Milano – FRANCO VACCARI – Una collezione

| 8 aprile 2017
Vaccari 1

Un “profeta” del multimediale

“Verso la fine degli anni Sessanta mi ero accorto che quello che andavo facendo non rientrava in nessuna delle categorie d’arte in uso in quel periodo: installazioni, happening, environment, performance. I termini che identificano un lavoro sono estremamente importanti perché, fra l’altro, mettono in evidenza la coscienza che ha l’artista di quello che fa.” (Franco Vaccari, 1970)

Divenuto famoso dopo la sua partecipazione alla Biennale di Venezia del 1972, dedicata al tema “Opera o comportamento”, con l’installazione “Lascia su queste pareti una traccia del tuo passaggio”, Franco Vaccari inizia la sua collaborazione con lo Studio Marconi nel 1977. Ideatore della formula estetica denominata “Esposizioni in tempo reale”, l’artista modenese porta avanti una ricerca estremamente originale, confermandosi precursore di un filone unico e suggestivo della storia dell’arte contemporanea. Il suo lavoro può essere collocato nell’ambito del “realismo concettuale”, caratterizzato da operazioni in cui la nozione tradizionale di opera d’arte appare del tutto superata, come lo è anche il rapporto che si stabilisce tra essa e il pubblico. “La differenza fra gli happening, le performance e le ‘esposizioni in tempo reale’ è una differenza di struttura. Mentre infatti le prime si sviluppano linearmente e nelle varie fasi ubbidiscono a precisi programmi predeterminati, le esposizioni in tempo reale hanno come elemento caratterizzante la possibilità di retroazione e cioè del feed-back.” Le opere di Franco Vaccari infatti non sono mai un fatto chiuso, ma in divenire, un work in progress in continua trasformazione, aperto a imprevisti e casualità. In più, molti dei suoi lavori prevedono il coinvolgimento diretto dello spettatore cui viene richiesto di partecipare alla realizzazione dell’opera così che l’artista, da unico e originale autore, si trasforma in colui che innesca un evento senza necessariamente controllarne l’esito. “Con ‘Esposizione in tempo reale’ Vaccari intende sottolineare la necessità di generare un lavoro dalla contingenza del momento, relazionandosi in presa diretta con il luogo, il pubblico, l’identità del contesto”, scrive Luca Panaro nel testo pubblicato nel catalogo della mostra, e aggiunge: “Oggi sappiamo quanto il termine ‘tempo reale’ faccia parte della nostra vita, in collegamento ventiquattro ore su ventiquattro con l’informazione, sul web oppure in televisione, dove addirittura esiste un canale tematico, ‘Real Time’ appunto, dove seguire quello che accade all’interno di una sala parto o nell’abitazione di qualche personaggio famoso.” In tal senso Vaccari è un vero pioniere per quanto attiene al contemporaneo utilizzo dei media, in modo particolare della fotografia, comune denominatore di molti suoi lavori. Talvolta l’autore la usa come utile strumento di documentazione della realtà, come avviene per i suoi “viaggi minimi”, all’interno di un albergo diurno di Milano (Viaggio per un trattamento completo all’albergo diurno Cobianchi, 1971), durante i 700 km che collegano le città di Modena e Graz (700 km di esposizione, 1972), in una crociera turistica sul Reno (Viaggio sul Reno, 1974) o in un breve tragitto attraverso un paesaggio anonimo, documentato con l’acquisto di una cartolina, la realizzazione di una Polaroid e la spedizione per posta al museo dove si terrà la mostra, in Omaggio all’Ariosto (1974). Talaltra, Vaccari cede il potere autoriale nelle mani dello spettatore, come nel caso dell’Esposizione in tempo reale n. 4, richiedendo il suo coinvolgimento attivo, di interpretazione e completamento dell’opera. I visitatori in questo caso si trovarono di fronte una cabina automatica per fotografie (Photomatic) in cui potevano farsi immortalare in quattro fototessere che, poi, dovevano appendere sulla parete. L’artista fa un passo indietro, lasciando ai visitatori l’onere di dar vita all’opera in modo