Milano – FRANCESCO HAYEZ

| 11 gennaio 2016
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Artista “ponte” tra Neoclassicismo e Romanticismo

“E’ l’opera sua la consacrazione della vita”; “Un grande pittore idealista italiano del XIX secolo”; “capo della scuola di Pittura Storica che il pensiero Nazionale reclamava in Italia”; “L’artista più inoltrato che noi conosciamo nel sentimento dell’Ideale che è chiamato a governare tutti i lavori dell’epoca”. Questi citati sono solo alcuni dei giudizi espressi da Giuseppe Mazzini, una delle figure-chiave del Risorgimento Italiano nonché competente appassionato e critico d’arte, all’interno del saggio “La pittura moderna italiana”, scritto negli anni del suo esilio a Londra e pubblicato sul prestigioso foglio del liberalismo radicale inglese “London and Westminister Review”. L’artista meritevole di tanti lusinghieri complimenti era Francesco Hayez (Venezia, 1791-Milano, 1882), un “figlio” dell’dell’arte italiana dell’Ottocento, del quale, ora, possiamo vedere una vasta monografica negli spazi delle Gallerie d’Italia, struttura espositiva di Banca Intesa in pieno centro città. Realizzata in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti e Pinacoteca di Brera e le Gallerie dell’Accademia di Venezia, la mostra, curata da Fernando Mazzocca con il coordinamento generale di Gianfranco Brunelli, raccoglie circa 120 opere, attraverso cui viene rappresentata l’intera carriera del famoso artista di origine veneziana, evidenziandone il ruolo di protagonista nel passaggio dall’arte neoclassica a quella romantica. Il percorso espositivo, pensato in ordine cronologico e suddiviso in 10 sezioni, rievoca al tempo stesso la lunga vita (morì a 91 anni) e le varie fasi creative del grande pittore. Si parte dagli anni della formazione che vedono Hayez studente prima a Venezia e successivamente a Roma, dove lavorò sotto la guida e la protezione di Antonio Canova e dove venne influenzato dall’arte antica e rinascimentale, specialmente da Raffaello. Ma, fondamentale, è, tratta dalle sue memorie, la sua poetica: “Però tanto era il desiderio di stare attaccato al vero…” che lo decreta grande pittore universale, oltre il Romanticismo. Ai capolavori delle diverse fasi della sua pittura si uniscono pregevoli esempi della sua abilità di ritrattista (uomini e donne legate alla nobiltà milanese, e non solo) come di raffigurare sé stesso a distanza di tempo: in mostra lo vediamo all’età di 31 anni con un curioso copricapo, così come in “Autoritratto in un gruppo di amici” (1827); a 48 anni, a 57, a 71 (due volte) e l’ultimo, a 88 anni. “Il messaggio immediato e coinvolgente di invito all’amore e a una vita nuova per la giovane nazione italiana, appena uscita dalle lotte per l’indipendenza, il senso di mistero e la potente passionalità del Bacio, ne avevano decretato lo straordinario successo fin dalla sua prima apparizione all’esposizione di Belle Arti di Brera del 1859. Da allora il dipinto, un capolavoro della pittura romantica, ha goduto di una travolgente e ininterrotta popolarità, fissandosi nell’immaginario come ‘un’icona senza tempo, dal valore universale’.” Con queste parole Mazzocca descrive “Il bacio”, Una delle opere più note della storia della pittura italiana. E qui c’è una storia da raccontare… Realizzato da Hayez su commissione di Alfonso Maria Visconti di Saliceto, che alla propria morte lo regalò alla Pinacoteca dell’Accademia di Brera (dove è tutt’ora conservato), questo dipinto è considerato dagli addetti ai lavori una vera “icona” del Risorgimento italiano, sottolineando il vero significato storico dell’opera: infatti attraverso i colori (il bianco della veste, il rosso della calzamaglia, il verde del cappello e del risvolto del mantello e infine l’azzurro dell’abito della donna) Hayez vuole rappresentare l’alleanza avvenuta tra l’Italia e la Francia (accordi di Plombières). Bisogna ricordare che questo quadro venne presentato all’Esposizione di Brera del 1859, a soli tre mesi dall’ingresso di Re Vittorio Emanuele II e Napoleone III a Milano. L’artista realizzò nel tempo tre repliche con lo stesso soggetto, con piccole modifiche fra l’una e l’altra, delle quali due versioni sono in collezioni private ed un’altra, in cui il vestito della donna è bianco, fu realizzata nel 1861 per la famiglia Mylius, venduta all’asta nel 2008 da Sotheby’s a Londra per 416 000 sterline. In questa versione l’abito della donna è bianco, si ritiene il pittore abbia voluto rimuovere il colore che, abbinato, dava il tricolore francese, causa il risentimento dei patrioti italiani verso l’imperatore francese per aver voluto una veloce conclusione della seconda guerra d’indipendenza senza la liberazione del Veneto e Venezia. Proprio dalla città lagunare arriva, tramite la Fondazione Musei Civici, un prestito davvero straordinario per questa grande evento espositivo milanese: per la prima volta sono riunite ed esposte in pubblico le 10 lunette affrescate dall’artista nel 1819 per Palazzo Ducale, dopo un accuratissimo restauro conservativo curato dalla stessa. E anche qui occorre approfondire…Furono dipinti in una Venezia non più “Serenissima Repubblica”, da poco tornata sotto il dominio asburgico dopo la caduta di Napoleone, dall’ allora