Milano – EMILIO SCANAVINO – “DIALOGHI INEDITI”

| 12 giugno 2018
Scanavino - Robilant 1

I grovigli e gli intoppi della vita

“L’atto del fare non è altro che la riprova dell’esistere” (E. Scanavino, 1966)

“Le opere proposte in mostra rappresentano importanti risorse per il racconto di un percorso particolare della produzione di Emilio Scanavino. Si tratta per la maggior parte di esemplari inediti degli anni ’60 e inizio ’70, connotati da un importante carattere innovativo e concettuale. Quasi tutte le carte escono per la prima volta dallo studio dell’artista e molte delle opere sono state lontane per diverso tempo dalla scena espositiva. L’ordine della mostra segue una linea che evidenzia la fitta rete di dialoghi tra il processo creativo, la forma e la sperimentazione di un sistema espressivo.”

Con queste parole, Greta Petese, nel suo saggio introduttivo al relativo catalogo, commenta brevemente ma in modo significativo il percorso lavorativo di Emilio Scanavino, un artista singolare, protagonista di un’interessante esposizione da lei curata negli spazi della Galleria Robilant + Voena, i cui titolari, da sempre impegnati con l’arte antica (con sedi a Londra, Milano e Saint Moritz) da qualche tempo si stanno dedicando ad interpreti dell’arte contemporanea italiana. E’ stato il caso, prima di questa, tra Marzo ed Aprile, di un giusto omaggio a Tino Stefanoni, scomparso a fine 2017, ed ora viene dato altrettanto giusto spazio ad un altro protagonista del Novecento in collaborazione con lʼArchivio Scanavino – di cui la Petese è Presidente – che propone una nuova possibilità di lettura del lavoro dell’artista genovese attraverso una selezione che sottolinea la carica sperimentale e la potenza del suo dirompente e autentico linguaggio. Possiamo vedere qui circa quaranta tra sculture, dipinti e disegni che si caratterizzano per l’importante carattere innovativo e concettuale e costituiscono un’importante risorsa per la narrazione di un percorso particolare della produzione di Scanavino che va oltre il suo riconoscimento come uno dei maggiori rappresentanti della stagione informale italiana. Scrive Elisabetta Longari nel suo testo in catalogo: “Queste forme, dichiaratamente in perenne stato di Metamorfosi e trasformazione, in una sorta di eterno transito, parlano un idioma larvatamente surrealista, ma di un surrealismo antiretorico e scarnificato, lontano da ogni inclinazione letteraria. (…) Con ogni evidenza alcune opere introducono pratiche che vanno molto al di là delle tecniche tradizionali. Una spiccata curiosità per la genesi, tanto naturale quanto artificiale, delle forme, perfino per certi ready made, testimoniata in primis dallʼattività fotografica ancora prevalentemente inedita, spinge lʼartista alla sperimentazione e all’impiego di materiali altri rispetto a quelli propri delle belle arti, portandolo a esiti sorprendenti, in alcuni casi vicini per sensibilità a certe operazioni dell’arte povera, parallelamente a esse ma spesso anche ante quem.” Ed ancora: “Lo sviluppo delle forme di Scanavino sembra seguire una progressiva Z, una crescita organica. Quante uova, insiemi cellulari e germogli pulsanti di vita sono disseminati nella sua opera! Quanti contagi e contatti, quante impronte. Ma il discorso non può certamente esaurirsi in ambito iconografico. Con ogni evidenza alcune opere introducono pratiche che vanno molto al di là delle tecniche tradizionali, come era già chiaro nella selezione dei lavori esposti alla mostra milanese tenuta alle Stelline (“Nascenza”, 2014). Per concludere, alcune note biografiche.                                                                                                                                  