casuale e imprevedibile; essa prende forma “in tempo reale” e si sviluppa nell’ambiente in relazione al modo in cui il pubblico la recepisce, l’esperienza estetica di ciascuno contribuisce a determinarne forma e significato. “Una delle differenze fondamentali fra un quadro e una fotografia è che in quest’ultima ci sono informazioni involontarie, informazioni parassite, nicchie di mistero dove il rapporto fra gli elementi è in gran parte ignoto…è per questa ragione che si può parlare di ‘inconscio tecnologico’.” (Franco Vaccari, 1979) Il concetto di “occultamento dell’autore” insieme a quello di “inconscio tecnologico” è ancor oggi uno dei leitmotiv della ricerca artistica di Franco Vaccari. Entrambi i temi hanno a che vedere con la ridefinizione dell’identità dell’arte e del ruolo dell’autore, nonché con la valorizzazione dell’autonomia creativa della macchina capace di cogliere “un inconscio collettivo”. Le opere della collezione Marconi permettono di compiere un ampio excursus sulla produzione artistica di Franco Vaccari, dalle prime sperimentazioni di Visuelle Poesie (1966), al Viaggio per un trattamento completo all’albergo diurno Cobianchi (1971), fino alle Photostrip dalla Biennale di Gwangju (Corea, 2010), passando attraverso alcune delle molte “Esposizioni in tempo reale”. Il testo di Luca Panaro nel catalogo che accompagna la mostra ben illustra le opere esposte. Pone l’accento sul processo di partecipazione e riflessione critica sui media che l’artista sollecita da sempre nel suo pubblico, evidenziando la sorprendente attualità del suo agire artistico. “Vaccari mette lo spettatore al centro, non lo giudica, lo rende libero di agire, gli concede il tanto agognato momento di celebrità, al punto da poter lasciare l’immagine del proprio volto affissa sulle pareti della più importante manifestazione artistica del tempo. Non così diverso da quanto noi oggi andiamo cercando sui social media.” (Luca Panaro, Franco Vaccari. Una collezione, 2017). La mostra è corredata da un bel catalogo illustrato edito da Skira. Una breve nota biografica: Franco Vaccari nasce a Modena ne 1936. Compie studi scientifici laureandosi in Fisica. Esordisce in campo artistico come poeta visivo, in particolare con ”Le tracce” in cui usa la fotografia per presentare i graffiti come poesia anonima, poesia trovata. Il tema della traccia e l’impiego del mezzo fotografico sono due costanti che attraversano tutto il suo lavoro; emblematica la sua partecipazione alla Biennale 1972 citata. L’area in cui si può inquadrare la sua attività potrebbe essere “realismo concettuale”. Vaccari ha sempre accompagnato i lavori artistici con la riflessione teorica pubblicando contributi critici fondamentali per la riflessione fotografica contemporanea. Ha tenuto corsi all’Ecole Superieur des Art Decoratifs di Strasburgo e alla facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. E’ stato presente con sale personali anche alle Biennali di Venezia del 1980 e 1983, oltre che nei principali Musei esteri.  Ha realizzato numerosi video e vent’otto libri d’artista. Vive e lavora a Modena. In simultanea con questa esposizione la Fondazione Marconi dedica una mostra ad uno dei principali artisti contemporanei del Brasile “Antonio Dias –Una collezione 1968-1976;” per parlare di lui citiamo il brano dedicatogli da Gualtiero Schonengerger “ i quadri di Dias sono volutamente spogli e rigorosi: spesso si presentano come sequenze o iterazioni di un discorso, in quanto ripetono gli stessi elementi grafici, con pochissime variazioni. Sono da afferrare come tracce di una progressione interiore aperta su varie situazioni collettive del momento storico che attraversiamo”.

Fondazione Marconi Arte Moderna e Contemporanea – Via Tadino 15, Milano (Metro 1 Porta Venezia); Fino al 14 Aprile 2017; orari: da martedì a sabato 10-13 e 15-19; ingresso gratuito; Tel. 02 29419232; www.fondazionemarconi.org

Fabio Giuliani

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