comprendere la poetica del maestro toscano, al cui centro vi è l’uomo di oggi con la sua solitudine, la sua violenza, la sua rassegnazione, il suo bisogno di speranza. Tra i meriti di questo singolare autore c’è quello di aver rinnovato il concetto di scultura, allargandolo oltre il confine dell’architettura e della dimensione spaziale, giungendo a creare un linguaggio personale e di estrema originalità. A lui il merito di essere, per primo, riuscito a realizzare compiutamente una ‘saldatura’ tra l’uomo e il suo significato. Personalmente lo definirei un “naufrago della vita”. Tra il 1959 e il 1962 Vangi si trasferisce in Brasile dove si dedica a studi astratti, lavorando cristalli e metalli quali ferro ed acciaio. Le sue opere iniziano ad attirare l’attenzione pubblica: vince il Primo Premio al Salone di Curitiba, espone al Museo di San Paolo e partecipa ad una mostra itinerante negli Stati Uniti. Al suo ritorno in Italia recupera la figurazione, ricorrendo alle doti plastiche per imprimere la forza e lo spirito del Tempo: l’uomo, maschio o donna che sia, diventa esempio e riflesso della società contemporanea. Del resto – afferma lui stesso – chi se non l’uomo può raccontare l’uomo? “Uomo che cammina” (1967), opera con cui la mostra prende avvio, esprime pienamente la centralità dell’arte di Vangi e la sua innata curiosità verso le culture del passato. Interesse che lo ha portato nel tempo a dialogare con la tradizione assiro-babilonese (“Beatrice” del 1997), con quella egizia (“Donna e poesia” del 2002) e del primo Rinascimento, a cui l’artista rivolge sempre un occhio di riguardo, specie all’opera dell’amato Donatello. Parallelamente egli si pone in continuità con i grandi maestri della Scultura italiana del XIX e XX secolo: da Medardo Rosso a Adolfo Wildt, da Arturo Martini a Marino Marini. In seguito Vangi attraversa un periodo di lunga ed introversa sperimentazione. “Egli innalza la sua espressione artistica ad un livello esasperato e tragico, con implicazioni di una quasi insuperabile coscienza di solitudine”, scriverà Enrico Crispolti. Nel percorso espositivo possiamo vedere statue solitarie colte in attitudini riflessive, come “Ragazzo con le mani in tasca” (1986), esposto alla Promotrice di Torino del 1989 e a Castel Sant’Elmo a Napoli nel 1991, in cui la compattezza della materiale dialoga con l’evocazione spirituale del personaggio: aspetti che invitano a riflettere sul tema dell’impersonificazione, tipica dei nostri tempi. Diverse poi le opere dedicate alla complessa relazione uomo-natura, osservata nei suoi aspetti più eclatanti e contraddittori, con una particolare attenzione alla carica drammatica di quei fenomeni del mondo che sfuggono al dominio dell’uomo: la potenza distruttrice appare infatti deflagrante in opere come Katrina (2014), dedicata all’uragano che nel 2005 si è abbattuto sugli Stati Uniti. La metamorfosi dal reale al mentale, il passaggio verso l’introiezione psicologica, risulta subito evidente quando osserviamo i disegni preparatori (a matita, a carboncino, a pastello o con tecniche miste): i volti e i corpi sono disegnati con grande cura e attenzione anatomica e somatica, ed appartengono alla galleria di personaggi che Vangi in molte sculture chiama per nome (“Beatrice”, “Clelia”, “San Giovanni”), oppure definisce sottolineando confidenzialmente un gesto o l’abito (“Ragazzi con i capelli neri”; “Piccola donna”; “Figura con mani nei capelli”; “Due ragazzi che corrono”; “Donna con cappotto”). Il contenuto umano e le sue originali soluzioni formali fanno di Giuliano Vangi un fenomeno unico in Italia e in Europa riconquistando, a detta dei curatori, una antica e sopita parola: avanguardia Rinascimentale. Alcune note biografiche. Giuliano Vangi nasce a Barberino di Mugello (Firenze) nel 1931. Dopo avere frequentato l’Istituto d’Arte Fiorentino. Dopo il soggiorno in Brasile rientra in Italia dove, nel 1967, il grande critico Carlo Ludovico Ragghianti gli organizza una grande mostra alla Strozzina di Firenze. A tale evento ne seguono altre in Italia e all’estero: famose quelle alla Permanente d Milano e alla Promotrice di Torino nel 1989-90, ritenuta dalla critica “la più bella vista negli ultimi trent’anni”. Vangi ha realizzato numerosi monumenti a Firenze, Siena, Cattedrale di Padova, Duomo di Pisa, la grande scultura in marmo al nuovo ingresso dei Musei Vaticani; un ambone in pietra garganica sul tema di Maria di Magdala per la chiesa di San Giovanni Rotondo dedicata a Padre Pio (2004); con l’architetto Mario Botta collabora al “Santuario Giovanni XXIII” a Seriate. A Mishima, presso Tokyo (sopra una collina a vista del monte-vulcano Fuji), sorge il Museo Vangi, inaugurato nel 2002: è la prima volta che il Giappone intitola una struttura permanente ad un artista occidentale. A Vangi sono stati assegnati il Premio dei Lincei e il “Michelangelo”. Accompagna la rassegna un catalogo di Bottegantica edizioni.

Galleria Bottegantica – Via Manzoni 45, Milano; fino al 12 Maggio 2019; Orari: Orari: da martedì a sabato 10-13 e 15-19; Ingresso libero; Visite guidate: su prenotazione, € 5 cad. Gruppi compresi tra le 10 e le 20 persone;

Fabio Giuliani

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