Emilio Scanavino nacque a Genova nel 1922. Nel 1938 si iscrisse al Liceo Artistico Nicolò Barabino di Genova, dove conobbe il professor Mario Calonghi, figura di grande stimolo culturale per la sua prima formazione. Nel 1942 fece la sua prima mostra personale presso il Salone Romano di Genova. Nello stesso anno si iscrisse alla Facoltà di Architettura dell’Università di Milano. Nel 1946 si sposò con Giorgina Graglia. Nel 1947 Scanavino si recò per la prima volta a Parigi dove soggiornò per qualche tempo ed ebbe modo di incontrare poeti e artisti come Edouard Jaguer, Wols, Camille Bryen. L’esperienza parigina si rivelerà fondamentale nel suo percorso stilistico, in particolare per gli echi del postcubismo che assimilò e interpretò in chiave personale fin dal 1948, quando espose alla Galleria Isola di Genova. Nel 1949 nacque Sebastiano, il primo dei due figli. Nel 1950 espose alla XXV Biennale di Venezia. Nel 1951, in occasione di una mostra personale alla Apollinaire Gallery, visse per qualche tempo a Londra, dove conobbe e frequentò Philip Martin, Eduardo Paolozzi, Graham Vivian Sutherland, Francis Bacon. Nello stesso anno aprì il suo primo studio a Milano in una mansarda di Foro Bonaparte.  Il critico Guido Ballo e i galleristi Guido Le Noci, Arturo Schwarz si occuparono del suo lavoro. L’anno dopo, 1952, lavorò anche nella fabbrica di Ceramiche Mazzotti ad Albissola Marina, dove incontrò numerosi artisti e strinse amicizia con alcuni di loro, tra questi Lucio Fontana, Asger Jorn, Guillame Corneille, Sebastian Matta, Wifredo Lam, Giuseppe Capogrossi, Enrico Baj, Sergio Dangelo, Roberto Crippa, Gianni Dova, Agenore Fabbri, Aligi Sassu e altri. Nel 1952 nacque la seconda figlia Paola. Nel 1954 espose alla XXVII Biennale di Venezia e l’anno dopo ricevette il Premio Graziano. Nel ‘56 le sue opere furono esposte, unitamente a quelle dell’artista americana Sarah Jackson, nella mostra “This is Tomorrow” alla Whitechapel Art Gallery di Londra. Nel ‘58 vinse il Premio Lissone e partecipò con una sala alla Biennale di Venezia, vinse il Premio Prampolini. Nello stesso anno firmò un contratto con la Galleria del Naviglio diretta dal grande gallerista Carlo Cardazzo che già collaborava con le più importanti gallerie internazionali iniziando un nuovo percorso dell’Arte Contemporanea, con il quale intrattenne un importante rapporto di amicizia e di lavoro. Molti critici si occuparono della sua opera tra cui Enrico Crispolti, Guido Ballo, Giampiero Giani, Edouard Jaguer, Gillo Dorfles, Roberto Sanesi, Franco Russoli e Alain Jouffroy.     Nel 1960 vinse il Premio Spoleto, il Premio Sassari, il Premio Valsesia e il Premio Lignano    ed venne invitato, con sala personale, alla XXX Biennale di Venezia. Nel ‘62 acquistò una vecchia casa a Calice Ligure, che trasformò in atelier. A Milano conobbe il collezionista Gianni Malabarba con il quale in seguito ebbe un intenso rapporto di amicizia. Nel ‘63 ricevette il Premio La Spezia proprio mentre Carlo Cardazzo, che per sette anni aveva sostenuto Scanavino con l’impegno d’amico, moriva improvvisamente: questo lutto colpì profondamente il pittore. Renato Cardazzo proseguì il lavoro del fratello come mercante d’arte e contribuì ad allargare la fama dell’artista in Italia e all’estero. Nel 1971 subì una delicata operazione alla testa in seguito ad emorragia cerebrale, la guarigione diede l’avvio a una nuova fase creativa della sua pittura, l’abbandono della sperimentazione e il ritorno su percorsi più consueti. Nel 1971 insieme allo scultore Alik Cavaliere per Biennale di San Paolo del Brasile, crea la grande opera “Omaggio all’America Latina” olio su tavola e tecnica mista, bronzo, alluminio, 480 x 285 x 130 cm.; ma l’opera, dedicata ai “Martiri della Libertà”, non venne esposta “per il soggetto di natura politica e quindi extraartistica” (citava i nomi di “desparecidos”, in polemica con il regime militare allora al governo in Brasile). Oggi è esposto al Museo della Permanente di Milano. Tra il 1973 e il 1974 la Kunsthalle di Darmstadt presentò una sua vasta mostra antologica che, con alcune varianti, passò a Venezia a Palazzo Grassi e poi a Milano a Palazzo Reale, nel 1974. Nel 1976 iniziò la collaborazione a Mlano con Giorgio Marconi. Nel 1982, nonostante il progressivo aggravarsi della malattia, continuò a lavorare e ad avere un’intensa attività espositiva in spazi pubblici e privati e nel 1986 venne invitato ad esporre alla Quadriennale di Roma. Morì a Milano il 28 Novembre 1986.

Galleria Robilant+Voena – Via Fontana 16, Milano (vicino a Palazzo di Giustizia); fino al 26 Giugno 2018;   Orari: da lunedì a venerdì 10-19; Tel. 02 8056179; www.robilantvoena.com

Fabio Giuliani

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