giovane ma già promettente pittore veneziano su commissione della Camera di Commercio per decorare i locali ad essa assegnati in Palazzo Ducale da destinare a Borsa Mercantile. I cicli di affreschi furono distribuiti nei due locali al piano terra in 14 lunette, cinque grandi con la raffigurazione dei Quattro Continenti vennero affrescate nei locali prospicienti la riva Donada, e nove più piccole verso la riva Barbarigo con figure di Nereidi e Tritoni, le divinità protettrici di marinai e pescherecci. Gli affreschi di Hayez entrarono ben presto a far parte delle opere più importanti di Palazzo Ducale, aperto nel frattempo al pubblico e diventato imprescindibile meta turistica dei visitatori di tutta Europa, tra i quali anche l’attento e sensibile Stendhal che, nel 1828, li annota tra le cose meritevoli da ricordare e decreta Hayez il più grande pittore vivente. Nel grande atrio, prospicente Piazza Scala, viene altresì proposto un confronto tra la sua pittura e la grande scultura a lui contemporanea, soprattutto del Canova, da cui Hayez trasse durante gli anni romani; vediamo qui “Maddalena penitente” (1794-1796), marmo e bronzo dorato, dai Museo di Strada Nuova-Palazzo Tursi, Genova, e “Danzatrice col dito al mento” (1809), gesso dalla Gipsoteca di Possagno. Quindi opere di altri validi scultori che invece guardarono al pittore come un modello da imitare: Alessandro Puttinati (Varese, 1775, Milano, 1848) con il marmo “La bagnante” (1846) e Vincenzo Vela (1820-1891), con “La desolazione”, modello originale in gesso per il monumento commemorativo a Carlo Ciani e Maria Zaconi Ciani. L’artista Francesco Hayez e l’Accademia di Brera, è binomio inscindibile: egli insegnò qui dal 1922 come aggiunto di Luigi Sabatelli fino al 1850, e alla di lui morte assunse la cattedra che tenne fino al 1879. Periodo, questo, che coincide con il progressivo abbandono dei soggetti mitologici e di storia greco-romana a favore di episodi derivati dal Medioevo che segnano l’affermarsi del Romanticismo storico, complici Giuseppe Verdi e Alessandro Manzoni, con i quali ha contribuito all’unità culturale dell’Italia. Al grande scrittore-poeta il pittore dedicò un gran ritratto nel 1841, in atteggiamento famigliare, come richiesto dall’allora sua moglie Teresa Stampa, la quale desiderava che “Don Lisander” fosse ricordato e conosciuto sotto l’aspetto quotidiano e non di letterato, con una replica nel 1874, ora visibile, sempre a Milano, alla Galleria d’Arte Moderna. Sempre nel complesso di Brera, ma in Pinacoteca, si tenne nel 1983 l’ultima grande retrospettiva a lui dedicata prima di questa attuale. Ritornando in ambito Accademia, merita senz’altro una visita la mostra allestita nella Sala Napoleonica, in cui viene ricostruito, in modo rigoroso, il metodo e il luogo di lavoro di Francesco Hayez, luogo simbolico dei suoi sessant’anni di vita ed insegnamento qui. L’esposizione si colloca a conclusione di un profondo lavoro di riordino e di ricerca condotto sui ricchi materiali custoditi nelle Raccolte Storiche dell’Accademia in molti anni di studio. La mostra, curata da Francesca Valli è divisa in due sezioni nelle quali viene descritto, nella varietà delle opere presentate, il procedimento tipicamente ottocentesco della traduzione dai modelli al disegno, alla pittura, alla stampa in un gioco continuo di cambi di scala, fino agli esiti visibili in alcune opere degli allievi; la prima è dedicata alla ricostruzione dello studio del pittore in Accademia che, alla luce dei documenti, conteneva una scelta esemplare dei generi pittorici (figura, storie, ritratti) oltre un importante numero di libri. La seconda sezione ricostruisce il laboratorio, dove sono esposti ottanta disegni e tre taccuini, messi a confronto con altre opere dell’artista, dipinti e stampe, e di altri autori, compresi i suoi allievi, scelti fra i numerosi fogli conservati nelle Raccolte Storiche dell’Accademia. Questi disegni vengono ora presentati per la prima volta, dopo un restauro realizzato dall’Opificio delle Pietre Dure. Grazie al sostegno di alcuni partner privati, tra cui la Fondazione Atlante, anche i dipinti meno conosciuti di Hayez sono per la prima volta presentati al pubblico. Fino al 21 Gennaio 2016, martedì-domenica 10-19, ingresso libero. Questa specifica “appendice” è ben descritta, con l’ausilio di testi ed immagini, nell’ultima parte del poderoso catalogo dell’evento espositivo milanese pubblicato da Silvana Editoriale / Intesa San Paolo, volume che offre un’immagine completa ed aggiornata di uno dei maggiori europei dell’Ottocento , nei generi più disparati come la pittura storica, sacra, nudi strepitosi che ci parlano della sua particolare sensibilità alla bellezza muliebre, scene bibliche ed orientaliste, ritratti, fiori. Un universo di immagini che va oltre il popolarissimo “Bacio”. Tutto quanto da non perdere.

Gallerie d’Italia- Piazza Scala, Piazza della Scala 6, Milano; fino al 21 Febbraio 2016; orari: martedì-domenica 9.30-19.30, giovedì fino 22.30; info: Numero Verde 800 167619; Biglietti: intero 10 euro, ridotto 8 euro, ridottissimo 5 euro. www.gallerieditalia.com

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Fabio Giuliani

 

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